Cripta dei Santi Isacco e Marziale – Spoleto (PG)


 

Storia e leggenda

Impropriamente definita cripta di Sant’Ansano, in realtà è la cripta di una precedente chiesa, non più esistente, a sua volta sorta su una più antica, orientata in direzione inversa rispetto all’attuale chiesa di Sant’Ansano, con la facciata rivolta verso il foro, come l’antico tempio di cui forse ha rappresentato la continuità dopo l’avvento del cristianesimo.
Col tempo l’accumulo della terra alzò il livello stradale, così fu costruita una nuova chiesa sopra l’ex tempio, invertendone l’orientamento.
La più antica chiesa ne divenne la cripta.
Sulla datazione della chiesa antica, poi cripta, i pareri non sono concordi: i capitelli delle colonne sono stati datati fra il VIII e il IX secolo, periodo a cui potrebbe essere attribuita la costruzione, ma è possibile che alcuni elementi siano di spoglio, appartenenti al precedente edificio, il che potrebbe posticipare la costruzione della chiesa ai secoli XI e XII, opinione prevalente degli studiosi.
 

Storia di Sant’Isacco

La storia di Sant’Isacco ha inizio dalla lontana Siria.
L’11 aprile del 491 d.C. si insedia sul trono dell’Impero Romano d’Oriente Anastasio I Dicoro, fedele all’eresia monofisita, fin qui è storia, poi inizia la leggenda che però probabilmente deriva in larga misura da fatti realmente accaduti, ancorché non documentati da fonti: trecento monaci siriaci, per sfuggire alle persecuzioni, agli albori del VI secolo, s’imbarcano verso l’Italia.
Accolti qui da Papa Ormisda, con la sua autorizzazione si recano ad evangelizzare popoli che vivono sull’Appennino umbro marchigiano e fra cui il cristianesimo non era ancora molto diffuso.
Fondano eremi e abbazie lungo la via Flaminia o nei suoi pressi: Spes, Eutizio, Fiorenzo, si dirigono presso la valle Castoriana, Mauro e suo figlio Felice nei pressi di Sant’Anatolia, Lazzaro e Giovanni nei pressi di Ferentillo, ove ora sorge l’antica Abbazia, Giovanni Panarense si ferma nei pressi di Spoleto, Lorenzo Siro se ne va a fare il vescovo di Forum Novum e fonda l’Abbazia di Farfa.
Isacco, giunto a Spoleto, si rende subito famoso per un fatto prodigioso avvenuto poco dopo il suo arrivo.
Fermatosi, infatti, a pregare in una chiesa della città, al termine del terzo giorno di ininterrotte orazioni ne è cacciato in malo modo dal custode che, dopo averlo insultato, percosso e tacciato di impostore per il suo devoto comportamento, è invasato dallo spirito maligno, da cui poi lo libera miracolosamente lo stesso Isacco.
Ritiratosi quindi sul Monteluco vi conduce per qualche tempo vita eremitica, poi gli appare la beata Vergine che lo esorta a costruire un monastero su quell’altura, per accogliervi quanti desideravano far vita religiosa sotto la sua disciplina.
Secondo un’antica tradizione una matrona di nome Gregoria, avrebbe donato i suoi possedimenti sul colle di Monteluco a Isacco, che, grazie a ciò fonda il monastero e costruisce una prima chiesa, dedicata a San Giuliano, martirizzato assieme alla moglie Basilissa nel 302 sotto Diocleziano.
Le informazioni sulle origini del movimento sono contenute essenzialmente ne “I dialoghi” di Papa Gregorio Magno, che narrano la storia di Isacco, appresa direttamente dai racconti di due religiosi che lo avevano conosciuto di persona: la vergine spoletina Gregoria e l’amico Eleuterio, abate di San Marco; il racconto, depurato dalle parti agiografiche, conferisce piena storicità alla figura di Isacco.
I Dialoghi gregoriani rimproverano ad Isacco la sua esuberante ilarità.
Anche i miracoli riferiti ne sono soffusi.
Una notte alcuni ladri entrano nell’orto del convento per rubare gli ortaggi, ma vi trovano una vanga per uno e, invece di continuare con il furto, prendono a dissodare il terreno per tutta la notte.
La mattina seguente Isacco, dopo aver ordinato ai suoi discepoli di apparecchiare e preparare da mangiare per quegli improvvisati operai, entra nell’orto e li invita a riposarsi e mangiare, che hanno già lavorato abbastanza.
Dopo rifocillati, li saluta e li ricompensa del lavoro svolto donando vari prodotti del suo orto, invitandoli per il futuro a bussare e chiedere, ma non rubare più.
Un giorno due girovaghi, dopo aver nascosto i loro abiti buoni nella cavità di un albero, si presentano ad Isacco con vesti talmente lacere da sembrare quasi nudi e chiedono di essere rivestiti per amore di Cristo.
L’eremita manda in segreto un suo discepolo a prendere le vesti nascoste nell’albero; poi le porge ai due vagabondi, che, con gran sorpresa, si vedono regalare i loro stessi abiti.
Un garzone, incaricato di portare al monastero sporte di cibo, ne nasconde una lungo la via.
Isacco lo ringrazia e lo invita a fare attenzione quando aprirà la sporta nascosta, poiché vi troverà un serpente che potrebbe ferirlo.
Altre notizie, ancora di minore attendibilità, sono contenute in tre Leggendari d’origine monastica del XII e XIII secolo.
Gregorio Magno lega genericamente la cronologia di Isacco alla dominazione dei Goti in Italia.
Le spoglie di Isacco furono portate nella chiesa intorno all’anno 1500 dai Canonici lateranensi, che abbandonano il monastero di San Giuliano, ormai in estrema decadenza, e si trasferiscono in città, nella chiesa già dedicata ai Santi Ansano e Isacco.
L’altro santo cui è dedicata la cripta, Marziale fu il successore di Isacco alla guida del movimento eremitico.
 

Interno

La cripta è divisa in tre piccole navate, distinte da colonne di spoglio e ricoperte da volte a crociera; nelle pareti laterali si aprono alcune feritoie a strombo; un’abside curvilinea chiude la navata centrale che un tempo proseguiva al piano superiore in continuità con l’abside della chiesa di Sant’Isacco.
L’ingresso era stato risolto con una specie di nartece interno aperto verso la navata centrale con tre aperture, la centrale ad arco e le laterali con architravi.
Il pavimento è in marmo bianco, l’altare è del 1969.
Decorazioni pittoriche in origine ricoprivano l’intera cripta comprese colonne e capitelli.
Attualmente gli affreschi del XI-XII secolo, pur mantenendo colori vivi, hanno un aspetto molto frammentario che li rende poco decifrabili.
Sono stati ricollocati in situ nel 1971 dopo un precedente distacco e restauro, gli stessi sono stati attribuiti a maestranze spoletine influenzate dalla pittura romana.
Nella prima campata di sinistra, gravemente danneggiata dall’apertura di una finestra e da perdite d’intonaco, è raffigurata l’Ultima Cena; singolare è la rappresentazione con pane e pesci come cibo.
Sempre a sinistra, nella campata successiva, Decapitazione di un Santo e San Marziale portato in cielo da quattro angeli.
Segue un affresco staccato raffigurante la Madonna col Bambino tra Angeli.
Poi un frammento in situ raffigurante un Santo Monaco, probabilmente Sant’Isacco.
Nella campata absidale, al registro superiore, sono raffigurati a sinistra Angelo e due Santi Monaci, a destra Cristo in trono benedicente tra angeli e San Marziale, si legge su due righe la scritta: MARTIAL.
Al registro inferiore un Santo Monaco, forse Sant’Isacco, che con le mani arresta un montone infuriato seguito dal gregge mentre due giovani monaci assistono alla scena; l’episodio manca dal leggendario di Sant’Isacco.
Nella prima campata a destra dell’abside al registro superiore scene frammentarie non facilmente identificabili, tra cui un Giovane nimbato con mantello tiene per mano un ragazzo; al registro inferiore sono affrescate le scene del miracolo già descritto, Sant’Isacco e il ragazzo con le sporte di cibo.
Nella campata successiva la scena è quasi completamente perduta, si distinguono solo due Monaci incappucciati.
Nella parete d’ingresso, sopra la porta di destra è raffigurata la Lavanda dei Piedi.
A seguire, in posizione centrale la Cattura di Cristo.
La chiesa custodisce le spoglie di Sant’Isacco raccolte dentro una copia del sarcofago; l’originale è conservato al museo nazionale del Ducato.
Opera di un anonimo scultore robusto scultore romanico che fa ampio sfoggio di citazioni archeologiche realizzato in pietra calcarea nel XII secolo misura cm 72x215x76, proviene dalla chiesa di San Giuliano sul Monteluco a Spoleto.
Il grande sarcofago a vasca è ornato sulla fronte da un clipeo con il Redentore benedicente a mezza figura, attorniato dagli emblemi dei quattro Evangelisti; sulla sinistra è la Vergine che compie un gesto di intercessione, seguita da un monaco, probabilmente Sant’Isacco, e da un uomo in abito apostolico; sulla destra è un secondo monaco, probabilmente San Marziale, seguito da un uomo in abito apostolico e da un vescovo.
Il fregio è chiuso alle estremità da due telamoni barbuti; sopra e sotto corrono festoni a treccia.
Nel 1502 Alessandro VI soppresse il monastero di San Giuliano e le reliquie di Sant’Isacco furono traslate all’interno delle mura di Spoleto.
Rimasto oramai vuoto, il sarcofago fu venduto nel 1810 ad un muratore di Spoleto che lo utilizzò come vasca per l’acqua.
Nel 1902 fu illegalmente posto in vendita a Roma, ma grazie all’interessamento di Giuseppe Sordini l’anno seguente lo Stato lo acquistava per la Pinacoteca di Spoleto.
 

Chiesa di Sant’Ansano

La soprastante chiesa di Sant’Ansano, rinnovata nel tardo Settecento da Antonio Dotti, conserva al suo interno nel primo altare a destra, un tempo chiamato Cappella dei Lombardi, nel 1907 Giuseppe Sordini ha riportato alla luce, nascosto da una tela settecentesca, parte di un affresco di Giovanni di Pietro detto Lo Spagna, raffigurante una Madonna col Bambino, uno dei pochi resti dell’antica chiesa sopravvissuto al rinnovamento settecentesco.
Nel fianco sinistro della chiesa rimangono inserite le strutture dell’antico tempio.
Dalla strada si osservano lo stilobate e la parte del tempio a cui è attaccata la muratura a grossi blocchi della cripta di Sant’Isacco; lo spazio del pronao con il frammento dell’unica colonna conservatasi, il muro della cella con frammenti della trabeazione e la sua prosecuzione, appartenente all’ingrandimento della chiesa in età medievale.
Nel muro dello stilobate è inglobato un pozzo, probabilmente precedente al tempio.
A destra della chiesa, nell’annesso convento, si ammira un chiostro cinquecentesco.
 

Nota

La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
 

Fonti documentative

F. Donnini – La cripta dei Ss. Isacco e Marziale nella chiesa dei Ss. Ansano e Antonio a Spoleto: una piccola scoperta iconografica – in Bollettino della Deputazione di storia patria per l’Umbria, CXIV (2017), fasc. I-II
L. Gentili – L. Giacchè – B. Ragni – B. Toscano – L’Umbria – Manuali per il territorio – Spoleto - Roma, 1978
M. Guardabassi – Indice-guida dei monumenti pagani e cristiani riguardanti l’istoria e l’arte esistenti nella provincia dell’Umbria – Perugia, G. Boncompagni, 1872
L. Jacobilli – Vite dei Santi e dei Beati dell’Umbria – Foligno, 1754
A. Sansi – Storia del Comune di Spoleto – Spoleto, 1876
 

Mappa

Link coordinate: 42.733007 12.737123

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