Eremo di San Donato – Sant’Angelo in Vado (PU)
Cenni Storici
La Chiesa di San Donato è ubicata lungo la valle del Metauro, in destra idrografica, 3 km a monte di Sant’Angelo in Vado, in corrispondenza del piccolo nucleo abitato di Palazzi.
La prima notizia è contenuta in una bolla del pontefice Alessandro III datata 14 Aprile 1180 con cui istituì il “Nullius” di Mercatello, cioè luogo che non dipendeva da alcuna diocesi, ma direttamente dal Papa, c’erano inserite, sotto la sua giurisdizione, quarantasette cappelle e chiese; tra queste viene nominata anche “cappellam sancti Donati in Ficareto” o anche Fichereto (luogo piantato a fichi).
Passò sotto la diocesi vadese nel 1636 e da sempre conosciuta come San Donato in Palazzi, proprio per un certo gruppo di case che le stanno attorno e che sembrano formare un piccolo borgo.
Il vescovo diocesano mons. Barugi, in una minutissima visita, già nel 1689, lasciò scritto, fra l’altro, che gli introiti della chiesa non erano sufficienti per la continua manutenzione del santissimo Sacramento e parlò di questa chiesa e dei tre altari con relativi quadri che tuttora esistono.
Solo recentemente, durante la fase di smontaggio della grande tela collocata sopra l’altare maggiore e destinata ad essere restaurata, i tecnici della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici delle Marche di Urbino hanno fatto una scoperta eccezionale: un grande e pregevolissimo affresco del Trecento che raffigura “Cristo Crocefisso
con i dolenti” interrotto in corrispondenza di un’antica finestra monofora romanica e mantenutosi in buone condizioni.
Si tratta di un vero capolavoro , rimasto celato per secoli alla vista, perché coperto nella parte superiore dalla tela dell’altare e nelle parti laterali e inferiore dall’apparato ligneo dell’altare.
L’autore è con tutta probabilità un pittore marchigiano, molto bravo, che si colloca nell’ambito dei pittori riminesi, Giovanni da Rimini e Maestro di Verrucchio; la studiosa ed esperta di storia dell’arte Bonita Cleri ha ipotizzato, con buoni motivi, il nome di Guido da Camerino.
I lavori di restauro hanno rivelato sulle pareti laterali altre due figure identificabili con i Santi Antonio Abate e Donato; tornati alla luce anche due stemmi, la cui araldica è riferibile alla famiglia Brancaleoni, legame quindi per l’opera a una prestigiosa committenza.
Tra le altre notizie dell’epoca apprendiamo che la parrocchia contava 106 anime e disponeva di una campana sopra il tetto della chiesa.
Si parla anche di un castello turrito, con la sua campana e inglobata la casa parrocchiale.
Vicino alla parrocchia, nella casa “Palazzina” dei Bravi, è presente, ben conservata, una piccola cappella, con un quadro sull’unico altare esistente, dove sono raffigurati la Madonna, il Bambino Gesù e San
Giuseppe.
Accanto, in una piccola nicchia, è presente l’effigie di Santa Veronica Giuliani.
La chiesa è stata parzialmente restaurata dalla Associazione Caresto insieme alla casa attigua, che è utilizzata per gli esercizi spirituali per famiglie.
Aspetto esterno
La chiesa è rivolta con la facciata a mezzogiorno e non ha piazzale, perché di fronte c’è la casa colonica.
Ha il presbiterio e dietro l’altare maggiore c’è la sagrestia.
Il campanile è formato di due archi, con le campane, una di 300 libbre, l’altra di 180.
Interno
La chiesa ha il presbiterio e dietro l’altare maggiore c’è la sacrestia.
Sopra l’altare maggiore una grande tela rappresenta la Madonna ed Angeli, con S. Donato (IV sec.), secondo vescovo di Arezzo, e S. Ilariano, ambedue martiri e uniti insieme nella festa che si celebra il 7 agosto.
Sono presenti altri due altari: quello del Rosario, con un quadro del XVII secolo con la Vergine che porge la santa corona ai santi Domenico e Caterina da Siena; tutto attorno al quadro i quindici misteri del Rosario, cui è aggregata una Compagnia con due Priori che si rinnovano ogni anno.
Sopra questo dipinto una piccola immagine forse di San Luigi Gonzaga.
L’altro quadro, e quello di S. Carlo, con un quadro raffigurante S. Carlo Borromeo e S. Antonio da Padova; tutto intorno quindici quadretti con episodi e miracoli del Santo come, ad esempio, quello famoso della mula che, anziché mangiare la biada, si inginocchia davanti a Sant’Antonio, che ha in mano l’Ostensorio con il Santissimo.
In alto un piccolo quadretto con san Filippo Neri.
Tutti e tre gli altari hanno un bell’ornato ligneo dorato.
Nella chiesa si trova anche una preziosa acquasantiera in marmo molto antica.
Fonti documentative
AAVV. – Guida storico-artistica alle Chiese di Sant’Angelo in Vado – 2005
www.caresto.it