Eremo di Caresto – Chiesa di S. Sisto – Sant’Angelo in Vado (PU)
L’etimologia del nome
Caresto (toponimo in carta IGM F. 115 – I N.E.) è un piccolissimo nucleo abitato nel territorio collinare circa 2 km a Ovest di Sant’Angelo in Vado, a 451 m di quota (coordinate geografiche 43°39′ 43.95″N – 12°23’12.37″E). Qui era ubicato un importante e antico castello.
Nel 1411 vennero eseguiti importanti lavori per rinsaldare le sue fortificazioni.
Assieme a Monte Maio, Baciuccaro e Sorbetolo godeva di una certa autonomia amministrativa rispetto alla comunità principale di Sant’Angelo in Vado.
Il termine Caresto dicono che proviene dal latino medioevale “carestum” (mancare di), o forse proviene dal greco (l’influsso culturale è attestato tra l’altro anche da due chiese che hanno nomi tipicamente greci: S. Agata che era dentro il castello e poco più a valle S. Sofia), dalla parola “karis” e “karistos“, cioè bello, grazioso.
Certamente deve leggersi tutto unito: cioè Caresto e non con il ca’ abbreviazione di “casa“, come si chiamano tanti predi dalle nostre parti: primo perchè quando ancora non esistevano questi modi di chiamare i poderi, già Caresto c’era, poi perchè in tutte le fonti dove troviamo questo nome in latino è “Carestum” o anche “Charestum“; ma sempre un’unica parola come Sorbetolo e Selvanera.
Chiesa di San Sisto
Un tempo era parrocchia e assieme al Bacciuccaro e a Sant’Andrea apparteneva al “Nullius” di Mercatello: nel 1180 si parla di “cappellam sancti Sixti in Charesto“.
Passata alla diocesi di Sant’Angelo in Vado nel 1636, crebbe di importanza ed ebbe nel 1682 l’Arcipretura, il che permetteva al suo parroco di comandare su altre chiese, di avere il fonte battesimale, di andare in processione con la mozzetta nera, cose che nel 1600 erano importanti, a cui si badava e si teneva.
La chiesa, a quanto fu scritto dai vecchi parroci, fu fabbricata tre volte: della prima, che era stata fabbricata in cima al campo di San Sisto, con casa parrocchiale e colonica, non vi è alcuna memoria: solo si conosce che dal dì 4 giugno 1618 al 1631 tutti i matrimoni furono fatti nell’oratorio del castello, che aveva una cappella per conto suo.
Nella Visita Pastorale del Vescovo Onorati del 1637 venne annotato che l’edificio era priva del pavimento, e
notò anche che i parrocchiani andavano alla messa ancora nella chiesa del castello, che era sotto l’ invocazione di sant’Agata.
Della seconda chiesa c’è la memoria soltanto che era nell’orto attuale della parrocchia, attaccata alla casa
Brandi e fu atterrata dal terremoto del 1781.
La terza chiesa fu fabbricata ex novo, dopo il terremoto con 400 scudi dati dal papa Pio VI.
Nel 1636 Caresto viene a far parte della nuova diocesi di Sant’ Angelo in Vado e da allora le notizie sulla parrocchia le conosciamo attraverso le visite pastorali dei Vescovi.
La chiesa attuale corrisponde a quella costruita dopo il terremoto del 1781 ed un parroco, don Giuseppe Curzi, nel 1883, la descrive minutamente: a una sola navata, restaurata più volte, con pavimento a mattoni, un piccolo presbiterio, due altari, con i quadri descritti dal vescovo Barugi (un quadro sull’altare maggiore con l’immagine della Vergine con in braccio il Bambino, San Michele Arcangelo, Santa Barbara, Sant’Agata, Sant’Antonio da
Padova e san Carlo Borromeo – questo quadro non esiste più; ci parla anche di altri quadri con rappresentati San Sisto, papa e martire, e San Martino), più altri quadri: uno in tela della Vergine del Rosario con i misteri e un altro che si porta in processione con sedia dorata e che rappresenta Maria santissima della Misericordia.
Nel dopoguerra verso il 1950-1960 andò in degrado, assieme alle case vicine, e i frati che la officiavano se ne andarono nel 1968 e la chiesa fu completamente saccheggiata.
grazie al lavoro di alcune persone tutto è stato recuperato.
Ora a Caresto si è costituito un Eremo per famiglie, che settimanalmente organizza esercizi spirituali per le famiglie e fidanzati che provengono da tante parti d’Italia.
Il 18 giugno 1993 con la presenza del Vescovo e del Clero diocesano la chiesa è stata dedicata a “Gesù Cristo Sposo della Chiesa“.
La nuova pala d’altare (che si rifà al Cantico dei Cantici) e le icone, opera di Antonio Pio Faresin, illustrano il mistero sponsale divino.
Nel 2002 (trentennale dell’attività) sono stati completati i lavori di restauro sia della chiesa sia delle varie parti dell’eremo.
Storia del Castello
Si può ritenere che Caresto esistesse come pagus (villaggio), contemporaneamente al Tifernum Mataurense (oggi Sant’Angelo in Vado).
Ottone I, imperatore di Germania, dopo che nell’anno 951 aveva stretto d’assedio San Leo, facendovi prigioniero Berengario II, ultimo infelice re d’Italia, passò a conquistare i vicini possedimenti della Massa Trabaria.
In quella circostanza avrebbe privilegiato alcuni signori dei nostri luoghi e i loro castelli, dandone alcuni in investitura a generale che con lui erano venuti dalla Germania.
Nel 1278 il papa Nicolò III, scrivendo al Rettore della provincia della Massa Trabaria, di cui Sant’Angelo era la capitale, lo esorta a ricondurre all’obbedienza della Chiesa di Roma alcuni castelli che erano finiti in potere di feudatari particolari e nomina tra gli altri i Palazzi, Borgopace, Paganico e il nostro Caresto.
Il più illustre signore del castello è il famoso letterato umanista card. Pietro Bembo; fu anche in potere dei Santucci e anche degli Ubaldini.
Nel 1673 Caresto aveva ancora le sue milizie, che allora erano comandate da Felice Brandi, il quale aveva 83 anni.
Il castello pian piano perse di importanza e divenne semplicemente un villaggio abitato da agricoltori.
Nell’ultimo secolo vi ha abitato la famiglia Brandi e il suo contadino, la famiglia Londei, il parroco e il contadino del parroco, cinque case con la chiesa.
Quando nel 1972 iniziarono le attività con il gruppo scout del paese, a Caresto non vi abitava più nessuno da almeno una decina di anni; il parroco non vi abitava da vari decenni.
La chiesa e la casa canonica erano crollate; la chiesa era diventata la stalla di un cavallo; la strada di accesso era ormai irriconoscibile, tutto era pieno di piante e rovi.
Gli scouts volevano farci un campo di lavoro, ma poi ci si affezionarono e continuarono a frequentare quel luogo, insieme ai giovani della zona, con la guida di don Piero.
Col tempo iniziò il recupero della chiesa e poi della casa canonica, tutto avveniva con l’opera dei giovani, con il saltuario aiuto di qualche genitore più esperto, così verso il 1979 la casa, ricostruita dalle fondamenta, era arrivata al tetto.
Fu in quegli anni che venne la prima famiglia ad abitare a Caresto e a fare comunità, poi ne vennero altre, nacquero bambini; si imparava a conoscere la vita di famiglia e la spiritualità matrimoniale stando gomito a gomito; vivendo e camminando insieme.
Solo qualche anno dopo fu chiaro il progetto che poi avrebbe caratterizzato Caresto: rendere questo luogo un eremo per la spiritualità delle famiglie; non un luogo destinato a fare un “convento di famiglie“, ma un luogo dove le famiglie interessato possano venire per qualche giorno, ristorarsi spiritualmente e poi tornare alle consuete occupazioni.
Fonti documentative
AAVV. – Guida storico-artistica alle Chiese di Sant’Angelo in Vado – 2005
www.caresto.it