Grotta di Sant’Angelo – Morolo (FR)
Cenni storici
E’ forse la Ecetra dei Volsci, costruita alle falde del m. Alto (m 1416), al centro dei monti Lepini e a dominio della valle del Sacco; ed è la medievale Castrum Meroli possesso dei Signori di Supino, che la cedettero durante la lotta con i Conti di Ceccano (1216).
Nel 1227 tornò alla Chiesa, che poi la assegnò ai Colonna (1423).
Nel vecchio nucleo sono i resti eterogenei del Castello.
Da vedere la Collegiata dell’Assunta, affacciata sulla Piazza Ernesto Biondi; il Santuario della Madonna del Piano, dedicato alla Vergine delle Grazie, si incontra prima di salire al paese.
La sorgente di S. Antone (m 1005) fornisce un’acqua diuretica, antiurica e antilitiasica.
Morolo è distante solo 6 km da Supino, ma il campanilismo tra i due paesi vicini oggi si risveglia solo in occasione delle feste patronali, che cadono a una distanza quasi provocatoria di soli due giorni; Morolo infatti festeggia S. Michele Arcangelo l’8 maggio, Supino San Cataldo Vescovo il 10 maggio.
In ebraico Mi-ka-El significa: “Chi è come Dio?”.
San Michele era già considerato dagli Ebrei come il Principe degli Angeli.
Nell’Antico Testamento è indicato come protettore del popolo eletto e simbolo dell’assistenza divina nei confronti di Israele; nel Nuovo Testamento invece è presentato come l’avversario del demonio, il vincitore dell’ultima battaglia contro Satana e i suoi sostenitori, quindi il sostegno nella quotidiana battaglia tra bene e male; nell’Apocalisse scaccia dal cielo il drago (diavolo o Satana) e gli altri angeli ribelli.
In Occidente il culto per l’arcangelo Michele ha un picco dopo la sua apparizione sul Monte Gargano, tradizionalmente fissata all’8 maggio 492, e fu soprattutto il popolo longobardo (presente nel ducato di Benevento, di cui il Gargano faceva parte) a diffondere ovunque questa devozione.
San Michele, patrono di Morolo forse già dal V secolo, è effigiato su antichi sigilli municipali, che recano la scritta magnifica communitas Moroli.
Per dare una rispondenza materiale alla devozione per l’Arcangelo, fu scelta ai piedi di un dirupo montano dei Lepini denominato monte Patena, a circa 500 metri di altitudine, una grotta alta sulla valle S. Angelo, da cui sgorga un’acqua miracolosa.
Di essa fu intonacata una parete, su cui fu disegnata l’immagine dell’Arcangelo, e al suo interno fu costruito un piccolo altare.
Accanto alla grotta di S. Angelo, santuario rupestre del VI secolo, fu edificata poi nell’XI secolo una chiesa dedicata ai santi Angelo e Martino, consacrata nel 1094 in ricordo dell’apparizione di San Michele sul monte Gargano in Puglia.
“La scelta del luogo fu dettata dal fatto che proprio su quella montagna fino allora si adoravano idoli pagani e addirittura il Demonio. Le apparizioni dell’Arcangelo avrebbero dunque portato la luce della religione liberando definitivamente quelle terre dall’idolatria. La sopravvivenza del culto dipese dal fatto che la comunità morolana anticamente viveva sulle montagne intorno al paese perché dedita alla pastorizia e alla transumanza; addirittura alcuni nuclei familiari abitavano presso la chiesetta montana“.
Nel corso dei secoli essa è crollata più volte a causa del distacco di pietre dalla parete a picco della montagna sovrastante, oggi sono visibili le mura perimetrali e, dentro la grotta, due invasi utilizzati per raccogliere l’acqua di scolo che scaturiva dall’incavo di una parete di tufo nella grotta.
Secondo la credenza popolare tale acqua, di colorito lattescente per il suo contenuto calcareo, avrebbe donato più latte alle puerpere tanto che, fino agli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, la grotta era meta di pellegrinaggio di donne morolane e dei paesi vicini.
Salita la ripida scalinata tagliata nella roccia e compiuti tre giri intorno all’altare, ogni donna attingeva con le mani l’acqua sorgiva, la beveva e si lavava le mammelle, quale propiziazione alla calata di abbondante latte per i figli.
La festa patronale di San Michele a Morolo, l’8 maggio, inizia alle 6,30 del mattino con il ritrovo dei pellegrini in piazza Ernesto Biondi; alle 7,00 essi partono e un paio di ore dopo arrivano alla grotta, per la colazione offerta dalla Pro Loco.
Alle 10,30 un sacerdote celebra la S. Messa, poi si chiacchiera e si consumano i viveri e le bevande portate da casa nello zaino; a mezzogiorno inizia il ritorno.
Al rientro in paese pranzo tutti insieme in piazza E. Biondi, offerto ancora dalla Pro Loco.
Alle 18.00 c’è la S. Messa nella chiesa parrocchiale di S. Maria Assunta; alle 19,00 la processione con la statua del Patrono portata a spalla per le vie del paese; alle 21,00 lo spettacolo musicale e alle 23,30 tutti alla Passeggiata di S. Antonio per assistere allo spettacolo pirotecnico finale.
Ogni anno dunque, prima dell’alba dell’8 maggio, i pellegrini, una volta erano in prevalenza gestanti o donne maritate al primo anno di matrimonio, si ritrovano nella piazza di Morolo per dare inizio al pellegrinaggio verso la grotta S. Angelo, come segno di devozione e affetto per il patrono.
L’8 maggio 2016, una domenica, ho potuto partecipare anch’io al pellegrinaggio popolare verso l’antico eremo rupestre di San Michele, incastrato in una parete dei monti Lepini che è a capo del marcato Vallone di Sant’Angelo.
Naturalmente quando sono arrivato nella piazza di Morolo il gruppo organizzato era già partito, perciò ho fatto il percorso da solo, da solo ho sbuffato per superare il brusco dislivello iniziale fin oltre la rocca dei Colonna, da solo ho riempito la borraccia alla Fonte Paoluccio e ho goduto le vedute bellissime sui tetti di Morolo, sui monti e sulla pianura della Ciociaria, su Ferentino, Fumone, Frosinone e dintorni; da solo ho seguito il fianco orientale dei Monti Lepini fino alla “Cona“, dove si apre la vista sulle maestose pareti della Valle di S. Angelo; ho sofferto al passo della Patena o Male Passo e sulla rampa finale, scavate alla base delle rocce e attrezzate con passamano di ferro o di corda, e infine, dopo quasi due ore di fatica, erano le 9,30, sono arrivato al Salto della Palomba e poco dopo alla grotta con la chiesetta dal tetto caduto, dedicata all’Arcangelo (e un tempo anche a San Martino, e una fonte Martino è vicina) e posta davanti alla grotta dove scaturisce l’acqua che si crede (da secoli) che faccia calare il latte alle puerpere “asciutte“.
Vi ho trovato tanta gente, il cui vociare aumentava quanto più mi avvicinavo alla meta; mi sono riposato e alle 10,15 ho sentito la Messa celebrata all’aperto da un sacerdote latinoamericano (il parroco di Morolo?).
Sulla facciata della “Chiesa di S. Angelo” ho trovato una targa in maiolica, scritta parte in italiano e parte in latino, sulla capacità dell’acqua di S. Angelo di far scendere il latte alle puerpere “asciutte“:
“Costruita secondo la tradizione nell’anno 440 d. C., dopo l’8 maggio, giorno dell’apparizione in Puglia di San Michele Arcangelo che, dicesi, apparisse più volte in questa grotta, al cui interno è una sorgente d’acqua limpidissima che tra l’altro favorirebbe la scesa del latte nelle puerpere devote.
Est in monte cavum scopulis pendentibus antrum intus aquae dulces juxtaque vetusta Patrono sacra aedes Michaeli: antiquo ex tempore matres quae frustra teneris immulgent ubere natis hanc sine lacte petunt, gelidam cum pulvere saxi potavere undam referuntque tumentia monte. Die 8 Maii 1998. Pro Loco Morolo“.
Poco prima di mezzogiorno, quando il gruppo era già ripartito, ho iniziato anch’io la discesa, cauta, con diverse soste (una delle quali sulla panchina della rotte Fiaschetti, una sul fianco della montagna, alla Preda Lunga, per i crampi, una alla “vasca” o fontanile di Pozzo Paoluccio per bere).
Finalmente dopo due ore scarse (che con le due dell’andata facevano 4 ore di scarpinata) ero nella piazza di Morolo dove seduto a una tavolata, al sole, ho volentieri pranzato con i buoni piatti offerti dalla Pro Loco: penne all’amatriciana, salsiccia arrosto, piselli e un bicchiere di vino rosso, tutto a 10 euro. E prima di ripartire non ho potuto non visitare la Collegiata dell’Assunta, la grande chiesa madre di Morolo, affacciata sulla piazza.
Risale al secolo XVIII ma ha una facciata ottocentesca, con portale di bronzo dello scultore anagnino Tommaso Gismondi, pala dell’altare maggiore del pittore gaetano Sebastiano Conca, altre tele nelle cappelle laterali e all’esterno una statua in bronzo di San Francesco che è uno dei capolavori di Ernesto Biondi, l’opera che meglio incarna lo spirito di questo scultore verista nato a Morolo il 30 gennaio 1855 e morto a Roma il 5 aprile 1917: un’immagine fuori dei canoni tradizionali per il realismo plastico che l’artista ha saputo esprimere, ispirato dalla fede per l’arte e dall’idealità francescana.
Ernesto Biondi è una figura di grande rilievo per la scultura italiana a cavallo tra XIX e XX secolo, che ha sempre dimostrato particolare attenzione per i problemi sociali e che nelle sue opere esprime a volte un forte messaggio di denuncia.
La sua arte ebbe riconoscimenti anche a livello extraeuropeo: nel 1900 fu scelto, a seguito di un concorso internazionale indetto dalla città di Santiago del Cile, per la realizzazione di un monumento dedicato a Manuel Mont, primo presidente della repubblica cilena e ad Antonio Varas de la Barra, ministro degli Interni, chiamati i Libertadores.
Dalle nostre parti sono sue la Fontana dei Putti nella piazza di Montelanico e quella della Pastorella all’entrata del centro antico di Gorga; la città di Frosinone, per la quale realizzò il monumento ai Martiri Ciociari, ha dedicato a Ernesto Biondi il viadotto che collega la parte alta della città con quella bassa.
Nota
Il testo è di Stanislao Fioramonti, le foto sono di Francesco Fioramonti; la visita è stata effettuata l’8 maggio 2016.
Nota fotografica
La foto della grotta di S. Angelo è tratta dal dépliant del Comune di Morolo (v. bibliografia 1).
Fonti documentative
Monumento Naturale Valle S. Angelo, Morolo (Fr), a cura Comune di Morolo e Regione Lazio;
E. Canali – Cenni storici della terra di Morolo – 1893, a cura di G. Giammaria.
Mappa
Link alle coordinate: 41.624259 13.188573