I “Mortari” del Parco del Monte Subasio – Spello/Assisi (PG)
Foto donate da Federico Famiani
Cava di Pietra bianca
Il Carsismo sul Monte Subasio
Il Monte Subasio è un rilievo montuoso isolato rispetto al resto della catena appenninica, infatti è delimitato a sud e ad ovest dalla Valle Umbra e a nord e ad est dalla valle del Tescio e rilievi che non superano gli 850 metri.
Il monte è allungato NW-SE ed ha un tipico profilo detto a dorso di tartaruga che lo rende ben riconoscibile nello skyline del paesaggio umbro.
Il Monte Subasio è costituito da Rocce sedimentarie calcaree di origine marina, ricchissime anche di fossili di ammoniti e di foraminiferi planctonici.
Le rocce si sono formate su un fondale marino a partire dal Giurassico Inferiore (circa 200 milioni di anni fa) fino al Miocene (circa 10 milioni di anni fa) quando il nostro Appennino è stato interessato da una fase compressiva che ha sollevato questi antichi fondali.
Le rocce si sono deformate sotto queste spinte formando delle pieghe chiamate anticlinali.
Presso la sede del Parco Regionale del Monte Subasio è ospitata la Mostra Permanente di Geopaleontologia che raccoglie i fossili e le rocce del Monte Subasio musealizzati dopo la campagna di scavo realizzata dall’Università degli Studi di Perugia in collaborazione con la soprintendenza e un gruppo di amatori locali (Gruppo Umbro Mineralogico Paleontologico).
Sull’area sommitale del Subasio sono presenti vistosi fenomeni carsici dovuti alla permeabilità degli strati calcarei, alla morfologia pressoché pianeggiante ed alla presenza di faglie che hanno favorito la dissoluzione lungo allineamenti ben definiti.
Si individuano due tipi principali di doline: di sprofondamento (chiamate con il termine locale “mortari“) e di dissoluzione superficiali (“fosse“).
Il Mortaro Grande e il Mortaiolo sono due profonde doline quasi contigue.
La prima ha una forma leggermente ellittica con l’asse maggiore lungo circa 270 metri, mentre quello minore 220 metri.
La sua forma è intermedia tra dolina a ciotola e quella ad imbuto, presentando pareti abbastanza ripide e fondo arrotondato.
La profondità è di circa 60 metri.
A nord Est di questa grande dolina si trova il Mortaiolo a contorno sub-circolare: il diametro è di circa 70 metri, la profondità si aggira sui 50 metri e il fondo si raggiunge dopo una ripida e pericolosa discesa per la forte pendenza delle pareti soprattutto nella parte più bassa.
Data la forma particolare di questo tipo di depressioni vengono definite “dolina a calice“. Un’altra dolina di sprofondamento è il Mortaro delle Troscie situato circa 500 metri a nord est delle antenne.
La forma è circolare con sezione simile a quella del Mortaro Grande, il diametro è di circa 160 metri e la profondità 50 metri.
Tra le “fosse” Fossa Rotonda, situata a circa 400 metri a nord – ovest dalla vetta del Subasio è una dolina a fondo piatto, con diametro maggiore lungo un centinaio di metri, il minore 43 metri e la profondità di circa 12 metri.
È stata impermeabilizzata per la raccolta delle acque piovane al fine di alimentare gli abbeveratoi di Vallonica.
Ad ovest della Vetta del Monte Subasio si incontra Fossa Cieca, dolina a ciotola con diametro medio di 17 metri e profondità di 4 metri.
Anche sul fondo di questa è stata realizzata una platea di raccolta e una cisterna che alimenta un abbeveratoio.
Sul versante di Spello si trova il lago di Pietrolungo, è’ una dolina a piatto, ampia e poco depressa, con diametro di circa 40 metri, al cui centro permane un piccolo specchio d’acqua.
Tutta la dolina e la zona circostante sono state interessate dal rimboschimento per cui il fenomeno carsico attualmente è poco riconoscibile.
Oltre ai fenomeni carsici epigei descritti, la parte sommitale pianeggiante del rilievo è densa di numerose altre depressioni a fondo piatto con diametro e profondità molto variabili ma che sono attribuibili a carsismo superficiale.
Una valle di origine carsica e molto vistosa salendo dal versante assisano è l’area di Vallonica, dove dalla forma del paesaggio si evince la coalescenza di doline di dimensioni inferiori a quelle finora descritte (uvala).
Interessante è la presenza di uno specchio d’acqua temporaneo in una di queste piccole depressioni. Fenomeni carsici ipogei non sono molto frequenti e il fatto è attribuibile alla natura stessa della roccia calcarea, che si presenta con stratificazione regolare e variabile da pochi centimetri ai 50 cm. Ciò non ha impedito però che si siano formate alcune cavità in comunicazione con l’esterno rappresentate soprattutto da cinque pozzi, sette grotte e due cunicoli.
Il pozzo più profondo è quello indicato col nome di Grotta del Subasio o del Diavolo che si apre a 1016 metri in prossimità di Sasso Piano e ha una profondità totale di 30 metri.
Nei pressi di Prati Pistello è presente un inghiottitoio profondo circa 10 metri interamente in scaglia rossa.
Nei pressi della città di Spello sono state esplorate sei grotte (circa 30 metri di sviluppo), che hanno un probabile interessamento paleoetnologico e storico come mostrano i residui di opere murarie all’interno e all’esterno.
Un aspetto storico legato alle doline è l’utilizzo che ne veniva fatto nei secoli scorsi per la produzione di ghiaccio, infatti le doline venivano utilizzate per accumulare la copiosa neve che cadeva in inverno.
Questa veniva poi ricoperta da ramaglia e terra per migliorare la conservazione.
Oltre alle doline sul Monte Subasio sono molto evidenti anche delle buche artificiali che erano utilizzate per lo stesso scopo note come ghiaccioni o buche da neve.
Le buche da neve, scavate anticamente, sono tuttora visibili e non sono da confondere con le doline di origine naturale.
Bibliografia
AA.VV: (2015) – Guida Parco Regionale Monte Subasio. Tipografia Metastasio
Gortani (1908) – Fenomeni carsici nei dintorni di Perugia ed Assisi. Memorie. Bologna. Gamberini e Parmeggiani, pagg 29
Landucci F., Famiani F. (2008) – Il Paesaggio Carsico del Monte Subasio. Atti Convegno Il Geoturismo Nei Parchi. Camerino (Mc)
Venturi & Rossi (2004) – Subasio: origine e vicende di un Monte Appenninico. Porzi Editori 112 pag.
Testo curato da Federico Famiani