Fortilizio di Casalino – Petrelle di Città di Castello (PG)

L’agglomerato di edifici che si affaccia sulla Valle del Minima in un versante del monte di Pino, ad oggi è di proprietà privata del fumettista belga Philippe Gelucks che l’ha acquistata pochi anni fa quindi non è accessibile.

 

Cenni Storici

Poco si sa sulla storia di questo edificio complesso, ma la cosa certa è che ricade per intero nel territorio dell’antico feudo dei Marchesi Bourbon, per cui era una loro proprietà e vista la sua posizione aveva il compito di osservazione dei transiti che avvenivano nella viabilità di fondovalle, con uno sguardo anche nella opposta valle del Tevere.
La sua posizione era anche a difesa dello stesso castello dei Marchesi che essendo nel fondovalle non riuscivano ad avere una visuale ampia per cui necessitava di strutture d’altura che avvisassero e lanciassero l’allarme in caso di pericolo incombente.
Il feudo pertanto era costellato di punti di osservazione d’altura che vigilassero sulla sicurezza dei Marchesi e Casalino è uno di questi.
Anche la lettura architettonica della tessitura muraria ci da delle informazioni, infatti si nota che il fabbricato ha avuto varie epoche di costruzione e la più antica che si trova alla base ha origini molto remote; il fabbricato, ampliato in varie epoche è stato edificato su un’area dove sorgeva una torre di avvistamento, infatti la stessa denominazione “Casalino” seppur destinato ad accogliere famiglie di contadini e pastori, si distingue e si differenzia sostanzialmente dal “Casale“, edificio puramente vocato per persone dedite alla coltivazione della terra.
Casalino, infatti non è Casale, ma qualcosa di adattato a tale destinazione, ma in origine destinato ad altro; un adattamento di una struttura in origine nata per difesa, quindi ad uso militare e poi adattata a vita agreste; qualcosa di diverso e più piccolo di un Casale, anche se poteva ospitare diverse famiglie al suo interno.
Quasi sicuramente si tratta di un adattamento, ad uso agricolo in un periodo dove veniva meno la necessità di mantenere un punto stabile di difesa, visti cambiamenti sociali e di rapporti con i Comuni vicini che non necessitavano più di uno stato di allerta permanente.
Un’altra differenza sostanziale che differenzia le due strutture è la presenza in questo caso di un piccolo Oratorio all’interno del fabbricato, e questa è una differenza sostanziale ed esplicativa, infatti è rarissimo trovare all’interno di un Casale un luogo di culto, perché di solito era nelle vicinanze e nel peggiore dei casi ad una certa distanza ma mai all’interno dell’abitato; altra cosa invece succedeva nei fortilizi e nelle torri di avvistamento, dove stanziava permanentemente una guarnigione con annessi locali civili del personale addetto al vettovagliamento e al mantenimento dei soldati; un raggruppamento di persone che si trovavano isolate e che avevano bisogno anche di un luogo dove pregare ed esprimere la propria devozione e un Santo a cui raccomandarsi in caso di necessità.
Ecco che la presenza dell’Oratorio interno ci fa capire la sostanziale vocazione della struttura, un punto militare di osservazione di difesa dedita al controllo del territorio pronta a lanciare l’allarme in caso di pericolo.
Se vogliamo azzardare un’ipotesi circa il primo insediamento potremo ipotizzare che si sia trattato in origine di un insediamento bizantino in quanto l’area di pertinenza è stata storicamente occupata da questa popolazione finché i Longobardi non li costrinsero alla ritirata oltre la sponda sinistra del Tevere arroccandosi alla Fratta attuale Umbertide.
Le dedicazioni delle chiese circostanti, ce ne danno la dimostrazione e la conferma, infatti se si procede ad una attenta valutazione delle titolazioni ci si accorge che la maggior parte di tali edifici sono di origine Bizantina quali Santo Stefano di Pino, San Lorenzo di Rancolongo, Sant’Agata a Cantalena, San Magno di Ronti, San Cristoforo.
Fatte queste doverose premesse non è assolutamente da escludere quindi che la stessa struttura abbia avuto le stesse origini.
Le strutture murarie sovrastanti sono di epoca medievale (saloni interni e fondi – non visibili ma raccontati da chi li ha visitati) e sette-ottocenteschi nelle parti abitate, tanto che su una chiave di volta di una porta compare proprio la data 1819.
 

Aspetto

Il fabbricato si mostra compatto con diversi rimaneggiamenti fatti nel corso dei secoli, finestre tamponate e diversi materiali utilizzati; non mancano pietre di riutilizzo probabilmente recuperate dall’antico edificio di base di cui ancora si scorgono aperture a feritoia e strutture a scarpa per fortificare le sopraelevazioni.
Non manca l’uso del laterizio misto alla pietra locale usato in qualche parete e per le rifiniture di archi.
Nella parte a ovest il fabbricato è di recente realizzazione ed intonacato forse aggiunto nel tardo 1900 per ampliare la capacità abitativa dell’isolato che probabilmente aveva incrementato il numero degli abitanti.
Nella parte più alta della struttura ad est si eleva un minuscolo campanile a vela in uso al piccolo oratorio dedicato a Santa Maria.
 
 
 

La Fonte

A poche decine di metri dal fortilizio si trova una fonte ottocentesca raggiungibile da una strada sterrata protetta da un massiccio muro in pietra per il contenimento della scarpata.
La fonte, oramai in uno stato di totale abbandono, coperta da sterpi e rovi, presenta una volta a cupola, una pietra frontale di protezione e di appoggio, due nicchie interne laterali e una sorgente centrale da dove un tempo doveva scorrere una copiosa quantità di acqua.
Su due pietre coperte dal muschio e dalla terra che si trovano una destra e una a sinistra della fonte, casualmente notate, e da me ripulite, hanno messo alla luce due datazioni differenti che ora si possono leggere benissimo grazie ad una ripulitura che ha riportato la scritta ben decifrabile.
La prima pietra a sinistra e a ridosso della fonte presenta la scritta: “D:C: 1844“, dove i due numeri “4” si scambiano facilmente per due lettere “L“; la seconda pietra sulla destra della fonte e a poca distanza dalla stessa presenta la scritta: “DC 1849” in questo caso il numero 4 è ben leggibile.
Vari esperti da me interpellati hanno proposto diverse interpretazioni alla due lettere DC che precedono la data: chi ha voluto ipotizzare che si tratti delle iniziali del committente, quali per esempio delle iniziali di un nome e cognome oppure di un ipotetico “Dominus Casalino” vale a dire il proprietario del fortilizio.
Chi invece ha ipotizzato che possa trattarsi della specifica di “Dominio Comune“, come a dire che la fonte non era privata ma ad uso della collettività; oppure ancora che si tratti dell’abbreviazione “Dopo Cristo“.
La soluzione però credo stia nel nome e cognome del committente che poi è lo stesso proprietario di Casalino; infatti, le stesse lettere DC si ritrovano sulla chiave di volta del portone di accesso dell’abitato seguito dalla data 1819.
Ora se andiamo a vedere le Visite pastorali della cappella di Casalino vediamo che nel 1830 era di proprietà di una certa famiglia Ciucci che possedeva anche l’abitato e che avrà di certo ristrutturato e non è quindi peregrino pensare che la data posta sulla chiave di volta del portone sia riferita ad una certo “D” (nome del proprietario che non conosciamo) e “C” (cognome) che potrebbe essere Ciucci; probabilmente anche l’opera della fonte e del muraglione sia di sua mano, e anche le date (1819, 1844, 1849) lo confermerebbero poichè rientrano nel lasso di tempo che intercorre nel possesso del fabbricato da parte di questa famiglia.
Tornando alla nostra fonte però è da definire il significato delle due date e capire a cosa sono riferite; visto che intercorrono 5 anni una dall’altra non è pensabile che possa trattarsi della data di inizio e fine dei lavori della fonte perché sono troppi visto l’esiguità dell’opera che non può aver richiesto così tanto tempo.
Quindi la spiegazione è un’altra e si può pensare che la prima data quella accanto alla fonte (1844) sia riferita proprio all’anno della realizzazione dell’opera stessa, mentre l’altra 1849 leggermente distante dal fontanile potrebbe riferirsi all’anno della realizzazione del muro di contenimento che permetteva agli abitanti di recarsi a prendere l’acqua comodamente e in sicurezza.
Forse si può trattare di ipotesi azzardate, ma per ora sono quelle più plausibili.
 

L’Oratorio di Santa Maria

In merito alle notizie riguardanti l’Oratorio bisogna fare riferimento alle Visite Pastorali conservate presso l’Archivio Diocesano di Città di Castello e purtroppo le notizie a mia disposizione partono da epoca tarda e confermano che la struttura religiosa era privata e nel corso degli anni ha cambiato anche proprietà.
Purtroppo al momento non si ha notizia in merito alla sua edificazione per cui non sappiamo se è coeva al fortilizio o più tarda in quanto, mancando un’osservazione diretta delle tessiture architettoniche, lo scarso materiale informativo reperito non ci permette di azzardare una datazione.
Partendo dalla Visita Pastorale disponibile fatta da Mons. Giovanni Muzi nel 1830 sappiamo che l’Oratorio era di proprietà della famiglia Ciucci e dipendente dalla parrocchia di Sant’Ilario di Quarata; è presente il legato a cui spettava il compito di dire 30 messe che, adempiva regolarmente al proprio compito; inoltre trovò la vacchetta (registro delle messe) molto vecchia e malmessa che era nelle mani del parroco di Quarata.
Anche la Visita del 1833 conferma la proprietà Ciucci.
Nella Visita del 30 settembre 1893 eseguita da Mons. Mattei Gentili Dario notiamo che la proprietà è cambiata; infatti, appartiene ad un certo Magi proprietario anche del Castello di Petriolo ed è lui che fornisce gli arredi sacri ed il Vescovo li trova in ordine e non trova nulla da eccepire.
Nel 1936 il Visitatore conferma la dipendenza dalla parrocchia di Sant’Ilario di Quarata, ma trova come proprietaria “Eugenia Nicasi, nata Traversi che dimora a Città di Castello“; viene decretato di restaurare l’altare e le mura interne, sia pure con modesta decorazione, e rimettere la campanina nel piccolo campanile; l’Oratorio viene definito semipubblico.
Dal questionario per la Visita pastorale di Filippo Maria Cipriani del 6 settembre 1942 a cui risponde il parroco Egidio Calderini, si viene a conoscenza che fra le feste e processioni che si tenevano nelle chiese periferiche si attesta che l’ultima domenica di settembre si teneva una festa a Casalino e a Santo Stefano di Pino (che qui viene chiamata San Vincenzo).
Si nota altresì che per i funerali i parenti erano tenuti a versare Lire 25 per il celebrante e 15 per gli altri.
 

Aspetto

Essendo attualmente il caseggiato di proprietà privata di una famiglia residente all’estero, non è stato possibile effettuare una visita nella chiesa, per cui non possiamo fare una descrizione seppur minima dell’edificio e del suo stato.
 

Nota di ringraziamento

Ringrazio Luigi Castori che mi ha accompagnato nella visita del bene insieme a Venanzio Canuti.
Ringrazio sentitamente per la sua smisurata disponibilità e infinita pazienza nei miei confronti la Dott.ssa Cristiana Barni, archivista bibliotecaria dell’Archivio Storico Diocesano di Città di Castello per avermi fornito le informazioni sulle Visite Pastorali.
 

Fonti documentative

Visite Pastorali conservate presso l’Archivio Storico Diocesano di Città di Castello
 

Mappa

Link alle coordinate: 43.362320 12.148615

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