Eremo di Grottafucile – Castelletta di Fabriano (AN)
Ambientazione
L’Eremo di Grotta Fucile si trova un luogo appartato nella solitudine in posizione naturale stupenda a pochi chilometri dalla cresta del Monte Revellone, in provincia di Ancona, nel cuore del Parco naturale regionale della Gola della Rossa di Frasassi, non lontano dalla frazione di Fabriano Castelletta, a 380 metri sul livello del mare. Sebbene ridotto a poco più di un rudere e il bosco sta riprendendo il suo spazio, è ancora un luogo di grande atmosfera.
Cenni Storici
La sua costruzione risale al 1227 per opera di San Silvestro Guzzolini che risalì il corso del fiume Esino e si rifugiò sotto la protezione del Conte Rovellone negli anfratti della Gola della Rossa, a causa di dissapori, di ordine teologico, con il vescovo della Diocesi di Osimo, Sinibaldo.
L’eremo era inizialmente costituito da piccole celle scavate nella roccia e solo in seguito, si ampliò e cominciò a prendere la forma di un piccolo monastero, in quanto i monaci adattarono le grotte e le trasformarono in celle in maniera che fossero meno battute dalle intemperie e dal clima rigido della zona. In poco tempo la piccola area davanti alla grotta divenne un cortile con un pozzo centrale. E’ qui che si costituì la prima comunità dei monaci benedettini-silvestrini.
Papa Gregorio IX preoccupato per l’ascendente che Silvestro cominciava ad avere sulle comunità delle montagne intorno all’eremo, inviò due suoi emissari, due frati domenicani: Fra Napoleone e Fra Riccardo, per convincere il santo eremita a confluire, insieme ai confratelli, nell’Ordine Benedettino.
Nel 1231 per il crescente numero di seguaci, S. Silvestro si convinse a erigere un nuovo monastero (l’attuale S. Silvestro di Montefano),ma Grotta Fucile non fu quasi mai del tutto abbandonata, anzi, S.Silvestro stesso fece erigere sul luogo una chiesetta. Costruita in stile gotico italiano, fu terminata nel 1256 e dedicata alla Madonna prendendo il nome di Santa Maria a Grottafucile.
Dopo gli anni 1430 – 1440, il monastero a causa della riduzione di numero dei monaci e per il loro impegno alla cura spirituale degli abitanti del paese, fu gradualmente abbandonato.
Verso la metà del secolo XVI vi furono sintomi di ripresa della vita eremitica e Grotta Fucile ridiventò sede abituale di eremiti. Nel 1665 anche tra i silvestrini fu introdotto l’uso degli abati titolari, il luogo, per la sua importanza, storica e spirituale fu dichiarata abbazia titolare.
Fu solo per poco, perché poi il monastero cominciò, la sua inesorabile decadenza e gradualmente andò in malora, fatta eccezione della chiesa che, per continuare a essere officiata specialmente durante i giorni festivi, si mantenne in discrete condizioni, fino a che non intervenne la soppressione napoleonica del 1810, che ne fece asportare i lavori di maggior pregio.
Nel 1818 scorrerie di malandrini sfondarono le porte e fecero man bassa di tutto. Alla fine del XIX secolo il sito fu definitivamente abbandonato e il monte acquistato da una famiglia della frazione sottostante di Pontechiaradovo, nel comune di Genga. L’apertura di una cava alla base dell’eremo e la successiva costruzione della Galleria di Gola della Rossa, ne misero in pericolo la stabilità. Negli anni ’70 del XX secolo l’allora Ministero dell’Istruzione bloccò i lavori per tutelare le ultime vestigia dell’Eremo di San Silvestro.
La chiesa
La chiesa in stile gotico italiano aveva una semplice e orinale struttura, con una superfice di 16 x 7, tutta in pietra ben squadrata e levigata. La volta, invece in pietra calcarea con conci di dimensioni modeste; le pareti interne alte 2 metri realizzate con conci di travertino, bianchi, lisci e resistenti; l’interno era di una sola navata, con altezza di 7 metri circa aveva la volta a botte, a sesto rialzato, sprovvisto di abside, con un solo altare a isola.
Vi erano tre porte: una a Nord a tutto sesto per i monaci; a Sud ogivale, per la gente; una terza a Est che immetteva in una piccola sacrestia.
Vi erano alcune finestrelle romaniche a strombatura interna; al di sopra della porta si apriva un rosone, sulla parte meridionale due o tre finestrelle rettangolari.
Il tetto era a doppio spiovente senza soffitto, alto 7,40 metri.
Oggi, della chiesina duecentesca, restano in piedi la parete di fondo a Ovest e quella laterale a Nord. Del monastero restano muri diroccati, infatti solo un vano conserva ancora una copertura a volta. Oltre alla chiesa esistevano un chiostro, una sala capitolare, alcune celle, una foresteria, una cucina, un refettorio, un‘ infermeria, un dormitorio e una piccola biblioteca.
Inoltre il Santo si preoccupò di far scavare una cisterna per le necessità della piccola comunità.
San Silvestro Guzzolini Abate e il motivo delle sue abbazie
Nato nel 1177 da nobile famiglia di Osimo, nelle Marche, Silvestro Guzzolini divenne prete dopo aver studiato Diritto a Bologna e Teologia a Padova. Canonico della cattedrale osimana, a 50 anni si ritirò nella grotta Fucile. Egli mirò ad una fondazione del tutto nuova, libera dai vincoli di precedenti tradizioni feudali e rispondente alle esigenze spirituali dell’epoca, pur nella fedeltà alla regola di 5. Benedetto. Egli considerò chiusa l’esperienza delle fondazioni laicali, divenute organi economici e amministrativi, e adottò per il suo movimento il sistema congregazionistico, maggiormente efficace a garantire l’indipendenza e l’autonomia dei monasteri di fronte al potere temporale. Silvestro intese purificare il mondo monastico locale ristabilendo l’osservanza e ricuperando i valori della vita benedettina: silenzio, solitudine, umiltà preghiera, povertà, lavoro.
Etimologia: Silvestro = abitatore delle selve, uomo dei boschi, selvaggio, dal latino
27 giugno 1248 - E’ la data del Privilegio di Conferma ottenuto da Papa Innocenzo IV, in risposta a critici malevoli che l’avevano accusato di aver istituito un nuovo ordine ed abito contravvenendo a quanto disposto dal Conc. Lateranense IV (1215).
La Bolla Pontificia menzionò 4 monasteri: Montefano, Grotta Fucile, S. Marco di Ripalta e S. Bonfilio di Cingoli.
Aneddoti e Leggende
Il monastero è chiamato ” Fucile ” perché mitologicamente, il termine Focile deriva da focus, cioè fuoco o forse perché pastori e boscaioli vi accendevano alcuni fuochi visibili anche da lontano.
Il Santo, come riferisce il suo primo biografo Andrea di Giacomo da Fabriano, si preoccupò di far scavare nella roccia da alcuni operai per i necessari usi della comunità che gli si strinse intorno, una cisterna, che richiese molta fatica, tanto che l’uomo di Dio, per premiare i sudori degli operai, ottenne di mutare miracolosamente per essi l’acqua in vino generoso.
Tra le rovine del monastero esiste tuttora il buco del pozzo, anche se invaso e in parte mimetizzato da erbacce, sterpi e rovi.
Due visitatori apostolici, inviati dal Papa per rendersi conto delle reali intenzioni dell’eremita, ritengono opportuno di cercargli un compagno per non farlo rimanere da solo e, recatisi a Recanati, lo propongono ad un certo Filippo che, pur con qualche dubbio, si pone alla ricerca dell’eremita. Ogni dubbio cade quando Filippo, giunto dinanzi alla grotta del Santo, si sente chiamare per nome come se Silvestro lo avesse conosciuto da tempo.
Altro evento da ricordare è nel 1844, durante una visita, Filippo Bigioli; il Perfetto Leggendario ovvero vite de’ santi, Roma 1847 così descrive lo stato dell’Eremo:
« …mi presentarono ad ostro un muro di quell’antico monastero ristorato nel 1533 come ricorda una lapida tuttora esistente, ed a levante un avanzo dell’annessa vetusta chiesa di santa Maria (ov’era già serbato pregevole dipinto in tavola), la cui erezione segnata leggesi ancora coll’epoca del 1242 nell’epigrafe incisa in pietra su l’arcata di una finestra »
(Filippo Bigioli)
Fonti documentative
www.fabrianostorica.it
www.castelletta.eu
www.parcogolarossa.it
L’intera pagina è stata prodotta da Roberta Antonini che grazie alla sua passione, dedizione e impegno ha reso possibile la pubblicazione superando tenacemente tutte le difficoltà della distanza che ci separa.