Eremo di Santa Croce di Fonte Avellana – Serra Sant’Abbondio (PU)
Cenni Storici
Si ringrazia il Priore di Fonte Avellana che in data 16-04-2015 ha dato l’autorizzazione alla pubblicazione di queste foto
Risalendo la valle del Cesano e lasciate alle spalle le colline di Pergola e Sassoferrato , si giunge ai piedi del Monte Catria, il cui versante orientale racchiude una conca avvolta da ampie faggete intorno alle quali si aprono i pascoli e i campi che circondano lo splendido complesso dell’abbazia camaldolese di Santa Croce, ricordata da Dante nell’XXI Canto del Paradiso. Al posto delle originarie celle (si trattava capanne) sparse attorno ad una cappella, sorsero a partire dall’XI secolo numerosi edifici in pietra tra cui il chiostro, la chiesa con cripta, la sala del Capitolo, lo splendido scriptorium, le celle dei monaci, la foresteria e la Biblioteca, nobili e austeri ambienti che si stringono attorno alla massiccia torre campanaria ed ospitano ancor oggi i monaci camaldolesi. Sotto la guida di San Pier Damiani, arrivato nel 1035, le diverse celle sparse vennero ricondotte sotto un’unica regole in grado di conciliare le aspirazioni alla vita eremitica con i vantaggi della vita conventuale, ma anche culturale. Alla fine del XV secolo con il Cardinale Giuliano Della Rovere, futuro Papa Giulio II , il complesso fu ampliato e ristrutturato, raddoppiando il numero delle celle dei monaci, alzando di un piano la fabbrica e praticando finestre simmetriche lungo i muri di cortina. Oggi il complesso è composto da un ampio piazzale che dà accesso alla chiesa dalla pianta a croce latina coperta da volte a botte a sesto acuto, con presbiterio sopraelevato sulla cripta dell’XI secolo; si tratta della parte più antica del complesso architettonico, insieme al chiostro e allo scriptorium risalente al XII secolo, un ambiente di rara armonia nei volumi, che si protende a sud, distaccandosi aereo dal corpo del monastero. Qui gli amanuensi, utilizzando la luce solare per tutta la giornata, grazie alla fitta e alta serie di ampie monofore che si aprono nella volta a botte dell’edificio, ricopiavano gli antichi manoscritti arricchendoli di artistiche miniature. Tra i pregevoli volumi ancora conservati spicca il Codice NN dell’XI secolo, primo breviario della comunità avellanita e prezioso documento dell’evoluzione delle notazioni musicali. La prestigiosa Biblioteca “Dante Alighieri”, ricca di oltre 10.000 volumi, tra cui i preziosi codici miniati e antichi libri sacri, assieme alle numerose iniziative promosse dai monaci camaldolesi, mantiene ancora oggi una significativa funzione di faro spirituale. Dal 2007 anche il Giardino Botanico del monastero è aperto al pubblico.
La storia di Fonte Avellana si intreccia con la storia del monachesimo occidentale. Fondata nel 980 da Lodolfo il complesso composto da eremo e monastero ha attraversato 1000 anni di storia, comprese le soppressioni nel 1810 (Napoleone) e nel 1866 (Regno d’Italia).
Una tradizione costante e molto antica vuole che anche il Sommo Poeta Dante Alighieri sia stato ospite di questo monastero che cantò nella Divina Commedia:
“Tra due liti d’Italia surgon sassi,
e non molto distanti a la tua patria,
tanto che i troni assai suonan più bassi,
e fanno un gibbo che si chiama Catria,
di sotto al quale è consacrato un ermo,
che suole esser disposto a sola latria”
Secondo gli Annales Camaldulenses Dante nel 1318 era ospite di Bosone di Gubbio e in quell’anno sarebbe venuto a Fonte Avellana.
Tanti sono i personaggio passati per Fonte Avellana:
San Romualdo
San Pier Damiani Priore dal 1043 al 1057 (+ Faenza 22 febbraio 1072)
San Giovanni da Lodi Vescovo di Gubbio (+ Gubbio 1105) successore di San Pier Damiani come Priore nel 1072
Dante Alighieri (che sostò a Fonte Avellana nel 1311)
Il Cardinale Giuliano della Rovere poi Papa Giulio II
Il Cardinale Giulio Feltre della Rovere l’ultimo abate commendatario di Fonte Avellana
Abate Don Gregorio Vitali a cui si deve l’appartamento abbaziale, il refettorio e la realizzazione dell’Accademia scientifica dei Pulcini
Abate Don Giacinto Boni a cui si deve la biblioteca antica
Abate Don Aurelio Guidotti a cui si deve la ricostruzione del refettorio
Don Alfonso Pollini a cui si deve la realizzazione dell’organo
Fonte Avellana divenne abbazia nel 1325 e successivamente nel 1392 commenda.
In quegli anni era la casa madre degli Avellaniti una congregazione autonoma. Nel 1569 gli Avellaniti furono soppressi (direi meglio assorbiti) e Fonte Avellana passò alla Congregazione Camaldolese. Successivamente nel 1610 passò alla Congregazione Cenobitica Camaldolese di San Michele di Murano e nel 1935 nuovamente ai Monaci Eremiti Camaldolesi che tuttora lo abitano. L’ottocento fu caratterizzato della due soppressioni dell’Ordine da parte di Napoleone (1810) e del Regno d’Italia (1866). La Comunità monastica ha ripreso possesso dell’Eremo nei primi anni del 1900. Nel 1935 è avvenuto il passaggio tra la Congregazione Camaldolese Cenobita e la Congregazione dei Monaci Eremiti Camaldolesi.
La Chiesa e la Cripta
Edificata a partire dal 1171 e consacrata per la prima volta nel 1197, fu elevata a Basilica Minore il 5 Settembre 1982 dal Santo Padre Giovanni Paolo II in visita a Fonte Avellana per la conclusione delle celebrazioni del Millenario della fondazione. E’ costruita a croce latina in stile romanico con lievi presenze ogivali e presenta il presbiterio rialzato posto sopra la già esistente chiesa divenuta cripta. L’altare maggiore è sovrastato da un imponente Crocifisso ligneo del 1567 opera di Francesco Tiraboschi da Pavia. Dietro l’altare, pur non in piena armonia con il resto della costruzione, è stato posto il coro realizzato in stile neoclassico nel 1854. La chiesa originariamente non aveva il coro: i monaci Avellaniti officiavano di giorno davanti all’altare maggiore e di notte in quella che oggi è la cripta. Quando subentrarono i Camaldolesi, questi fecero costruire un coro sopra l’atrio della chiesa dove officiavano sia di giorno che di notte eccetto che nella stagione invernale quando anch’essi utilizzavano la cripta. Nella prima metà del sec. XIX fu deciso di spostare il coro dal fondo della chiesa al retro dell’altare maggiore.
La Cripta (sec.X) è considerata la parte più antica di Fonte Avellana. È la chiesa primitiva e forse contemporanea alle origini dell’eremo; è il più antico luogo di culto esistente a Fonte Avellana, ma soprattutto è l’ambiente che meglio caratterizza l’impronta austera e non priva di solida bellezza che si volle per queste antiche costruzioni dedicate alla preghiera. Con la costruzione della Basilica alla fine del sec. XII la parte occidentale della chiesa primitiva è andata perduta mentre quella a oriente, ancora perfettamente conservata, presenta le finestre rivolte a est verso la luce dell’alba, luce del Risorto. Sullo sguincio delle finestre sono posti dei gradini simboleggianti l’ascesa verso la luce.
Chiostro, Scriptorium, Biblioteca, Sala del Capitolo, Cappellina di Sant’Albertino e il Vecchio Tasso