Eremo di Sant’Arduino – Pietrarubbia (PU)
Cenni Storici
Salendo lungo la strada che da Macerata Feltria conduce verso il monte Carpegna vi è un complesso di fabbricati quasi sospesi su di un dirupo: un campanile senza campane, una chiesa sconsacrata, pochi edifici rustici da alcuni anni completamente abbandonati.
E’ tutto quello che rimane dell’antico castello e della Chiesa parrocchiale di S. Arduino di Pietrarubbia.
La dedicazione della chiesa e la denominazione del castello, derivanti entrambe da S. Arduino da Rimini, vissuto fra la fine del 900 e i primi anni del 1000, possono costituire un riscontro significativo intorno alla nascita di questo aggregato medioevale.
Con ogni probabilità il castello di S. Arduino fu uno degli originari possedimenti dei Conti di Montefeltro, al pari del vicino nucleo fortificato di Pietrarubbia.
La comunità parrocchiale di Sant’Arduino restò autonoma dal medioevo fino ai giorni nostri.
Ciò che ha determinato una accelerazione nel processo di degradamento del contesto ambientale di S. Arduino è stato il mancato rinnovamento del parroco e l’abbandono delle case coloniche da parte delle famiglie di agricoltori che vi abitarono fino a pochi anni dopo (1963).
Da allora in poi questo complesso rurale è stato oggetto di incursioni diurne e notturne da parte di predatori di oggetti sacri e profani.
Le porte della chiesa e delle abitazioni sono state scardinate; l’intonaco dei muri scrostato, le pareti intaccate in più punti e coperte di scritte oscene e sacrileghe; il pavimento sondato in vari punti per accertare la possibile presenza di tombe da saccheggiare.
L’interno della chiesa è stato ridotto in uno stato di sfacelo; così appare nel corso dei sopralluoghi fatti nell’agosto 1974.
Durante quella ricognizione è stato ritrovato il pavimento sprofondato rivelando la presenza della sottostante cripta.
L’esistenza di questa cappella sotterranea era conosciuta anche in precedenza.
La chiesa poggia direttamente su una roccia di conglomerati in forte declivio verso nord-est.
L’abside, volta ad oriente, si presenta a parete liscia anziché circolare proprio per la mancanza di spazio e per la rilevante pendenza della rupe.
Nella parte inferiore del muro absidale si apre una monofora con arco a tutto sesto, che doveva rischiarare l’ambiente interno fin dalle prime luci dell’alba.
Questa parte inferiore della chiesa può essere riferita all’architettura romanica fiorente nel Montefeltro nella seconda metà del XII sec.
Altre due piccole finestrelle, strombate e con arco a tutto sesto, si trovano sul versante nord della chiesa.
Nel contesto della primitiva costruzione romanica l’altare doveva essere alquanto rialzato rispetto al pavimento della navata, lo conferma una finestrella d’epoca romanico-gotica, visibile all’esterno del lato sud.
Nel 1978 il padre Metodio Luchetti, Guardiano del convento di Ponte Capuccini e titolare di S.Arduino, per porre fine alle incursioni devastatrici nella chiesa abbandonata, decide di eseguire alcuni lavori di ripulitura della cripta, anche in considerazione che parte della copertura era crollata e che sussistevano pericoli per l’altra parte.
Durante i lavori sono venuti alla luce dei loculi a fornice ricavati nel vano della cripta sul lato della navata.
Sono stati trovati circa 65 scheletri ancora chiusi in sacchi di canapa e di lino, con vesti cinquecentesche.
Alcune parti della pelle erano ancora conservate a seguito di un non raro processo di mummificazione anaerobica.
Si trattava di persone laiche sepolte nella chiesa nell’anno 1587.
Nella parte vicina all’abside pochi decenni fa furono trovati altri scheletri disposti su scranni; dai paramenti che li avvolgevano si può pensare che fossero stati gli antichi Rettori della Parrocchia. Alla fine del XVI sec. la cripta fu ristrutturata.
In mezzo venne elevato un muro divisorio longitudinale nel senso dell’asse della chiesa con la funzione di sorreggere il peso dell’altare e la copertura orizzontale divisa, così, in due campate. L’asportazione di questa copertura e la rimozione dei loculi hanno rivelato ora questa cappella sotterranea in tutta la sua bellezza e armonia architettonica.
L’accesso si apriva proprio dal mezzo della navata e sono ancora ben conservati i gradini di pietra che consentivano la discesa al vano sottostante.
L’ambiente della cripta ha una forma quadrata (m. 5×5) ed è stato ricavato nel punto in cui la roccia si abbassa verso nord-est.
Inserita nel muro divisorio centrale è stato rinvenuto un rocchio di colonna di marmo d’epoca romana.
In origine questa colonna doveva essere collocata nel mezzo della cripta, quale sostegno degli archivolti in costoloni di pietra arenaria concia; questi partivano dal centro delle quattro pareti e dagli spigoli per convergere su questo sostegno centrale creando un soffitto con volte a vela.
Le mensole laterali per l’appoggio dei costoloni risultano sorrette da due semicolonne in pietra arenaria, poggiano su due plinti quadrati, sagomate da un cordolo marcato a oltre tre quarti di altezza e sormontate da capitelli parallelepipedi scolpiti.
Le tre pareti, corrispondenti ai muri esterni, risultano ancora profilate da cornici in rilievo arcuate a tutto sesto, le quali delimitavano altrettante lunette, naturali superfici per una presumibile decorazione pittorica.
E’ difficile stabilire se all’epoca romanica tali pareti fossero effettivamente affrescate, sicuramente esistevano delle pitture murali d’epoca rinascimentale.
Non bisogna dimenticare che fin dal 1462 anche il territorio di Pietrarubbia venne incluso nello Stato d’Urbino, e nel 1467 Federico da Montefeltro, capitano della Lega italica, riceveva cospicui pagamenti per le milizie.
Questi introiti creavano uno stato di benessere nelle popolazioni locali.
Tale situazione richiamò gli artisti dalla vicina Umbria e dalla Marca, i quali da Urbino si spingevano a lavorare nelle località circonvicine.
Nel 1875 il pavimento attorno all’altare fu abbassato tanto da scoprire uno dei vari sepolcri ricavati nel vano della cripta.
In quella occasione fu individuato tutto l’affresco, la cui parte superiore restò scoperta sopra il piano del pavimento.
Nel 1954 questo affresco fu staccato ad opera della Soprintendenza alle Gallerie per le Marche e collocato nel Museo diocesano di Pennabilli, ove tuttora si conserva.
Fonti documentative
www.appennino.info