Il Molinaccio – Oasi di Colfiorito (PG)

Il manufatto che negli anni era diventato un rudere in assoluta rovina è stato completamente recuperato dopo il terremoto del 1997 ed ora è in perfette condizioni statiche ed estetiche.

 

Cenni storici

Il mulino per la macinazione del grano fu realizzato nel 1652 o 1654 sfruttando il salto delle acque dal bacino di raccolta all’inghiottitoio.
L’Archivio Pandolfi Elmi (FAPE, Tomo V,c. 155) riporta: “nell’anno 1652 (corretto con 1654) fu fatto il detto mulino con gran spesa delli suddetti Jacobilli e con gran comodità et utile delli suddetti contadini“.
La Famiglia Jacobilli, aveva già tentato in precedenza, nel 1570 con l’ingegnere idraulico Francesco prima e nel 1585 e con il nipote Giulio Iacobilli poi, a bonificare la palude convogliando le acqua nel collettore di Varano ma il progetto fu osteggiato e fermato dai camerinesi.
Un altro tentativo lo fecero nel 1633 ma neanche questa volta riuscirono nell’intento, quindi avendo acquistato comunque i diritti sul territorio, ripiegarono sulla costruzione di un mulino.
Fino al 1806 pretesero anche i diritti su caccia e pesca effettuate nella zona.
Dopo tale anno i diritti furono concessi agli Orfini, fino all’Unità d’Italia, e poi ad una famiglia di Colfiorito.
La casa del “Mollaro” (Molitore) è un manufatto realizzato con apparecchiatura muraria mista in pietra calcarea mesozoica dell’Appennino Centrale (Rosa del Subasio), tipica apparecchiatura nata per essere intonacata.
La ristrutturazione post evento sismico del 1997 è avvenuta nel rispetto della volumetria e dell’uso dei materiali tenendo conto delle caratteristiche peculiari del manufatto.
L’origine del toponimo Molinaccio, con il quale si identifica questa zona, si fa risalire ad un evento tragico.
Il cavalier Francesco Santoni, poeta cantore molto noto in questa zona, ne ha scritto (1992) nel suo componimento poetico su “Il lago e gli Altipiani di Colfiorito“:

circa cent’anni fa, del mulinar
che mandava il mulino una figliola,
Silvia un po’ l’aiutava, caso raro,
un giorno s’impiccò a una cinghiola
la sbatté al muro e non v’ebbe riparo,
morì senza più dire una parola;
il mulino così, dopo il fattaccio,
venne chiamato sempre Mulinaccio
“.
 

Fonti documentative

Cartellonistica in loco

http://www.parks.it/parco.colfiorito/pun.php

F. Bettoni M.R. Picuti – La Montagna di Foligno Itinerari tra Flaminia e Lauretana – 2007
 

Mappa

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