Cripta del Duomo – Città della Pieve (PG)


 

Cenni Storici

Gli ambienti scoperti durante dei lavori di restauro del Duomo eseguiti nel 2017 hanno portato alla luce imponenti resti di una struttura loggiata poggiante su massicci pilastri in pietra arenaria che sostenevano ampie volte costolonate abbattute alla fine del XVI secolo per edificarci sopra il duomo; le colonne e parte della muratura si è salvata fortunatamente perché era una solida base per la struttura che si andava a costruire sopra.
Purtroppo la scarsità di documenti precedenti al XVI sec. non aiutano a capire di che struttura si tratta perché gli archivi di Chiusi sono andati distrutti in un incendio per cui è stato difficile ricostruire le fasi storiche dell’edificio, ma i frammenti pittorici trovati hanno fatto ipotizzare che si trattasse dei resti dell’antica pieve gotico-romanica su cui nel XVII secolo è stato edificato l’attuale Duomo di Città della Pieve.
I pochi frammenti pittorici ritrovati nelle costolature delle volte e frammenti sulle pareti sono stati studiati dallo storico dell’arte Luca Castrichini, che ha effettuato il restauro e dallo storico locale Luca Marchegiani, i quali hanno attribuito i dipinti a Benozzo Gozzoli, uno dei massimi esponenti del Rinascimento italiano, morto nel 1497.
I frammentari affreschi, di grande qualità esecutiva, che in origine coprivano le pareti fanno pensare inequivocabilmente al Gozzoli in quanto richiamano un’opera precedente del pittore fiorentino realizzata ad Orvieto, come collaboratore del Beato Angelico.
Infatti la decorazione tripartita, con fasce verdi di alloro al centro, scure a sinistra e amaranto a destra, con fiori appena sbocciati, chiusi o completamente aperti, è opera di un medesimo cartone che Gozzoli ha proposto nei costoloni della cappella di San Brizio ad Orvieto e, successivamente anche nella cappella Nicolina a Roma, che farebbe datare gli affreschi di Città della Pieve al 1450 circa, più precisamente al periodo successivo alla chiusura del cantiere di Orvieto.
Seppure ci troviamo di fronte a pochi frammenti colpisce la qualità di alcuni dettagli che miracolosamente sono giunti fino a noi, tra questi un prato che, malgrado, la perdita dell’intera declinazione dei colori verdi, sembra un tratto distintivo del Gozzoli.
Le decorazioni delle costolonature sono chiaramente il frutto del cartone che proviene dalla bottega dell’Angelico nel cantiere orvietano dove il suo collaboratore più fidato era Benozzo Gozzoli, ricordato nella delibera dell’11 maggio come “suo consotio“.
Nel contratto del 14 giugno 1447 veniva stabilito che gli sarebbero stati versati 7 ducati d’oro al mese, agli altri collaboratori “Iohannis Antonii de Florentia, 2 ducati d’oro, e a Iacobi… de Poli 1 ducato d’oro“.
Il poter riproporre un modello o cartone in altri cantieri, negli statuti e nelle regole delle botteghe medievali e rinascimentali, era prerogativa assoluta del maestro o del consocio, dunque, impensabile poter ipotizzare degli altri esecutori al di fuori di essi.
Sappiamo sempre dalle fonti che Angelico consiglierà all’Opera del duomo di far proseguire il cantiere a “Benocci Lesi de Florentia” (Gozzoli) e che l’ormai trentenne pittore si trattenne una seconda volta nella città della rupe per 6 mesi, dal luglio al dicembre 1449, nella speranza di ottenere la commessa per la conclusione della cappella.
La fascia di alloro con o senza fiori è una peculiarità di Benozzo, con la variante dei nastri avvolgenti e senza fiori, si ritrova nelle prime opere come a Montefalco in San Francesco, qui avvolti con nastri e, similmente, nelle tarde opere come la cappella di San Tommaso a Certaldo e il tabernacolo della Tosse di Castiglion fiorentino.
Evidente anche il modo, gozzolesco, di inserire i santi all’interno di tondi e in questo caso troviamo due sante: S. Maria Maddalena e Santa con velo e palma fiorita (forse Santa Filomena) uniti da una decorazione a girali con fiori e boccioli ed angeli monocromi, di grandissima qualità.
Colpisce anche un frammento con l’immagine di Eva che nuda nel giardino dell’Eden dopo il peccato originale si copre con le mani le parti intime ed il seno, figura speculare di quella che è presente a Firenze nella Cappella Brancacci eseguita dal Masaccio, quindi chi ha fatto questa figura a Città della Pieve doveva conoscere bene la pittura fiorentina e questa figura in particolare.
Non si conosce nemmeno a chi fosse dedicata questa chiesa, ma si suppone che possa trattarsi di San Bartolomeo, riportata in antiche cronache.
Un brandello di muro a pietra a fasce bianche e grigie ci fa capire come doveva comparire all’esterno la struttura, molto simile alle pievi toscane in pietra bicrome a differenza delle strutture locali completamente in mattoni.
L’inaugurazione delle cripte del Duomo restaurate e visibili è avvenuta domenica 15 ottobre 2017 in occasione delle giornate FAI d’autunno.
L’ingresso della Cripta è situato alla base del campanile del Duomo.
 

Fonti documentative

https://www.primapaginachiusi.it/2017/09/eccezionale-scoperta-citta-della-pieve-nella-cripta-del-duomo-frammenti-di-dipinto-di-benozzo-gozzoli-della-meta-del-400/

https://www.fondoambiente.it/luoghi/cripte-del-duomo-di-citta-della-pieve?gfp

 

Mappa

Link coordinate: 42.952612 12.004375

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