Eremo di Calomini – Gallicano (LU)
Derivazione del nome
Il nome “Calomini” sembra derivare da Coffis Minor, probabilmente perché sorgeva su un’altura più bassa di quelle circostanti.
Già anticamente, i pellegrini arrivavano all'”Eremita” ma non facilmente; vi giungevano, infatti, a piedi o servendosi del sentiero che sale dalla strada sottostante all’Eremo fin sotto la recinzione del Santuario, oppure scendendo dal sovrastante paese di Calomini attraverso un caratteristico itinerario in meno ai boschi.
Tradizione e leggende circa l’origine del Santuario
Sull’origine dell’Eremo di Calomini troviamo varie tradizioni.
Inizialmente si narra di un miracolo nel quale rimane beneficata una donna di Calomini che, precipitata dall’alta parete rocciosa del monte, avendo invocato la Santissima Vergine, rimane miracolosamente illesa.
Altri documenti narrano la storia del ritrovamento nei pressi di una montagna, da parte di semplici pastori, di una statua della Madonna che, posta successivamente in una grotta, avrebbe ottenuto numerosi miracoli, divenendo presto meta di pellegrinaggi.
Una storia risalente all’anno mille racconta di una bambina che, arrampicandosi sulla montagna, avrebbe scoperto l’immagine della Vergine dei Martiri.
La statua sarebbe stata portata nella chiesa di Gallicano, ma in modo inspiegabile scompare per riapparire in una grotta tra il bosco.
Questo segno fu interpretato come la volontà della Madonna di rimanere in quel luogo che, inseguito, divenne meta di pellegrinaggi e nucleo sorgivo del futuro santuario.
Cenni Storici
Dalla metà del XII secolo circa, si assiste un pò ovunque ad uno straordinario sviluppo delle istituzioni eremitiche.
Le fonti storiche testimoniano l’esistenza nel territorio lucchese e pisano di una rete assai estesa di insediamenti eremitici costituiti da piccole comunità o anche da singoli individui.
Gli eremiti, pur rimanendo nell’ambito della riforma religiosa della Chiesa avviata secoli prima, scelgono volontariamente di isolarsi dalla vita e dalle consuetudini del tempo per aderire radicalmente al Santo Vangelo.
Sul territorio della Garfagnana, tali esperienze di fede sembrano trovare un’anticipazione nelle pratiche individuali di alcuni asceti come ad esempio S. Pellegrino delle Alpi, S. Doroteo di Cardoso, S. Viano di Vagli, figure che hanno goduto, dopo la morte, di una singolare venerazione da parte delle popolazioni locali e di cui ancora oggi si onorano le reliquie.
Il Santuario Eremo di Calomini è conosciuto fin dal XII secolo sotto il nome di “Romitorio della Penna di Calomini” dedicato a “Sancta Maria ad Martyres“.
Un documento attesta che il 23 luglio 1361 un certo Azzetto del fu Orsuccio da Verni (Gallicano) e sua moglie Vezzosa decidono di dedicarsi, in qualità di conversi ed oblati, alla custodia della ricordata cella.
Nel XIII secolo, si registra infatti un ampia diffusione delle istituzioni eremitiche a fianco delle quali assumono una notevole importanza le figure dei “Conversi“, cioè di quei laici che abbandonata la vita comune, si dedicano al servizio di una chiesa rurale, di un ospedale, o alla custodia di una cella, oppure all’assistenza dei poveri e degli ammalati.
Dal XVII secolo all’Eremo di Calomini risiedono più i Conversi, ma compaiono nuove figure di laici che si pongono al servizio dell’istituzione: sono gli Eremiti, o “Romiti“, i quali, contribuiscono in maniera notevole alla ripresa spirituale e materiale del luogo.
Si deve a questi anche il crescente sviluppo della devozione verso l’effigie miracolosa della Madonna di Calomini che fra il XVII e il XVIII secolo raggiunge il suo apice, attirando all’Eremo, pellegrini dalle Diocesi di Modena, Reggio Emilia, Pontremoli, Massa Carrara, Pescia, Pistoia, Pisa e Lucca e pellegrini da zone limitrofe che spesso arrivano a piedi scalzi.
Si deve in modo particolare all’Eremita Bartolomeo di Vergemoli la ricostruzione dell’altare della Madonna e le prime modifiche strutturali dell’edificio sacro.
Tra il 1710 e il 1747 si registra un incremento di popolarità dell’Eremo; infatti, sempre più numerosi sono quelli che si recano in pellegrinaggio al Santuario ed anche i lavori di perfezionamento dell’edificio sacro progrediscono in modo sorprendente: l’altare della Madonna nel 1718, l’altare di S. Biagio nel 1734, l’altare di S. Giuseppe attorno al 1743.
A seguito delle leggi Napoleoniche nel territorio della Garfagnana furono soppresse oltre cento istituzioni religiose: tra queste figura la chiesa dell’Eremita e molti dei suoi beni furono confiscati.
A fronte di tale decisione che mise in seria difficoltà la sopravvivenza dell’Eremo presero avvio i primi tentativi di mediazione fra le autorità locali, e quelle governative.
Su pressione del rettore di Vergemoli fu possibile recuperare, tra i molti beni requisiti, il simulacro della Beata Vergine che, nel frattempo, era stato trasferito a Castelnuovo.
In concomitanza con lo stesso evento, il podestà di Vergemoli si impegnò affinché fosse ripristinato il culto nella Chiesa dell’Eremita e a richiamare in loco sia il cappellano che gli eremiti.
Alcuni decenni più tardi, con l’erezione della nuova Diocesi di Massa Carrara con bolla pontificia del 18 febbraio 1822, le parrocchie della ex Garfagnana estense, compreso il Santuario, vennero sottratte alla Diocesi di Lucca e aggregate alla nuova giurisdizione ecclesiastica.
L’anno 1871 segna la chiusura della secolare attività degli Eremiti presso il Santuario: gli amministratori dell’Eremo di Calomini inviarono infatti in quell’anno una relazione al Vescovo di Massa, Mons. Giacomo Bernardi, sottolineando le numerose difficoltà nel reperire nuove figure di laici a cui affidare la custodia del luogo sacro.
Il Vescovo pertanto, affinché l’Eremo non andasse chiuso ne affidò la custodia al clero secolare esortando i Parroci e la popolazione locale a prendersi cura del complesso.
Per 15 anni l’Eremo fu officiato pertanto da un Parroco del luogo, ma dei seguenti 28 anni non abbiamo alcun documento.
Nel 1914 subentrarono i Padri Cappuccini che ne ebbero la custodia per 98 anni, fino al 2011.
Dal 2011 il Santuario Eremo di Calomini, per espresso desiderio di Mons. Benvenuto Italo Castellani, Arcivescovo di Lucca è affidato alla famiglia religiosa dei “Discepoli dell’Annunciazione“, comunità proveniente dalla Diocesi di Prato.
Aspetto interno
La chiesa è a navata unica scavata per venti metri nella roccia e ornata da particolari elementi artistici, l’Eremita sorge sulle fondamenta di una antecedente Cappella e si presenta con un porticato che introduce con tonalità solenne nella seicentesca Chiesa.
Di particolare risalto troviamo:
– il grande portale formato da uno spartito in quattro formelle grandi, in cui sono raffigurati i quattro Evangelisti, e due piccole, ove sono scolpiti due cherubini;
-l’altare maggiore e il tabernacolo influissimo marno bianco, giallo e rosso;
-gli altari laterali in marmo e in pietra locale;
-gli antichi confessionali e pulpito in legno del XVIII secolo;
– i due cori in legno dietro l’altare maggiore di noce intagliato del 1721-1722;
– i pregevoli dipinti presenti nel Santuario raffiguranti: la natività della Beata Vergine con gli angeli, la Sacra Famiglia (chiamato anche Dipinto di San Giuseppe), San Matteo e l’angelo, San Marco Evangelista, Sant’Antonio da Padova, San Michele con San Luigi Gonzaga, San Biagio;
– i grandi lacunari presenti sulla volta del presbiterio raffiguranti episodi biblici e iscrizioni degli operatori dei vari lavori all’Eremo;
– La miracolosa effige della Beata Vergine dei Martiri situata dietro al presbiterio dentro una nicchia scavata nella roccia.
Dalla chiesa si accede all’antica Sagrestia che fu il nucleo originario del luogo di culto. Probabilmente come l’antica cappella esterna al Santuario (detta Grotta), è stata scavata nella roccia intorno all’anno Mille.
I mobili che la arredano sono del XVII secolo riccamente scolpiti e intarsiati in legno di noce e castagno.
All’interno dell’Eremo, oggi non visitabile, anticamente si trovavano le cellette degli eremiti scavate nella roccia e i locali comuni della comunità (cucina, refettorio, ecc).
L’iscrizione sulla lunetta sopra l’ingresso del Santuario ricorda ai pellegrini la possibilità di ricevere l’indulgenza plenaria concessa da Papa Pio VII e valida in perpetuo, cioè la remissione della colpa dovuta al peccato.
L’indulgenza è concessa ai fedeli che, visitando il Santuario, si accosteranno ai sacramenti della Confessione e della Comunione e reciteranno il Credo, il Padre nostro, l’Ave Maria e il Gloria al Padre secondo le intenzioni del Papa.
Fonti documentative
Opuscolo in loco a cura dei Discepoli dell’Annunciazione