Fonti San Giovanni – Tolentino (MC)
Cenni Storici
Nei documenti più antichi la fonte appare con la denominazione di Fons dominarum, cioè “la fonte delle donne” con l’implicito significato di “lavatoio”. Solamente più tardi, verso la metà del ’400, prenderà il nome dal vicino quartiere di S. Giovanni. Infatti, la fonte, pur essendo situata fuori della cerchia muraria, è stata sempre considerata talmente importante da far parte integrante del centro urbano come essenziale infrastruttura, sottolineata nel corso del tempo anche dalla persistenza nell’ottocentesco Catasto Gregoriano che, con i dovuti aggiornamenti, giungerà fino agli anni trenta del secolo scorso.
La prima notizia si ha in un documento del 1461. Essa, insieme con la Fonte di Contra, situata ai piedi della salita di Pianciano, era una delle fontane più antiche di Tolentino, sorta in una zona che offre molteplici testimonianze di insediamenti di epoca romana. Al termine della via Castello di Varano, a monte della ferrovia, furono scoperte, alla fine degli anni ‘60, consistenti tracce di una probabile villa rustica. Oltre a resti di strutture murarie e di pavimentazioni a mattoncini rettangolari, vennero alla luce tessere di mosaico bianche e nere, frammenti di vetro, di olle, di scodelle, di lucerne in terracotta, chiodi in ferro, e un piccolo ma importante frammento di ceramica arretina con il noto bollo Rasini. L’originaria sorgente doveva essere ad est della fonte, a metà collina, nei pressi della ferrovia: nel corso dei saggi di scavo eseguiti a valle della linea ferroviaria fu rinvenuto anche un consistente frammento di calcare modellato sullo spazio interno di una tubatura in terracotta, testimone dell’antica presenza di un condotto di rilevante diametro che alimentava la fonte. Nel documento del 1461 si delibera di effettuare un restauro e ciò indica l’antichità della fonte. Un contratto stilato due anni dopo, fornisce informazioni preziose per la storia e la topografia della città: “davanti” alla fonte di S. Giovanni, “in podio arcis”, si trovava una fornace di laterizi la cui conduzione fu affidata quell’anno 1463 a mastro Giacomo lombardo. La fornace era dunque ai piedi della rocca costruita dai Varano nel luogo che fu poi compreso nell’orto dei Cappuccini.
Mastro Giacomo ebbe anche la facoltà di utilizzare l’acqua della fontana e così anche Evangelista da Foligno o a Giovanni della Valcamonica che sostituirono mastro Giacomo nella conduzione dell’impianto, con l’unica variante che ad essi fu ordinata una certa moderazione nell’uso delle acque della fonte.
Le notizie successive indicano pulizie e riparazioni della “conserva”, cioè della vasca di decantazione della cui ubicazione al momento non si ha notizia.
Questi lavori, che si potrebbero definire di normale manutenzione, dovevano essere praticati con molta frequenza se si voleva mantenere in buone condizioni la fontana, per cui nel 1482 ne fu affidato l’incarico triennale al tolentinate Simone Luzi, il quale si impegnò a far sì che l’acqua fosse in condizioni di perfetta potabilità per uomini ed animali, che la fonte ed i condotti fossero sempre perfettamente puliti, e sgombri gli scarichi della vasca per lavare. Nel frattempo non si trascuravano neppure le condizioni della strada di accesso alla fontana che usciva da Porta da Capo, curando che fosse ben provvista di ghiaia. In rapporto poi alla penuria d’acqua che talvolta si verificava, ma anche alle troppo frequenti epidemie di varia natura che causavano sistematicamente decine e decine di morti, si provvedeva ad emanare norme igieniche che vietavano agli animali l’uso diretto dell’acqua della fontana o alle donne di lavarvi i panni. Si proibiva inoltre di “fare immondizie” nella fontana e nei pressi: in mancanza di servizi igienici privati e pubblici, qualsiasi luogo era adatto a soddisfare certi impellenti bisogni, spesso anche sagrati delle chiese!
Quelli che venivano sorpresi a commettere una delle azioni interdette subivano sanzioni pecuniarie. Chi invece veniva sorpreso a rubare pietre e mattoni dalla fontana veniva sottoposto alla consistente ammenda di un ducato d’oro.
Sempre allo scopo di migliorare le condizioni delle strutture e per agevolare quanti si servivano della fontana, nel 1555 fu provveduto a lastricare con pietre la strada che veniva da Porta da Capo ed ad effettuare quegli interventi necessari al funzionamento della fontana. Verso la metà del ‘500 furono apportati alla fonte di S. Giovanni consistenti cambiamenti: si sa che Girolamo Angeli di Camerino fu retribuito con quattro fiorini per tre teste di leone in pietra da applicare alla fonte, che era stata nel frattempo fornita di tre vasche così come appare oggi, e nel contempo un tal Monaco “magnano” fornì tre cannelle per la fuoriuscita dell’acqua. Dalla seconda metà del ‘500 in poi si fa cenno solamente alla normale manutenzione, che riguarda una quasi sistematica ed inevitabile pulizia e qualche piccola riparazione. Per i secoli successivi, l’unico elemento che colpisce perché diverso dagli altri è l’obbligo di tagliare cespugli ed alberi che crescevano sopra la fontana, provvedimento quanto mai attuale perché ricalca la situazione della struttura così come è stata per decenni con l’auspicio che ciò più non avvenga.
Sabato 12 marzo 2016, alle ore 10, saranno ufficialmente riconsegnate alla Città, dopo un sapiente quanto necessario intervento di restauro, le antiche Fonti di San Giovanni, in viale XXX Giugno.
Dopo il saluto del Sindaco Giuseppe Pezzanesi interverranno Rosaria Del Balzo Ruiti Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio della provincia di Macerata che ha finanziato i lavori di restauro, Pierluigi Salvati della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio delle Marche e Cesare Salvatori che ha diretto i lavori che hanno consentito il pieno recupero dello storico manufatto, uno dei simboli di Tolentino che da anni aspettava un intervento che riportasse alla luce tutti i particolari architettonici e strutturali, fermandone il degrado.
Oggi le Fonti di San Giovanni si presentano completamente restaurare e seppur senza acqua nelle grandi vasche, possono essere apprezzate non solo come “lavatoio” risalente al quattrocento, ma come monumento storico che da sempre fa parte del tessuto sociale tolentinate.
Giorgio Semmoloni