I Templari al Monte Cucco

I Templari seppur cancellati dalla Storia hanno comunque lasciato tracce della loro presenza, qui al Monte Cucco ci sono diverse testimonianze della loro presenza attestate oltretutto da inconfutabili documenti.

 

Cenni Storici

La catena appenninica ha da sempre costituito una cerniera che unisce e divide i due versanti e su questa per secoli si sono sviluppati ordini monastici che hanno abitato le valli e le colline delle due regioni Umbria e Marche la cui presenza del potere pontificio, assieme al francescanesimo che ha avuto a partire dal XIII secolo, spiega perché gli ordini religiosi abbiano trovato le condizioni migliori per fondare monasteri, abbazie, commende e priorati.
Se è vero che dal XIII secolo le Marche, e inevitabilmente l’Umbria, vengono caratterizzate per la diffusione degli ordini mendicanti quali francescani, cappuccini e domenicani, non va dimenticato come il cuore dell’Appennino sia interessato, soprattutto, dal radicamento dell’Ordine Templare, fattosi portatore di un ordinamento amministrativo in tutto il territorio.
Esempio di questo pervicace e profondo innesto, può essere la Precettoria di S. Paterniano di Perticano (PG-AN) anticamente uno dei siti più importanti dell’ampia geografia del territorio alle falde del Monte Cucco; questo sito, adibito al controllo specifico di un proprio territorio, viene fatto oggetto del mandato dell’Inquisizione.
La presenza dei cavalieri del Tempio fu consistente e significativa nei territori oggi compresi nei limiti del Parco Naturale Regionale di Monte Cucco, nel Perugino; ne è prova la fitta rete di insediamenti tuttora rintracciabili.
Gli insediamenti storicamente accertati dei cavalieri del Tempio di Gerusalemme erano presenti in quest’area dal momento che qui esistevano due mansioni templari distanti, in linea d’aria, meno di dieci chilometri l’una dall’altra, in un territorio che, dal punto di vista amministrativo, oggi ricade all’interno dei comuni umbri di Scheggia e Pascelupo, Fossato di Vico, Sigillo e Costacciaro (Perugia).
I Templari erano insediati anche poco aldilà dell’attuale confine tra Monte Cucco e Sassoferrato, nei siti di Perticano e Casalvento, dove sorgono ancora oggi i centri di San Felice e poco più a sud di San Nicolò, infatti possedevano una precettoria (luogo di controllo viario, gestione dei beni e governo del territorio) a Perticano; una vicina commenda agricola sorgeva invece a Collina di Purello, attuale frazione di Fossato di Vico, che dipendeva in modo diretto dall’abbazia benedettino-templare di San Giustino d’Arna, situata nei pressi di Piccione, un paese a pochi chilometri da Perugia.
La sede templare di “Rigo Petroso” o “Rivoretroso” (oggi Perticano), nel versante orientale del Massiccio di Cucco e bagnata dall’impetuoso torrente Rio Freddo, è stata, con ogni probabilità, quella di maggiore rilevanza storica.
Posta tra la Marca e l’Umbria, a controllo dell’importante viabilità, appenninica e transappenninica, comprendeva tra le sue proprietà anche le originarie fondazioni monastiche benedettine dell’eremo di S. Girolamo di Monte Cucco e dell’abbazia dei Ss. Emiliano e Bartolomeo Apostolo in Congiuntoli.
La sua influenza arrivava sino al territorio perugino intorno all’antica città di Arna, distante ben 80 chilometri.
La chiesa scomparsa di Perticano, detta, dal luogo ove sorgeva, de “La Costaccia“, s’elevava, qualche centinaio di metri a sud-est della parrocchiale attuale, sopra una modesta altura, dove, qua e là, fra rovi e pietre, se ne ravvisano, tuttora, le esigue spoglie.
Sicuramente nel XIII secolo la chiesa di San Paterniano era lungo il versante sinistro del “Rigo Petroso” quindi in Umbria in quanto il fiume divideva le Diocesi di Nocera, da cui dipendeva Perticano da quella di Fabriano.
La strada che oggi costeggia il fiume in quel tempo era sicuramente sulla sponda opposta; questa strada entrava, quindi, nella Marca d’Ancona, forse proprio al centro di Perticano, superando un originario ponticello sul Torrente Rio Freddo, nei cui pressi sorgono, tuttora, i ruderi di un vecchio mulino.
Il luogo, che anche la tradizione orale oltreché un preciso scritto dell’ex parroco del paese, don Francesco Berardi, indica quale sito della chiesa originaria del centro pedeappenninico, dovette essere abbandonato non più d’un secolo dopo la sua sottrazione ai templari.
Durante le periodiche lavorazioni agricole i contadini trovarono, a più riprese, resti di ossa umane, probabilmente identificabili con uomini inumati sotto al pavimento o lungo il perimetro murario esterno della chiesa.
Nei campi circostanti emersero casualmente anche alcune monete d’epoca romana e medievale.
Una striscia di terra (“petiam terre“) templare s’estendeva, poi, anche lungo il piano dell’antichissimo mulino di Perticano, lungo il Rio Freddo e la strada: “item unam aliam petiam terre positam […] in plano Molini iusta flumen Pertecani et via“.
Per quanto riguarda la loro presenza sul versante umbro, è storicamente accertata da inoppugnabili documenti d’archivio che la seconda sede templare del Cucco era situata a occidente del Massiccio montuoso e, più precisamente, nei pressi dell’attuale Purello di Fossato di Vico; prendeva il nome di Santa Croce de Culiano (“S. Crucis de Culiano” o, piu tardi, “S. Crucis Hierosolomit[anae]” e “S. Crucis de Culiano Cruciferorum“)ed era una diretta emanazione dell’abbazia benedettino-templare di San Giustino d’Arna, edificio abbaziale ancora oggi presente nelle campagne di Piccione di Perugia che definiva questa struttura come “granaio” del corpo dei monaci-armati.
La dimora (il cui appellativo toponimico deriva dal nome proprio di persona latino Julius), di fatto scomparve nel XVII secolo, quando nel luogo in cui sorgeva venne costruita la piccola chiesa rurale di Santa Croce di Collina; le terre vennero affidate ai conti Santinelli di Pesaro, cavalieri di Malta.
I documenti d’archivio che attestano la presenza templare sono stati trovati nella Diocesi di Nocera da Luigi Galassi; in uno di questi datato 1297 è significativo perché attesta la proprietà templare di Santa Croce di Purello.
Per spiegare il significato dell’atto occorre premettere un avvenimento storico importante, infatti papa Gregorio IX (1170 – 1241), considerando la crisi dei monasteri dell’epoca e con il crescere del movimento dei monaci guerrieri, decise di concedere diverse abbazie con le loro proprietà ai Templari estromettendo quei pochi monaci benedettini che vi erano rimasti; così San Giustino d’Arna fu concesso a loro.
Con la morte del papa e di Bonvicino (forse di Assisi), un dignitario ecclesiastico, funzionario della curia pontificia con forte talento diplomatico che favorì non poco i templari, le cose cambiarono; tra il 1283 e il 1285 ci fu una rivolta dei benedettini che avevano perso San Giustino d’Arna, insieme ad almeno 4 rettori di chiese affiliate che con armi in mano assaltarono l’abbazia cacciando i monaci templari che dovettero abbandonare tutto comprese le scorte di grano, vino e olio.
Si aprì una diatriba che durò anni e oppose i Benedettini ai Templari risolta poi dall’elezione di Benedetto IX nel 1303 a favore dei Templari.
Nel frattempo però nel 1297 è di scena il vescovo di Nocera Umbra Giovanni Antignani (1288- 1327) sotto la cui giurisdizione ricadeva la chiesa di S. Croce di Culiano dipendenza di S. Giustino d’Arna in Diocesi di Perugia; essendosi resa vacante la sede per la morte del rettore, l’abate Giovanni (di San Giustino d’Arna) aveva presentato al vescovo il proprio candidato Egidio Bonaguide, per sottoporlo alla sua approvazione.
Contemporaneamente si era fatto avanti un altro aspirante al beneficio di S. Croce, Tommaso Bentivolii, gradito ai Templari; il presule non esitò a preferirlo all’altro, garantito dal maestro e dai precettori della Milizia del Tempio; tutto questo prima che Benedetto IX fosse eletto.
Questo documento quindi attesta la presenza templare a Collina di Purello.
Queste carte sono la prova definitiva ed inconfutabile della presenza Templare a Purello, mentre le altre sedi le conosciamo perché o sono deduttive o sono state interessate da provvedimenti dell’Inquisizione nel tempo in cui i Templari vennero perseguitati e cancellati dalla storia.
 

L’Inquisizione

Una commissione pontificia itinerante, presieduta da Giacomo vescovo di Sutri e da Pandolfo Savelli protonotario del papa, percorse tra l’ottobre 1309 e il luglio 1310 il Lazio, l’Umbria e l’Abruzzo alla ricerca dei Templari, le basi operative furono prima Assisi e poi Gubbio.
La Precettoria di Perticano, frazione di Sassoferrato, ma diocesi di Nocera Umbra, fu l’ultima delle 150 Commende sparse sul territorio italiano, ad essere colpita dal mandato dell’Inquisizione.
Il 25 febbraio 1310 nunzi giurati, secondo le istruzioni ricevute dagli inquisitori, fra cui facevano parte anche diversi frati Minori, affiggevano le citazioni sulle porte di San Bevignate, di San Giustino d’Arna, di San Francesco in Assisi, delle cattedrali perugina, assisana, folignate, nonché “in hostiis palatii auditorii” del duca e del rettore del Ducato di Spoleto, in Assisi.
Ventiquattro ore più tardi identiche formalità erano adempiute davanti alle cattedrali di Spoleto e Nocera Umbra.
Il 28 febbraio 1310 la commissione inquirente fece affiggere, sulla porta della chiesa di San Paterniano di Perticano, la pergamena con il mandato di comparizione per Giacomo di Montecucco, maestro generale in Italia.
Iacopo di Montecucco fu l’ultimo Gran Precettore Templare per l’Italia e, nonostante qualcuno ritenga che fosse nativo del Piemonte (esiste un Moncucco piemontese), è invece molto probabile che provenga proprio dal Monte Cucco umbro, ricchissimo di presenze templari.
Da Assisi il tribunale ecclesiastico si trasferì a Gubbio nel palazzo della chiesa avellanita-camaldolese di Santa Croce del Mercato (o della Foce) e in quello del vescovado; tra il 3 ed il 7 marzo di questo anno venne celebrato, dal tribunale itinerante della Santa Inquisizione, il processo ai “Templari del Monte Cucco“; fra i testimoni risulta anche padre Ubaldo Guelfoni, influente monaco avellanita, abate, in tempi diversi, di Sant’Andrea de Insula Filiorum Manfredi e di San Benedetto Vecchio.
I giudici attesero invano che il 6 marzo si presentassero i Templari o i loro agenti, per rispondere delle accuse addebitate all’Ordine, pertanto furono dichiarati contumaci e procedettero alla loro scomunica; essa fu proferita il 7 marzo con cerimonia solenne nel palazzo vescovile della città.
Il 3 aprile 1312, in una sessione del concilio generale a Vienna, papa Clemente V rese pubblica la decisione di sopprimere la Milizia del Tempio e anche al Monte Cucco l’inquisizione sospese e, praticamente, soppresse, localmente l’Ordine, la precettoria, con le sue vaste proprietà fondiarie, venne definitivamente chiusa e nel 1333 fu trasformata in domus ed ospedale per pellegrini (hospitalem) dell’Ordine degli Ospitalieri di San Giovanni, quindi commendata al frate precettore giovannita Angelo.
In sostanza tutto passò nelle mani degli Ospitalieri di San Giovanni a partire, almeno, dal 1333.
Più difficoltoso fu il passaggio agli Ospitaleri di San Giustino d’Arna in quanto in seguito alla fuga e latitanza dei Templari braccati dall’Inquisizione, l’abbazia fu di nuovo occupata dai benedettini; la concessione si pianificò comunque nel 1316.
 

Il documento

La ricerca presso l’Archivio Segreto Vaticano, condotta dal dott. Pier Luigi Menichetti con il testo latino tradotto da mons. Domenico Bartoletti, secondo un formulario notarile dei primissimi anni del trecento, conduce al testo della prima seduta del 3 marzo 1310 che così recita:
Il giorno 3 marzo 1310, nel Palazzo di Santa Croce in Gubbio, alla presenza di me Giovanni di Vassano, di Giovanni di Silvestro da Bagnoregio, di Piero di Tebaldo da Tivoli, e di Silvestro da Albano, notati e inquisitori dei sopraddetti signori, e anche alla presenza del venerabile Padre signor Francesco, per grazia di dio vescovo di Gubbio, del Signor Abrunamente di Serra, del Signor Bruno Gabrielli, di Raniero del signor Sassi e di molta altra discreta moltitudine di nobili e di abili viventi di Gubbio.
I predetti signori inquisitori dissero di essere venuti a Gubbio, oggi, nel giorno del detto 3 marzo, per aspettare, prima del termine, entro il termine, e nel termine, l’Ordine della Milizia del Tempio Gerosolimitano e il grande Precettore del detto Ordine nel Ducato di Spoleto e negli altri territori con quei decreti costituito, e il Frate Giacomo da Montecuccho, che per grande Precettore, in quelle parti si dice generato per ultimo, come anche i Fautori, i Ricettatori, e i Difensori dei Frati, del gran Precettore e di Frate Giacomo predetti, citati pubblicamente, per una loro ordinanza di citazione e comparizione degli stessi, citati dagli stessi signori inquisitori, intenzionalmente e primariamente, per pubblico editto di citazione nella città di Assisi, affinché nel giorno 6 del detto marzo nella città di Gubbio, nel Palazzo vescovile della stessa città, davanti a loro dovessero comparire, per rispondere all’inquisizione che, per autorità apostolica, sopra quegli articoli, ad essi trasmessi con Bolla, contro il detto Ordine, e il Gran Precettore di detto Ordine e gli altri precitati fanno e intendono fare e a procedere in essi, affinché si provveda a tutte le cose e alle incombenti, come è di diritto.
Nell’attesa, quindi, di questo termine di comparizione del predetto Ordine e del grande Precettore e degli altri precitati, gli stessi signori inquisitori resteranno nel detto luogo del palazzo vescovile in Gubbio al quale predetto Ordine, il grande Precettore e gli altri precitati sono convocati e citati dai Signori inquisitori predetti
“.
Furono chiamati a comparire numerosi Templari di rilievo delle zone umbro-marchigiane (fra cui anche templari provenienti dalla precettorìa di Perticano e della commenda di Santa Croce di Culiano di Sigillo).
Altre notizie riguardo ad un “Templare eugubino” le apprendiamo da uno scritto di un nobile di Gubbio:
Battista Sforzolini, cavaliere del Tempio di Gerusalemme, fu uno dei più prodi guerrieri del suo tempo; fu sempre il primo in tutti i più pericolosi azardi; non si sottrasse mai ai pericoli, quasi sormontò co’l valore, e co’l senno, e nelle più spaventose mischie diede à vedere, che un cuore generoso non trova pericolo, che lo spaventi“.
Templare fu, probabilmente, anche un altro Sforzolini, il “Cavaliere di Rhodi” Guido Sforzolini.
 

Terreni Templari a Perticano

Una delle proprietà accertate della Militia Templi di Perticano era ubicata “in Pescaria” e lungo la strada (“iusta viam“).
Il toponimo Piscaria indicava, e di sovente, un invaso artificiale, realizzato per allevare i pesci; i monaci se ne cibavano in modo frequente soprattutto per ragioni rituali e liturgiche.
Nel 2010, seguendo le tracce di un microtoponimo dialettale-guida, “Le Pescàe“, le indagini dello studioso Claudio Paterniani hanno permesso di localizzare, con buona probabilità, l’antico sbarramento templare delle acque lungo il Torrente Rio Freddo ed anche il relativo, piccolo invaso, destinato all’allevamento dei pesci.
Da Perticano, oltrepassato il ponte sul Rio Freddo, si prende la strada per il suggestivo, e perfettamente restaurato Castello Rotondo di Pascelupo; percorsi circa cinquecento metri, però, c’è la possibilità di deviare, a destra, per una strada, che, inerpicandosi, a serpentina, su per il fianco meridionale del Monte Aguzzo, conduce al nucleo abitato di Montebollo.
La frazione di Scheggia in età medievale era conosciuta come Villa del Castel di Pascelupo.
Un documento del Catasto “Tiroli“, dell’anno 1764, conservato presso l’Archivio di Stato a Roma, che elenca il Catasto dei Beni della Parrocchia di Perticano, descrive così Montebollo:
Terra sodiva, sterposa sodiva, nuda sodiva, vastagliata e poco selvata e rupinata e balzosa“.
Il centro del paese è ancora “gemmato“, cioè suddiviso in due piccoli agglomerati; il primo nucleo che si incontra lungo la strada dev’essere il più antico, poiché mostra un bell’edificio, due-trecentesco, che si potrebbe anche far risalire, con una buona probabilità, al periodo nel quale Montebollo costituiva una possessione fondiaria dei Templari di Perticano.
Proprio qui nel Medioevo, c’era la Vigna dei Templari: esposta a meridione, riceveva il sole dall’alba sin quasi al tramonto.
La proprietà, oggi ricordata dal toponimo “Vigna dei Frati“, viene citata in un documento giovannita del 1333:
item unam aliam petiam terre vineatam positam in dicto comitatu in villa Montis Bulli” (“ed ancora un altro pezzo di terra, con vigna, posta nel suddetto comitato, all’interno dei confini della villa di Monte Bollo“).
Il nome del paese potrebbe riferirsi ad una antica sorgente significativamente chiamata “Bol dell’Acqua” (bulla, “polla sorgiva“) nel Catasto Tiroli del 1764.
Nel nucleo più antico del borgo trovava posto un’antica cisterna, la quale portava l’acqua sin dentro il fondo di una sottostante casa trecentesca che secondo il rigoroso storico camaldolese don Alberico Pagnani, la cui famiglia era originaria del posto, per le generali analogie nella muratura e nei leganti delle pietre in particolare, avrebbe avuto lo stesso artefice della Badia di Sant’Emiliano.
Non pare quindi azzardato ipotizzare come l’importante edificio medievale di Montebollo potesse essere stata la domus, cioè “la casa” principale dei templari del Monte Cucco.
Non a caso sorgeva in un luogo elevato e panoramico, a dominio della antica viabilità, lungo la strada principale tra la splendida abbazia di Sant’Emiliano, Perticano e Pascelupo, l’affascinante villaggio di montagna costruito al crocevia degli antichi sentieri delle transumanze.
i Templari locali, curavano tra l’altro anche una coltivazione di Scotano (Cotinus coggygria), arbusto usato intensamente nella concia delle pelli e tintura di tessuti ed un bosco: “item unam scotonariam cum una silva“.
Una striscia di terra (“petiam terre“) templare s’estendeva, poi, anche lungo il piano dell’antichissimo mulino di Perticano, lungo il Rio Freddo e la strada: “item unam aliam petiam terre positam […] in plano Molini iusta flumen Pertecani et via“.
 

Il cammino dei Templari al Monte Cucco

Valorizzare le testimonianze Templari sul territorio, incentivando un turismo lento e sostenibile coniugando cultura storia e natura è in sintesi il progetto “La montagna nel cuore verde d’Italia” che vede coinvolti i Comuni di Gubbio, Sigillo, Pascelupo, Vafabbrica, Fossato di Vico e Montone, comuni dell’area Nord-Est dell’Umbria che hanno costituito un Consorzio al fine di realizzare un’area logistica condivisa in cui i visitatori possono cimentarsi in due percorsi; il primo la via del sale promosso dalla pro Loco di Casacastalda e il secondo quello dei Templari al monte Cucco curato dall’Associazione “La Tramontana” Guide dell’Appennino.
La via del Sale fa riferimento alla concessione da parte del Comune di Perugia ai Templari nel XIII secolo del Contado di Porta Sole, quindi quell’area che si sviluppava ad est della città, dunque verso l’Appennino e verso Ancona e soprattutto verso quella che era la strada del sale, detta anche Salaria-Fabrianese; tale concessione aveva il duplice scopo di sviluppo commerciale, ma anche di controllo su una via importante che attirava le mire di Gubbio ed Assisi.
L’altro percorso specifico ai Templari si sviluppa in 7 tappe per un totale di 120 km toccando i Centri più importanti del Monte Cucco e Gubbio in quanto quest’ultimo sede del processo dell’Inquisizione nei confronti dell’Ordine fatto nel 1310.
I camminatori troveranno ospitalità presso strutture alberghiere ed extralberghiere che forniranno l’accoglienza necessaria per tutti i visitatori che vorranno cimentarsi in questa esperienza di cammino.
 

I Templari del Monte Cucco

 

Fonti documentative

Rivista medioevo gennaio 2024 – I Templari a Monte Cucco – articolo di Euro Puletti

http://www.fabrianostorica.it/contributi/XIII/templari_perticano.htm

Chiodi Alessio – La Commenda di San Paterniano di Perticano (AN) e i suoi Cabrei – Accademia EDU
Francesco Tommasi – L’Ordine dei Templari a Perugia – Bollettino della Deputazione di Storia Patria per l’Umbria Volume LXXVIII 1981
Sandro Bassetti – I Templari in Umbria - 2012

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