Ex Chiesa di San Nicola – Blera (VT)

Si tratta di una delle chiese più antiche della città.

 

Cenni storici

Si trova lungo via Roma, nel cuore dell’abitato di Blera, secondo una credibile tradizione è di antichissime origini e inizialmente era dedicata a San Senzia, uno dei due patroni della città.
Era già esistente nel IX secolo, perché papa Leone IV donò alla chiesa una veste trapunta e ricamata in oro, con l’effige del Salvatore, avente nel capo tre gemme dì smeraldo, di San Senzia e di San Vivenzio e anche tre veli parimenti trapunti e ricamati in oro, come si desume dal Liber Pontificalis.
Conteneva le spoglie mortali dei due santi protettori di Blera, come testimoniato dallo Statuto di Blera del 1550, che ha cosi inizio:
In Dei nomine… et sanctorum S. Vincentii et Sensiae, quorum corpora in ecclesia Sancii Nicolai servantur“, (Nel nome di Dìo… e dei santi San Vivenzio e San Sensia, i corpi dei quali si conservano nella chiesa di San Nicola).
Nel corso dei secoli la chiesa subì numerose trasformazioni e si arricchì di preziose opere d’arte, poi declinò e fu abbandonata, finché negli anni seguenti al 1950, quando fu trasformata in sala cinematografica, gli altari demoliti e gli affreschi superstiti scialbati.
I restauri eseguiti dalla fine degli anni 80 e i primi del 90 del secolo scorso hanno riportato alla luce le decorazioni pittoriche databili tra il XIV e il XVI secolo e restituito alla chiesa il suo dignitoso aspetto cinquecentesco.
Ora è adibita a sala polifunzionale.
 

Aspetto esterno

La chiesa si presenta come un volume unico eretto in blocchi di tufo, con la parete di sinistra affacciante su Via Roma, la principale di Blera.
Lungo tale parete si apre un lineare portale cinquecentesco, sopra cui è murato un frammento di bassorilievo romano raffigurante un carro con due persone a bordo trainato da cavalli e preceduto da una persona a piedi, sotto si scorge un cane.
Sulla stessa parete è murato un frammento marmoreo di un bassorilievo raffigurante un soldato con lo scudo, proveniente da un monumento funebre romano avente pianta circolare; appena sotto si trovano una serie di epigrafi e lapidi non integre.
 

Interno

L’interno si presenta oggi completamente privo di arredi, è ad aula unica con copertura a capriata lignea.
La parete di fondo è caratterizzata da tre nicchie absidali, di cui la centrale ha più ampie dimensioni.
Sulla parete sinistra, all’interno di una finta architettura, è raffigurata la Madonna di Loreto, inusualmente ritratta seduta sul tetto della sacra casa; ai lati spuntano dalle nuvole alcuni cherubini.
In basso, ai lati del portale della chiesa sono affrescati San Nicola da Bari e Santa Lucia.
In alto, sotto la cornice si trova un’iscrizione di cui sono leggibili poche lettere.
Segue un affresco raffigurante la Madonna col Bambino, assisa tra le nuvole, in basso San Francesco d’Assisi e Sant’Antonio abate, col caratteristico maialino nero.
Sempre sulla parete sinistra si scorge un affresco largamente incompleto, vi si riconosce Santa Caterina d’Alessandria con la solita ruota, strumento della sua tortura; ai suoi piedi un’enigmatica testa barbuta, a fianco una figura non riconoscibile, col volto completamente abraso.
Al di sotto si intravedono appena trace di affreschi quattrocenteschi.
Il precario stato di conservazione dei tre affreschi precedentemente descritti non consente di trarre conclusioni in merito al loro probabile autore, probabilmente risalgono alla prima metà del XVI secolo.
Al termine della navata sinistra, sopra una porta in marmo elevata di quattro gradini rispetto al piano della chiesa, si scorge la porzione inferiore di un più esteso affresco: su un fondo blu appare una croce a terminazioni ancorate e gheronata (una linea sui bracci le conferisce tridimensionalità), della quale resta la parte inferiore, tra due stemmi identici.
Sul braccio sinistro della croce si leggono a malapena delle lettere, che nella parte superiore parrebbero formare l’iscrizione IBIS, in quella inferiore si scorgono delle lettere forse A SX.
I due stemmi consistono in uno scudo veneto cimato con quello che potrebbe essere un fiorone, fiocco con nastri svolazzanti e scaglione d’argento.
Intorno allo scaglione si intravedono a malapena tre stelle, era lo stemma nobiliare della nobile famiglia dei Clementini originaria di Rimini, ma poi suddivisa nei rami di Orvieto e di Amelia, i cui membri rivestirono nel corso dei tempi alte cariche; alcuni furono archiatri pontifici, camerlenghi, condottieri e altro ancora; ad Amelia esiste ancora una villa Clementini.
Sotto si trova un’iscrizione funeraria racchiusa entro una cornice, vi si legge:
DOM / IVVENI CATHAFRACTO E[…..]TOCLEME/NTINO AMERINO QVI POST MULTA RER(um)/ DISCHRIMINA VLTIMV(m) CLAV- DEN(s) DIEM FR/ATRES AFFLVENTIB(us) LA- CHRIMIS TVMVLVM/ PP(osuerunt?) VIXIT ANNI XXXIIII MDXXXV.
Può essere così tradotta:
A Dio Ottimo Massimo Al giovane catafratto E[…..]to Clementino di Amelia, il quale, terminando i suoi giorni dopo molti combattimenti, fu qui deposto in un tumulo dai suoi confratelli/commilitoni con profusione di lacrime. Visse 34 anni. 1535“.
L’epigrafe è pertanto riferita a un cavaliere originario di Amelia, morto a 34 anni, probabilmente nel corso di un combattimento dopo una vita bellicosa, e sepolto da suoi confratelli a Blera.
Nella nicchia absidale di sinistra è affrescato Santo Stefano, si leggono ancora le lettere …ANUS in basso, sopra il santo si scorge il resto di un baldacchino.
Nella nicchia absidale centrale l’affresco raffigura la Madonna in trono col Bambino, sotto un baldacchino e con in basso due santi vescovi, presumibilmente San Nicola e San Vivenzio.
L’opera è in pessime condizioni e i volti sono completamente abrasi.
Nella nicchia absidale di destra si trova l’affresco meglio conservato tra quelli della parete di fondo: due angeli fiancheggiano un tabernacolo in pietra avente l’aspetto di un portale della chiesa, in alto, sopra una nuvola, Cristo, con le sembianze di un bambino ma con le ferite della crocifissione, sorregge una bandiera con croce rossa su fondo bianco; il tutto è contornato da un baldacchino.
I tre affreschi sono stati probabilmente eseguiti dalla stessa mano, di buona qualità, anche se lo stato conservativo del centrale non consente di trarre conclusioni certe, risalgono con ogni probabilità ai primi anni del Cinquecento.
La parete di destra conserva tracce di affreschi in pessimo stato di conservazione, presumibilmente ancora quattrocenteschi, vi si scorge, in alto una Madonna col Bambino, poi sotto una finta architettura una scena con due personaggi, ampiamente mutila nella zona mediana, infine, in basso a sinistra uno stemma.
 

Fonti documentative

Francesca Ceci, Gian Franco Melis – Blera, la Chiesa di San Nicola e un quasi sconosciuto cavaliere di Amelia.
Domenico Mantovani – Una leggenda blerana: S. Sensia
 

Nota di ringraziamento

Si ringrazia il cortese assessore alla cultura, sig. Daniele Ridolfi, il Sindaco e il personale tutto del Comune di Blera per la cortesia e disponibilità.
 

Nota

La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
 

Da vedere nella zona

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Mappa

Link alle coordinate: 42.274987, 12.025505

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