Confraternita del SS. Sacramento – Paciano (PG)
Cenni descrittivi
Il museo odierno, sezione di Paciano del sistema Museo diffuso dell’archidiocesi di Perugia-Città della Pieve, nasce, in collaborazione con la Soprintendenza ai Beni Storici ed Artistici dell’Umbria, dalla volontà di valorizzare e conservare pezzi e memorie del passato della comunità, così come già ideato da Don Aldo Rossi nel 1994.
All’interno dell’oratorio o sala della confraternita del Santissimo Sacramento, oltre la colossale Crocifissione, dipinta da Francesco da Castel della Pieve, pittore proveniente dalla stessa città di Pietro Vannucci detto il Perugino, che affrescò nel 1452 dietro commissione del priore Andrea di Giovanni, è un secondo lacerto di affresco, in una parete laterale, sempre dello stesso artista raffigurante un’Annunciazione di scuola locale con iscrizione frammentaria perché molto rovinata.
Alle pareti trovano posto una serie importante di dipinti, piccola parte di quelli che Paciano tuttora custodisce, che vanno dal XV a XIX secolo.
L’interessante ricostruzione di pentittico, forma ipotizzabile in considerazione della presenza dei fori di giuntura dei due scomparti laterali, suggerisce l’idea della grandezza, anche se non quella dell’imponenza reale, del prodotto finito.
Nelle due tavole cuspidate sono raffigurati i santi Pietro apostolo (riconoscibile dalla caratteristica fisionomia e dall’attributo delle chiavi) e Mustiola, patrona di Chiusi, e per questo molto venerata nell’area del Trasimeno.
Il culto della santa è legato alla leggenda dell’anello sponsale della Vergine, principale attributo, poiché il suo corpo, martirizzato nel III secolo, fu rinvenuto durante il pontificato di Sisto IV, proprio negli anni in cui infervorava la lotta tra Perugia e Chiusi, anello per la proprietà del Santo cimelio, ora custodito entro un preziosissimo reliquiario, nella Cattedrale di Perugia.
Le due tavole, ritenute per un certo tempo di un imitatore di Benedetto Bonfigli sono state recentemente avvicinate dalla critica, alla maniera dei nursini Giovanni e Antonio Sparapane.
Questi, padre e figlio documentati nella seconda metà del XV secolo, furono titolari di una fiorente bottega attiva soprattutto nell’Umbria meridionale e nelle Marche.
Le due tavole, eseguite attorno al 1475-80, accanto ad un evidente linguaggio ancora tardogotico, sia nella scelta della tipologia a polittico che nel fondo a foglia d’oro impreziosito da punzonature, nella risoluzione delle figure evocano una maniera prossima all’arte quattrocentesca folignate.
Proveniente dalla chiesa di San Sebastiano è la tavola di forma sagomata che raffigura la Vergine col Bambino, in piedi sulla soglia, nell’atto di benedizione, e i santi Sebastiano (titolare della chiesa, rappresentato nella consueta iconografia), Mustiola (recante un flagello, la palma del martirio e l’anello della Vergine appeso ad un nastro), Antonio abate (con tau, libro e campanella) e Rocco (santo in abito da pellegrino, taumaturgo contro la peste mentre mostra la piaga), ritratti sullo sfondo di una campagna alquanto idealizzata dove si vedono colline, alberi e specchi d’acqua.
Sotto la pedana dell’altarino si legge l’invocazione “Ave Maria gracia“.
Questa composizione è anche nota come “Madonna del davanzale” poiché derivante da un prototipo realizzato dal fiorentino Andrea del Verrocchio, maestro presso cui si formò Pietro Perugino e, sicuramente, anche Fiorenzo di Lorenzo, dove la Vergine è ritratta accanto al Bambino ritto in piedi su una sorta i mensola o davanzale.
Il dipinto, della fine del Quattrocento, è da tempo messo in correlazione con la maniera del perugino Bernardino di Mariotto (1475- 1566), pittore longevo e assai mutevole nelle sue fonti d’ispirazione, qui seguace della maniera di Fiorenzo di Lorenzo.
Segue l’olio su tela della prima metà del Seicento con raffigurata l’Annunciazione sullo sfondo di un anacronistico fondo d’oro.
Oltre, vi sono i due interessanti dipinti del primo Seicento della congregazione dei serviti, dotate della propria cornice originale a cassetta con decorazione “a prezzemolo“, ovvero a volute e arabeschi dorati su fondo laccato nero.
Questi raffigurano la Madonna del Carmelo con Cristo in Pietà tra santi dell’ordine, vescovo e angeli, e la Madonna col Bambino i santi Anna e due domenicani e, sicuramente, l’adeguato restauro alle quali sono ora sottoposte permetterà di farne apprezzare l’antico splendore e l’importanza storico – artistica.
Si prosegue con un’ulteriore tela del XVII secolo che rappresenta la Madonna col Bambino che consegna il rosario ai Santi Domenico e Caterina da Siena anch’essa del primo quarto del XVII secolo e da restaurare.
Ancora al Seicento risale una delle due tele raffiguranti Santa Lucia, mentre l’altra, con cornice modanata e del XVIII secolo e proveniente dall’omonima edicoletta pacianese.
Sezione Antonio Castelletti da Paciano
Una piccola sezione dalla sala è dedicata al periodo giovanile di Antonio Castelletti.
Nato a Paciano il 17 febbraio 1764, si formò alla bottega di Francesco Appiani, dove rimase almeno sino alla morte del maestro, conosciuto, probabilmente, proprio nel borgo ove il pittore anconetano si trovava a dipingere lo Sposalizio della Vergine, oggi nel museo.
Il Castelletti realizzò la sua prima opera proprio per la parrocchiale del paese natale dipingendo la tela della Madonna del Rosario dalla quale provengono i Misteri qui esposti.
Per la tribuna della chiesa madre realizzò anche alcune pitture (Martirio di Santa Caterina d’Alessandria, Gloria celeste e Martirio di san Lorenzo) andate distrutte in un incendio del 1929. Perduti sono, inoltre, alcuni dipinti da lui realizzati per la chiesa locale di San Sebastiano (Martirio di San Sebastiano e San Rocco).
Il museo pacianese conserva del suo conterraneo alcune opere: nel presbiterio della chiesa è esposto il delizioso tabernacolo del 1794 dipinto per la chiesa del Santissimo Salvatore di Cereseto, per la quale realizzò anche il fonte battesimale con dipinto il Battesimo di Cristo.
Entro la vetrina sono i Misteri del Rosario eseguiti, come detto, per far da cornice all’omonima tela della parrocchiale, recentemente restaurati.
In alto è collocato il processionale Gonfalone di Santa Bonosa, dipinto attorno al 1798 e già collocato all’altare maggiore della parrocchiale, dove la santa prega per la guarigione di un bambino colpito dal vaiolo.
Il corpo della martire cristiana, taumaturga contro la varicella e compatrona di Paciano, proveniente dalle catacombe romane e per questo molto venerata nell’Urbe, riposa ora sotto l’altare maggiore della parrocchiale dell’Assunta.
Il Castelletti, dopo una prima fase tutta legata al suo paese d’origine, cercò fortuna a Siena dove, a Montalcino, già nel 1795, aveva dipinto, nella pieve di Santa Restituta, una tela col martirio della santa.
Sulla stregua delle grandi decorazioni francesi, di ville e residenze “alla maniera napoleonica“, è incentrata la maggior parte della sua attività, recentemente riemersa grazie a studi e ricerche mirate. Attorno alla fine del secolo dipinse alcune sale del piano nobile di palazzo Chigi Saracini, la cappella e l’anticappella (accanto a Tommaso Paccagnini), ed eseguì una pittura in via Camollia (1798).
Il soggiorno senese proseguì con i lavori per la cappella della famiglia Galgano Saracini, nella villa di Castelnuovo Berardenga; per i Chigi-Zandonari; per palazzo Bargaglia (1804); per il palazzo comunale di Cetona( 1806); per palazzo Ricci; per palazzo Chigi di Vicobello; per villa Panocchieschi d’Elci di San Rocco a Pilli, dove esegui perlopiù cicli a soggetto storico-mitologico.
Nonostante i documenti attestino soggiorni del pittore a Roma e Torino, nulla è emerso relativamente ad un’attività del maestro in queste città.
L’arrivo a Perugia è da collocarsi attorno al 1810 quando lavorò in palazzo Meniconi.
Nel 1812 eseguì pitture in quattro stanze di palazzo della Penna (oggi museo), datate e firmate. Sempre nello stesso anno decorò una villa signorile a Bevagna.
Poco dopo intervenne nella decorazione del teatro del Verzaro (oggi Morlacchi), purtroppo perduta a seguito dei restauri tardo ottocenteschi.
Nel 1815 eseguì le pitture per il coro, tribuna e vele delle cappelle nella chiesa di San Michele Arcangelo a Panicale.
Per i Conestabile eseguì un ciclo pittorico nel palazzo perugino (1816) e alcuni dipinti nella villa di Montemelino (Magione).
Nel 1818 lavorò nella villa Bolletti (oggi Rosetta) a Città della Pieve.
Sono del 1820 le sue ultime opere note in Palazzo Ranieri.
Lo stile del Castelletti, connotato da un neoclassicismo di “marca ortodossa“, tipico e caratteristico di tutta la sua produzione, ha fatto la sua fortuna fino ai primi anni Venti dell’Ottocento, quando questo gusto lasciò il passo a soluzioni meno retoriche e più innovative mettendo il Castelletti un po’ in disparte come pittore e facendogli intraprendere una carriera da restauratore.
Proprio in questa veste lo si trova, sotto il nomignolo di “pittore di Perugia“, nel 1828, a Santa Maria degli Angeli nella cappella dell’Annunziata.
Morì a Perugia 28 ottobre del 1840.
Fonti documentative
Cartellonistica sul posto
http://www.comune.paciano.pg.it/
Da vedere nella zona
Chiesa della Madonna della Stella
Chiesa di San Giuseppe