Convento di Santa Maria Assunta della Spineta – Fratta Todina (PG)

Posto su un’amena collina, da cui si gode un panorama affascinante, che abbraccia l’intera valle da Perugia a Todi, isolato, lontano da rumori, incastonato in un bosco secolare, è il luogo ideale per la meditazione, per sentirsi ristorati nel corpo e nello spirito.

 

Cenni Storici

Il convento di Maria Vergine Assunta, per secolare usanza, è più comunemente conosciuto come convento della Spineta.
Non si conoscono le origini del convento, poiché le notizie storiche sono scarsissime e nemmeno sul nome Spineta ci sono notizie certe, ma si sono avanzate solo delle ipotesi.
In un’antica cronaca si legge: “dicasi Spineta o Spineto dalla moltitudine di spine che questa terra produce“; non sappiamo se questa sia la vera ragione del toponimo o se piuttosto non si sia voluto far riferimento alle spine della corona del Cristo come sembrerebbero attestare altri luoghi di devozione dell’Umbria.
Ancora oggi comunque per una antica tradizione nell’orto del convento si coltivano ancora alcuni cespugli di uva spina.
In merito alle origini, qualcuno ha voluto attribuire allo stesso San Francesco le origini del Convento, senza però alcuna prova documentaria.
Quasi sicuramente il convento esisteva sin dai primordi dell’Ordine, ma il primo documento certo è una Bolla di papa Nicolò V data 5 giugno 1291 e spedita su richiesta del guardiano e dei frati di Montione, che conteneva una indulgenza di un anno e quaranta giorni per coloro che avessero visitato la chiesa nelle ricorrenze della Natività, Annunciazione, purificazione e Assunzione di Maria Vergine, di San Francesco, di Sant’Antonio e di Santa Clara nel giorno della sua dedicazione (“…et anniversario die dedicationis ecclesie...”) e negli otto giorni seguenti.
Non c’è riferimento specifico alla Spineta, ma è evidente l’errore nel confondere la chiesa di Montione con il convento che dista appena due chilometri; infatti si sa che intorno all’ultimo quarto del XIII secolo la chiesa del castello era già consacrata a San Salvatore e che, retta da un priore, era stata precedentemente per alcuni decenni una pertinenza della benedettina chiesa di Santa Maria di Collattone che era passata all’Ordine femminile francescano nel 1236.
Inoltre nella bolla di Nicolò IV si legge che la chiesa faceva capo ad un guardiano e ad un convento per cui è inevitabile che si parlasse del convento della Spineta e non della chiesa del castello di Montione.
Il nome Spineta compare ufficialmente per la prima volata nel 1329 negli atti di un processo per eresia intentato conto Michele da Cesena che aveva seguito a Todi nel 1238 Ludovico il Bavaro e l’antipapa Nicolò V (Pietro Rinalducci da Corvara) e che nel Tempio di San Fortunato nel corso delle prediche aveva pronunciato parole di fuoco contro il papa di Avignone Giovanni XXII.
Una seconda citazione si trova nello statuto di Todi del 1337 nel quale era stata introdotta espressamente per il convento della Spineta, una norma procedurale relativa alla facoltà riconosciuta eccezionalmente al suo guardiano di nominare procuratori “ad accusandum” nei reati di “dannodato” (reati e danneggiamenti contro il piccolo patrimonio agricolo) dinanzi al giudice di Todi di essere considerati in quella curia “come cittadini todini“.
Il convento decadde dopo la peste nera del 1348-49, ma circa trent’anni dopo riconquista l’antica dignità per merito di Gregorio XI che 28 luglio 1373 riconobbe al beato Paoluccio Trinci da Foligno la facoltà di insediarvi, insieme con altri dieci luoghi, il movimento francescano detto dell’Osservanza.
Da poco più di un oratorio, la Spineta, dopo l’arrivo degli Osservanti, comincia a beneficiare di innumerevoli lasciti “pro redemptione anime“.
Fra questi benefattori c’è Monaldo Monaldeschi che apportò anche diverse modifiche architettoniche e strutturali al convento occupato dai frati zoccolanti fra cui, a lui si attribuisce nel 1394 l’ampliamento della chiesa e del recinto che perimetra il terreno del convento.
Con i lasciti affluiti per tutto il XIV secolo si aprirono e si chiusero cantieri nella chiesa e nel convento che fu dotato anche di un chiostro sopra al quale si affacciavano gli alloggi e le celle dei frati.
Lo stesso muro di cinta che cingeva la selva e del convento fu rifatto da nuovo nel 1473 da Francesco di Angelo Cecconi detto “Il Polissena” sindaco e procuratore della chiesa e del convento che commissionò a mastro Pietro di Martino e mastro Guglielmo Filippo da Bellinzona l’opera.
Il muro divenne alto sette piedi e largo tre (circa m 2,80 per 1,20) comprese le fondamenta per una spesa di 40 bolognini (equivalenti ad un fiorino d’oro) a pertica (la pertica todina misurava circa m 2,28) oltre ad un petitto o boccale di vino e pane per ogni maestro ed operaio.
Il convento, che dopo tale opera si era trasformato in una vera e propria fortezza, possedeva poderi e mulini che assicuravano una tranquilla rendita.
Il 21 dicembre 1724 il vescovo Gualterio pose la prima pietra della nuova chiesa dato che la vecchia, consacrata nel 1629 alla beata Vergine Assunta dal vescovo Cenci, era “assai angusta riguardo al popolo che affollato concorre da’ terre e castelli circonvicini“.
L’opera fu completata nel 1757 con la consacrazione dell’altare nel quale il vescovo di Todi pose le reliquie dei santi Bartolomeo, Fortunato, Callisto, Cassiano, Degna e Romana.
Tra le reliquie, c’era anche una “taschetta” di tela di san Bernardino portata alla Spinta da fra’ Pietro da Siena il 15 maggio 1455.
Nel corso dei lavori fu ampliato il coro, l’arco del presbiterio fu ornato di pitture, la sacrestia venne arredata con un sontuoso paratorio.
L’Alvi, ricordando che questo nuovo edificio era stato costruito grazie ad un generoso legato di Giacomo Pellegrini da Montecastello, ne giudicò eccessiva la mole “più ampia e maestosa molto superiore alla qualità mendicante de’ medesimi [frati] ove si mantiene l’Osservanza esatta essendovi il noviziato“.
I problemi strutturali però cominciarono subito in quanto comparvero le prime crepe essendo la struttura costruita su una falda superficiale che ne minava la stabilità.
Nel 1828 i lavori di stabilizzazione furono affidati all’architetto perugino Germano Bertuccoli che fece scavare le fondamenta per creare un drenaggio, fece costruire dei contrafforti e speroni sulle fiancate laterali e un porticato davanti alla facciata.
I lavori durarono per 14 mesi e per coprire le spese di mille ducati il Governo Pontificio si trattenne la pala della Natività dello Spagna.
Essendo il convento anche sede del noviziato fu necessario ampliare il convento con la costruzione di un dormitorio che fu realizzato tra il 1692 e il 1695.
Il convento ospitò anche un Capitolo generale dell’Ordine il 5 maggio 1695.
Il noviziato si trasformò in collegio studentesco nel 1911 con corsi definiti su programmi statali fino al Ginnasio – Liceo.
Nel luglio del 1849 passò e sostò alla Spineta uno squadrone di garibaldini, ma il padre guardiano frate Cirillo da Onano spaventato, offrì sulla porta del convento pane prosciutto e vino costringendo i soldati a passare la notte sulla strada insieme ai cavalli.
Con l’Unità d’Italia il convento venne soppresso e spogliato dei sui beni che furono in parte venduti mentre i libri e i documenti della preziosa biblioteca furono dispersi nei magazzini degli enti pubblici.
L’edificio passò al Comune nel 1866 che lo affittò poco dopo; alla fine nel 1886 il convento fu venduto all’avvocato Giorgi di Assisi tranne una parte del parco che il Comune si tenne per adibire ad area Cimiteriale.
Il 4 ottobre 1989, festa di S. Francesco, il convento della Spineta iniziava la sua nuova vita: diventava “Casa di preghiera e di accoglienza“, un eremo-aperto, dove gli ospiti che giungono da ogni parte d’Italia e dall’estero, vivono un’esperienza unica.
(Per chi fosse interessato in fondo all’articolo ho messo i riferimenti e i contatti)
 

Tavola della Natività dello Spagna

La Spineta conserva una copia della opera d’arte più bella e di alta levatura che ornava la prima cappella di destra dell’altare, la pala della Natività attribuita in principio al Perugino, poi a Raffaello e infine correttamente a Giovanni di Pietro detto lo Spagna.
La tavola venne presa dalla Spineta al tempo delle requisizioni napoleoniche del 1811 per essere trasferita nel Museo Capitolino in Roma in attesa di definitiva sistemazione, sicuramente in Francia. Nel 1813 però si trovava ancora a Todi, così che il conservatore del Museo romano, Tofanelli, ne sollecitò l’invio al sottoprefetto di questa città.
Caduto il regime nel 1814, il governo pontificio, contrariamente alle aspettative dei frattigiani, la tenne presso di sé.
Per le vivaci rimostranze non solo dei frati della Spinata, ma di tutta la popolazione di Fratta Todina e dopo lunghe trattative giacché il papa non intendeva restituirla, ne fu fatta fare una copia dal Vincenzo Cannnuccini.
Il primo maggio 1867, in ossequio alla legge sulle soppresse corporazioni religiose, la copia fu trasportata presso la sede municipale di Todi per la costituenda pinacoteca, ma il 16 luglio 1871 Luigi Pascocci Gambogi, sindaco, riusciva trionfalmente a riportare la tela a Fratta.
Nel 1954 l’originale è stato sottoposto a restauro nel Laboratorio vaticano per il Restauro delle opere d’arte perché “annerito dal fumo e con vernici alterate“.
Oggi la copia è esposta a sinistra accanto all’altare
 

La Chiesa

Le linee architettoniche seguono il gusto neoclassico.
La facciata è a un solo specchio, interamente realizzata con blocchi di calcare bianco perfettamente regolari,sormontata da un timpano triangolare, coronato da tre statue in travertino (Maria SS., S. Francesco e S. Chiara).
Sulle pareti laterali aggettano quattro cappelle in funzione di contrafforti.
 

Interno

All’interno è costituita da una sola navata.
Sui lati, a mezza altezza, delle nicchie con statue in stucco di santi francescani e più in alto il cornicione, su cui poggia la volta a tutto sesto.
Il monumentale altare maggiore, in stile neoclassico, accoglieva la Natività de’ Lo Spagna (Musei Vaticani) al presente sostituita da un mosaico, riproduzione dell’Immacolata del Murillo.
Sotto si può ammirare un pregevole ciborio in noce.
Dietro l’altare maggiore c’è il coro in noce a due ordini di stalli del XVIII secolo.
Nel primo altare di sinistra statua di Sant’Antonio abate mentre il secondo altare di sinistra statua di San Giuseppe.
Nel primo altare di destra statua di San Giovanni Baylon e nel secondo altare di destra un pregevole e grande Crocifisso ligneo del sec. XVII.
 

Note informative e contatti

Durante l’anno si organizzano per laici, famiglie e religiosi, tempi di ritiro e vita fraterna.
Concordando preventivamente con il padre Guardiano è possibile per dei gruppi trascorrere periodi di ritiro, preghiera e silenzio.

Convento S. Maria della Spineta
06054 Fratta Todina (PG)
Tel. e Fax: 075.8745032
e-mail: fradomenico@gmail.com
 

Nota di ringraziamento

Si ringrazia sentitamente l’Ufficio Comunicazioni della Provincia Serafica di S. Francesco Frati Minori dell’Umbria per le autorizzazioni alla pubblicazione.
 

Fonti documentative

G. Comez – Notizie storiche di Fratta Todina – 1990

http://prolocofrattatodina.it/santa-maria-assunta-della-spineta-eremo-francescano/

http://www.assisiofm.it/accoglienza-e-contatti

 

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