Domus del Chirurgo – Rimini (RN)
Cenni Storici
L’area è estesa su 700 mq, comprende diverse costruzioni, di cui la più interessante è la cosiddetta Domus del Chirurgo. Si tratta dei resti di un’antica domus romana risalente al II secolo d.C. Lo scavo ha portato alla luce anche altre strutture di rilievo: resti di una abitazione tardo imperiale, tracce di un insediamento altomedievale econ un grande sepolcreto sottostante che evidenziano una notevole stratificazione storica. Di notevole importanza è il gran numero di reperti e mosaici ritrovati all’interno: ben conservati, hanno permesso una fedele ricostruzione della casa e dell’identità del proprietario, oltre a far luce su un passato affascinante. Il reperto forse più eccezionale è una collezione di ben 150 strumenti chirurgici che non hanno lasciato dubbi circa l’identità del padrone di casa: un medico. Pare che Eutyches, questo il suo nome, provenisse da ambienti ellenici e, come spesso accadeva nell’antichità, si fosse poi formato sui campi di battaglia. In effetti, gli strumenti ritrovati venivano usati soprattutto per traumi ossei e ferite, lasciando immaginare che Eutyches fosse un medico militare. Il complesso archeologico di piazza Ferrari ha svelato la presenza di edifici storici di epoca differente, strutture stratificate che raccontano 2000 anni di storia. Oltre alla Domus del Chirurgo, sono emersi anche un palazzo tardoantico e resti altomedievali.
La casa del chirurgo
Si trova nella zona settentrionale dello scavo di piazza Ferrari. È la struttura principale: il suo ottimo stato di conservazione e la ricchezza del corredo di reperti, ne fanno un sito archeologico di rilievo. Risalente al II secolo d.C., la domus è uno splendido esempio di architettura romana, con le sue stanze dai pavimenti musivi e i soffitti e le pareti decorate da affreschi policromi. La casa, di proprietà di un medico chiamato Eutyches, ha restituito una gran quantità di reperti, di cui il principale è una cassetta contenente 150 ferri chirurgici. È stato semplice, allora ricostruire l’identità del padrone di casa: un medico militare proveniente probabilmente dalla Grecia. La domus venne distrutta da un incendio verso la metà del III secolo ad opera di una scorreria di Alemanni.
Il palazzo tardo antico
Alla distruzione della domus, circa a metà del III secolo d.C., seguì la costruzione di nuove mura cittadine, che in parte inglobarono anche la domus. L’area non venne più abitata fino al V secolo, quando Onorio spostò la capitale a Ravenna. Al V-VI secolo risale, infatti, un palazzo che gli scavi hanno riportato alla luce nella zona meridionale del complesso. Si tratta di una costruzione probabilmente di proprietà di un ricco dominus. Il palazzo si sviluppava intorno ad un giardino interno abbellito da una fontana a ninfeo con canali e comprende molte stanze, ornate da mosaici policromi a motivi geometrici, affacciate su un corridoio. Alcune di esse risultano anche riscaldate. L’agiatezza del padrone di casa è dimostrata inoltre dalla presenza di un’aula absidata, che probabilmente veniva usata come sala di rappresentanza. Il palazzo cominciò a decadere nel VI secolo, ai tempi della guerra tra Goti e Bizantini.
Il cimitero del periodo altomedioevale
Dopo il decadimento del palazzo tardo antico, distrutto e interrato, l’area fu adibita a sepolcreto, forse collegato a un vicino edificio religioso. A quel tempo, infatti, era uso comune seppellire i morti all’interno della città. I corpi, ancora visibili nello scavo, venivano sepolti in fosse molto semplici, talora solo coperti con tegole, tanto da danneggiare addirittura i pavimenti sottostanti. L’area venne usata come cimitero fino al VII secolo, dopodiché furono costruite nuove strutture abitative. Gli scavi, infatti, hanno riportato alla luce i resti di una abitazione risalente al periodo altomedievale. Era circondata da spazi aperti, forse coltivati ad orto ed era stata edificata con materiali deperibili: legno, argilla e terra battuta. Alcune di queste strutture sono ancora visibili, come il grande focolare. Dopo l’VIII secolo, infine, l’area rimase disabitata e venne ricoperta da strati di terreno. Infine, tra Cinquecento e Settecento, il sito divenne luogo di deposito per le provviste dei vicini conventi di san Patrignano e delle Convertite.
Il proprietario della Domus era un medico militare venuto da Oriente e si chiamava, con ogni probabilità, Eutyches.
Identikit del medico
Il suo identikit si ricava dagli indizi sparsi un po’ ovunque tra i reperti della domus. Che fosse un medico non ci sono dubbi, vista la straordinaria quantità di strumenti chirurgici rinvenuti: ben 150 pezzi per la collezione medica più importante del mondo per numero e tipo di oggetti. Ferri di questo tipo venivano utilizzati per la chirurgia delle ossa e delle ferite. Ad esempio, quel pezzo unico al mondo che va sotto il nome di “Cucchiaio di Diocle”: un lungo manico bronzeo terminante con una lamina con al centro un foro, che doveva servire per l’estrazione della punta di freccia dalla carne. Si può così comprendere come Eutyches non solo fosse medico, ma un medico militare, abituato ad operare sui campi di battaglia.
La domus possedeva una stanza in cui il medico visitava i suoi pazienti, li operava e a volte li ricoverava, la taberna medica, una sorta di ambulatorio che si affacciava sul cortile interno della casa e godeva di ingresso indipendente. Su un muro del “cubiculum”, un’iscrizione recita: “Eutyches homo bonus”. La frase, probabilmente opera di un paziente ricoverato, ha fatto luce sul nome del medico, di probabile origine greca. D’altra parte, l’origine ellenica di Eutyches si legge in ogni angolo della casa, dai mosaici, alle decorazioni di spiccato gusto orientale, dalle scritte in greco rinvenute su quei vasetti che il dottore usava per la preparazione e la conservazione dei farmaci, al piede della statua di Ermarco, filosofo epicureo, rinvenuto in giardino.
Se l’origine greca del medico pare ampiamente comprovata da questi indizi archeologici, altrettanto reale appare la personalità di Eutyches: uomo raffinato, amante del bello, colto. Eutyches nutriva la sua casa di gusto e ricchezza, ma senza dimenticare un forte sentimento religioso. Lo testimonia una mano votiva bronzea ritrovata nel suo ambulatorio. Si tratta di un atto di devozione a Giove Dolicheno, protettore dei soldati. Eutyches: colto, raffinato e un po’ esteta da una parte, pratico e scaltro nella professione medica dall’altra, capace di combinare un forte senso religioso con il nutrimento filosofico dell’anima. Numerosi gli oggetti ritrovati all’interno della domus, ora conservati al museo della città. Tra cui: vasellame da cucina e da mensa, un ottantina di antiche monete e, soprattutto, 150 ferri chirurgici.
I ferri del mestiere
Eccezionale la collezione di strumenti chirurgici ritrovata in casa del chirurgo. Ammontano a 150 i pezzi: la più ricca collezione chirurgica al mondo per completezza e numero di oggetti. Del tutto assenti gli strumenti di carattere ginecologico, restano quelli indicati per traumi ossei e ferite, a dimostrazione della natura militare della professione medica di Eutyches. Tra gli altri, c’è anche un pezzo unico al mondo, il “Cucchiaio di Diocle”. Si tratta di uno strumento usato nell’antichità per estrarre le punte di freccia dalla carne. Costituito da un lungo manico di ferro, termina ad una estremità con una lamina a cucchiaio con al centro un foro che doveva servire ad estrarre la freccia.
Le suppellettili
Gli scavi hanno portato alla luce una serie di vasetti in terracotta che si trovavano nella stanza di Orfeo. Le incisioni che recano impresse parlano chiaro circa la loro funzione: servivano per la preparazione e la conservazione dei farmaci. Con questi, era presente anche un vaso termico a forma di piede per le applicazioni terapeutiche. Tra i reperti, anche vasellame da cucina e da mensa e un’ottantina di monete, abbandonate sul pavimento, probabilmente al momento dell’incendio. La loro presenza, particolarmente preziosa, ha reso possibile fissare la data dell’incendio entro il 260 d.C.
Le decorazioni
Il triclinium (sala da pranzo) della domus ha restituito un quadretto in pasta di vetro, raffigurante 3 pesci dai colori vivaci su sfondo blu. Esso, originariamente posto su una piccola mensola di marmo, interpreta il gusto orientale del padrone di casa, gusto che si riflette pienamente nell’arredamento e nei decori. Inoltre, richiama l’ambiente marino che dalla casa distava pochi passi. Dalle macerie sono emerse anche altre decorazioni, come frammenti di affreschi policromi, a motivi floreali o animali, che anticamente decoravano soffitto e pareti. Tra le altre, anche una scena del porto. Dal giardino, invece, proviene un bacile di marmo e il piede di una statua di Ermarco, filosofo epicureo. Questo indizio, oltre ad affermare l’interesse di Eutyches per la filosofia epicurea, comproverebbe la sua origine greca.
Dalla scoperta all’apertura 1989 – 2007
Nel 1989, a Rimini, durante i lavori di riqualificazione di piazza Ferrari, vennero alla luce i primi frammenti di quello che sarebbe stato un grande complesso archeologico. La zona fu allora recintata e vietata al traffico ed ebbero inizio importanti campagne di scavo (1989-1997), condotte dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna in collaborazione con i Musei Civici di Rimini. Emerse così, anno dopo anno, una stratificazione storica inaspettata, testimone di un’evoluzione insediativa dall’età repubblicana a quella moderna.
L’elemento di maggior rilevanza è la “Domus del chirurgo”, risalente al II secolo d.C. Del grande complesso archeologico, esteso su una superficie di 700 mq, fanno parte anche i resti di un palazzo tardorepubblicano (V-VI secolo) e quelli di un edificio altomedioevale (VIII secolo) sotto i cui pavimenti è distesa una vera necropoli. Durante gli scavi, durati 10 anni, i primi a fare la loro comparsa furono un muro in laterizio e 3 muri in argilla compressa. Delimitato all’interno di questo perimetro, era un mosaico policromo. Procedendo con lo scavo, si scoprì, di fianco a questa prima stanza, una stanza più piccola con mosaici bianchi e neri. Tra i primi reperti, anche una cassetta in bronzo, contenente una grande quantità di strumenti, identificati poi con ferri chirurgici. Fu subito chiaro, dunque, che si trattava di un sito archeologico molto importante.
A quel punto, non restava che decidere circa il progetto di conservazione della domus. Dopo 10 anni di scavi, dovettero passarne altri 8 prima dell’apertura al pubblico. Finalmente, il progetto venne approvato nel 2001, data di inizio dei lavori. Si optò per la costruzione di una struttura intorno allo scavo che oltre a proteggerlo dagli insulti del tempo e del meteo, avrebbero permesso ai visitatori di godere pienamente dell’emozione antica che tale patrimonio archeologico ha da offrire.
Si tratta di una grande “campana” in vetro e acciaio: il perimetro è costituito da vetri che impediscono il passaggio dei raggi solari all’interno e garantiscono nel contempo una visione degli scavi anche dall’esterno. Il tetto, invece, è un giardino pensile con piante mediterranee, interrotto a tratti da lucernai a nastro in grado di assicurare il ricambio dell’aria. All’interno, 3 passerelle di vetro sospese a circa 2 metri dallo scavo guidano i visitatori tra le stanze di “casa Eutyches”! L’inaugurazione ha aperto ufficialmente i battenti della “Domus del chirurgo” il 7 dicembre 2007.