Eremo di San Marco o del Beato Ventura – Pigge di Trevi (PG)
Cenni Storici
L’eremo di San Marco si nasconde lungo il versante esposto a mezzogiorno in una gola boscosa e selvaggia, posta tra il Colle Bordone (mt. 837), le montagne Campello (mt. 1130) e Pradafitta (mt. 1261), in fondo alla quale scorre, il cosiddetto Fosso di S. Marco.
La sua fama si è sviluppata grazie alla presenza di una figura che lo abitò, il beato Ventura da Trevi (ma nativo di Pissignano); una figura pressoché sconosciuta agli onori della chiesa tanto che è stato persino ignorato dalla recente Bibliotheca Sanctorum che non lo cita affatto, anzi riporta la figura del beato Ventura di Spello di cui non si conosce nemmeno la collocazione storica.
L’unico che ne parla in maniera abbastanza coincisa è lo Jacobilli nel suo elenco di Santi e Beati dell’Umbria; secondo quanto scritto dallo storico folignate Ventura si ritirò sulla montagna andando a dimorare su un antico oratorio provvisto di cameretta perso su una costa della montagna e dedicato a San Marco Evangelista.
Da lì cominciò il suo isolamento e la sua opera di predicazione tanto da riscuotere stima e devozione da parte della popolazione.
Il Beato morì in questo eremo il giorno 11 luglio 1310; il corpo fu riportato a Trevi nella chiesa di San Francesco dei frati Minori di Trevi dove fu sepolto, solo nel 1593 fu traslato nella cappella gentilizia di Muzio Petroni detta della Concezione con il consenso dei frati Minori Conventuali di cui si conserva l’atto.
Mentre il beato era in vita ricevette lasciti e fra questi si conserva un atto di donazione all’eremo fatta da un certo Filippuccio del fu Bartoletto di Bernardo da Campello, redatto nella casa del testatore il 9 luglio 1309 due anni giusti prima che il santo eremita morisse; tra le altre disposizioni, vi si legge: “Inoltre, aggiudica e lascia nella chiesa di S. Marco dove abitava frate Ventura, 5 soldi della stessa moneta (cortonese)”.
Come si è visto il beato Ventura visse a cavallo tra la fine del 1200 e i primi anni del 1300, ma l’eremo era già esistente e quindi molto più antico, la stessa toponomastica ce lo conferma; nulla sappiamo dei precedenti storici della struttura né di chi lo ha abitato precedentemente e né chi lo ha strutturalmente realizzato e quando.
Conosciamo invece chi lo abitò dopo, infatti nel 1333 il Vescovo di Spoleto Bartolomeo Bardi fa una concessione a “Eremiti e uomini penitenti“: Leonardo di Giovanni da Montefalco, Giovanni di Dialto, Simone di Giovannetto e Tommaso di Marcalo, trevani , di poter vivere in penitenza “nel luogo, oratorio o eremitaggio dei Ss. Marco e Giacomo di Colle Bordone, sopra la torre di Revaglioso, nella nostra diocesi di Spoleto, restando a disposizione e sotto la cura, la protezione e governo nostro, ed al nostro episcopato specialmente e direttamente soggetti, in servizio di Gesù Cristo nell’osservanza della vita evangelica“, con la possibilità di poter accogliere altri “soci“.
Perciò cedeva a loro “il luogo o oratorio, possessioni e frutti“, con facoltà di potersi scegliere un sacerdote “cattolico“; in cambio, quale segno di sottomissione, avrebbero dovuto pagare all’episcopio mezza libra di cera ogni anno.
Poi, in una postilla aggiunta in fine, a scanso di equivoci, dati i tempi, il vescovo volle precisare: “non intendiamo derogare in alcuna costituzione emanata dal nostro signor papa contra fraticellos; la presente lettera e il suo contenuto concediamo e vogliamo che vi siano rilasciati secondo il santo Evangelo e non altro“.
Nel 1393, ritroviamo l’eremo dei Ss. Marco e Giacomo nell’estimo delle chiese della diocesi di Spoleto, ma senza alcun imponibile.
Il 3 febbraio 1460, il comune di Trevi decideva che si comprasse, “per la chiesa e romitorio di S. Marco, una coperta per l’eremita che vi abita“.
Altra notizia riferita all’eremo riguarda un’elemosina concessa sempre dal comune di Trevi, che da sempre dovette proteggere e aiutare gli eremiti, il 10 giugno 1526: “per il restauro dei muri della chiesa di S. Marco. Per il qual lavoro fu stabilito dal generale consiglio che il Comune stesso si sarebbe impegnato a fornire la manodopera, mentre gli abitanti della balìa di Lapigge avrebbero dovuto mettere la calce e quant’altro fosse stato necessario“.
La continuità dell’uso della struttura anche in epoca successiva è confermata da diversi documenti nonché lasciti testamentari destinati sia a questo eremo sia a quello di Santa Croce e di Sant’Antonio (ora eremo delle Allodole di Trevi).
I catasti antichi degli ecclesiastici di Trevi stilati nel 1577 e nel 1662, riportano diversi appezzamenti di terreni di proprietà dell’eremo frutto di lasciti, tra questi boschi, pascoli e terra arativa tutti di modeste dimensioni con reddite poco consistenti.
Nei secoli a seguire, sia per mancanza di vocazione, sia per la scomodità e le ristrettezze della vita e soprattutto per i cambiamenti sociali ed economici, l’eremo ha subito un abbandono ed inesorabilmente le strutture hanno subito un lento degrado tanto da crollare in larga parte.
Ora i ruderi si trovano sul sentiero 376 del CAI che da Coste San Paolo porta all’eremo di Sant’Antonio e monte Ravilloso o più conosciuto come l’eremo Francescano delle Allodole di Campello.
La devozione verso il beato Ventura è ancora molto viva negli abitanti del posto tanto che ancora oggi la prima domenica dopo l’11 luglio (giorno della morte) viene organizzata una messa all’aperto sul Colle Bordone che si conclude con un devoto pellegrinaggio all’eremo.
Pare che la Comunanza di Pigge abbia preso l’impegno (al momento solo come dichiarazione di intenti) di restaurarlo per quel che si può al fine di renderlo fruibile e per rendere omaggio alla memoria del beato Ventura molto venerato dalla popolazione.
Aspetto
Quel che resta oggi dell’antico eremo è una celletta votata a botte alta due metri, larga poco più di un metro e mezzo e lunga altrettanto visto che una parte è crollata.
Nella cella, nella parete di fondo a destra (verso la scarpata) si apre una minuscola finestrella naturalmente priva di infisso, che illuminava la parete di fondo, mentre sulla parete sinistra a circa 50 cm da terra si aprono due nicchie rettangolari dove veniva appoggiato qualche utensile.
Nella parte rimasta del soffitto si notano tracce di rivestimento fatte con vegetazione lacustre intrecciata a modo di stuoia e rivestita con calce per creare oltrechè un muro intonacato anche un rivestimento isolante.
Nella parte anteriore della cappellina si apriva una scala angolare che saliva dalla scarpata e poi deviava nel pianoro soprastante dove dovevano per forza trovarsi le celle visto che, come affermava il Vescovo di Spoleto Bardi, vi era la presenza di 4 persone.
Oggi, allo stato attuale, tale presenza è assolutamente impensabile, vista l’esiguità di parti pianeggianti nella ripida scarpata e l’angusto cunicolo dell’eremo ad oggi esistente che non avrebbe di certo permesso una presenza di 4 persone per mancanza materiale di posto.
Come spiegare allora tutte queste presenze? Dove potevano trovare sistemazione? La risposta si può dedurre dalla scarpata rocciosa tagliata soprastante l’eremo; le celle eremitiche dovevano per forza trovarsi li dove ancora oggi, nonostante le frane, si notano ancora cumuli di pietre murate a secco che sono crollate, ma che lasciano pensare a labili tracce di manufatti, oltrechè intonaci, fori per eventuali travi, pietre squadrate, frammenti di laterizi.
Sembra di capire che le celle fossero in parte scavate nel banco roccioso e in parte, sul davanti, costruite con pareti protettive.
Un lungo muraglione di pietrame accuratamente costruito a secco, lungo 20 metri e con uno spessore di 80 centimetri, alzato davanti all’oratorio, doveva servire a sostenere il terrapieno su cui si aprivano le celle e l’accesso all’oratorio.
Fonti documentative
Silvestro Nessi – Dall’eremo al cenobio, insediamenti inediti nel territorio di Trevi – in Spoletium 33 rivista di Storia, Arte e Cultura anno XXX Dicembre 1988
Luigi Fausti – Le Chiese della Diocesi di Spoleto nel XIV secolo secondo un codice del XVI secolo – 1913
Nota di ringraziamento
Ringrazio sentitamente Gabriele Finamondi esperto, indiscusso ed ineguagliabile conoscitore e mappatore del territorio che mi ha minuziosamente descritto il percorso.
Mappa
Link alle coordinate: 42.851943 12.776904