Città di Fallera – Piegaro (PG)
Cenni Storici
L’insediamento preistorico di altura, si trova sulla cima denominata proprio Monte di Fallera nel Comune di Piegaro; il sito ben conosciuto dalla letteratura archeologica dell’Umbria, ha avuto un primo studio approfondito da parte di Umberto Calzoni, un archeologo che su incarico della Regia Soprintendenza di Firenze, allora competente per territorio, fu incaricato di effettuare una serie di scavi.
Il cucuzzolo si eleva per 681 m. s.l.m. ed è ben visibile dai luoghi circostanti tanto che, per la sua posizione non solo aveva un controllo visivo con tutte la valli circostanti a 360 gradi, ma di avere un contatto visivo con strutture simili a decine di Km, con le quali poteva comunicare attraverso segnali convenzionali.
Parliamo del Subasio per esempio che da li si vede benissimo e che si affaccia verso Perugia con il Santuario preistorico della Bolsella o forse lo stesso monte Murlo o Monte Acuto nell’alta Valle del Tevere.
La cima presenta un insediamento con murature a secco protette da un Vallo ad aggere che si sviluppano per un’area di 180 metri.
La posizione dominante e naturalmente fortificata, le difficoltà dell’accesso e la facile vigilanza da improvvise sorprese dovevano fare di quel luogo una sede molto favorevole e sicura ad una popolazione montanara cd agguerrita, la quale dovette pure, per una maggiore sicurezza e protezione, costruire verso la parte occidentale una seconda cinta di sbarramento che tuttora si ammira, come pure creare verso la parte settentrionale alcune opere sussidiarie di difesa.
Il Calzolari durante gli scavi mise a nudo le fondamenta degli edifici costruiti senza uno schema architettonico ben definito, ma ammassando pietrame a secco alla rinfusa senza una disposizione strutturata che alla base avevano un’ampiezza che variava dai 5 agli 8 metri ed erano appoggiate direttamente sulla roccia calcarea del monte.
L’insediamento era circoscritto da diverse cinte murarie difensive, una di queste di sussidio alla prima, si nota nella parte occidentale dove forse era necessaria una seconda cinta di sbarramento.
Verso la parte settentrionale furono costruiti una serie di muretti paralleli aventi lo stesso scopo difensivo, che purtroppo sono andati perduti o si sono deformati per la sistemazione agricola del terreno.
Allo stato attuale delle due cinte murarie è ancora individuabile la più interna, che si presenta a pianta grossolanamente ovale; questi scarsi resti appartenevano a una fortificazione o costruzione collettiva che i moderni archeologi definiscono come castelliere, termine per la prima volta attribuito a costruzioni di epoca preromana da Carlo de Franceschi nel 1853.
Simili a quello di Fallera se ne trovano in Friuli Venezia Giulia databili tra l’inizio dell’Età del Bronzo (300-1100 a.C. ca) e la fine dell’Età del Ferro (fine II-I millennio a.C. ca).
La struttura di Fallera presenta una struttura piuttosto massiccia dove lo spessore delle mura raggiunge anche i quattro o i cinque metri, mentre per quanto riguarda l’altezza questa era generalmente compresa fra i cinque e i sette metri.
Il perimetro delle mura è delimitato da due grandi massi superstiti ancora visibili e l’abitato si sviluppava all’interno delle strutture difensive.
Le case, generalmente di modeste dimensioni e dalla forma circolare, avevano una base di pietra calcarea o arenaria e per il resto erano costruite con materiali deperibili, soprattutto legno e frascame che serviva da copertura.
In questo sito non si sono conservate tracce di queste capanne, ma è stato riscontrato un interessante accenno di focolare con pietre disposte ad angolo retto verso il lato ovest.
Tra i materiali raccolti da Calzoni nel corso dei suoi scavi, di particolare importanza è la presenza di un’ansa cilindrico-retta di colore grigio (di tipo primitivo, caratteristica delle terremare e dei fondi di capanna più antichi).
I frammenti ritrovati negli scavi a circa 40 cm sono così elencati:
– Due frammenti di impasto rossastro, uno con cordone rilevato ad intaccature operate sull’argilla fresca o con un osso o un bastoncello rotondo, e l’altro con fascia orizzontale ottenuta mediante l’impressione di due solchi paralleli (databili ad un’epoca non posteriore all’età del bronzo).
Il motivo ornamentale dei cordoni a rilievo con intaccature discende dal neolitico, e trova riscontri frequenti in molte stazioni del periodo eneo.
– Frammento di ansa cilindrico-retta di colore grigio.
E’ un’ansa di tipo primitivo, caratteristica delle terremare e dei fondi di capanna più antichi.
– Frammenti di almeno due vasi con decorazione a dischetti impressi, di carattere arcaico.
Tali frammenti devono riferirsi al genere di ceramica proprio della prima età del ferro, e probabilmente facevano parte di cinerari del noto tipo villanoviano.
– Framenti di un vaso a pareti sottili d’impasto cinerognolo con baccellature.
– Due frammenti di buccheri primitivi facenti parte di un vaso a collo stretto rotondo con strozzatura mediana compresa fra due rilievi anulari paralleli distanti tra loro circa mm. 20, ornata all’intorno da graditi leggieri formanti piccoli quadrati con angoli riuniti da linee incrociate. Inferiormente e superiormente a tale strozzatura del collo gira una decorazione tratteggiata a denti di lupo.
– Frammenti di vaso a impasto scuro con decorazione stampigliata a rosette.
– Frammenti di anse cilindriche, a nastro, a bastoncello.
Tutti questi reperti si datano a una fase tarda dell’Età del Bronzo.
La continuità abitativa è attestata anche nel corso della successiva Età del Ferro grazie alla presenza di numerosi frammenti di cocciame di età storica (quest’ultimo costituito in prevalenza da frammenti di tegole e di pareti vascolari tornite, che si raccoglie disperso sulla superficie del terreno).
Nella parte sud-est del Castelliere si sviluppa un corridoio di oltre due metri incavato nel terreno e protetto da muraglie naturali e costruite che ora si perde nei rovi e nella boscaglia che conduceva ad un secondo insediamento posto più a valle.
SECONDO INSEDIAMENTO
Nel dicembre del 1993, in seguito a una segnalazione, la Soprintendenza Archeologica per l’Umbria ha accertato che la località monte Città di Fallera nel Comune di Piegavo (PG) è interessata dalla presenza di un ulteriore insediamento di interesse archeologico di età preromana, collegato morfologicamente al primo e cronologicamente coevo.
Tale secondo insediamento è individuabile sulla cima minore, meridionale, del medesimo monte, dove si riconosce un ampio ripiano a pianta grossolanamente ovale, isolato rispetto alle vallate sottostanti, ma direttamente unito alla cima principale da una cresta insellata; su di esso insistono resti di murature a secco tra i quali si raccolgono frammenti di tegole.
La doppia articolazione di insediamento, quale ora si presenta, contribuisce a una più completa comprensione della funzione dell’intero sito archeologico; essa infatti consentiva il controllo completo dell’accesso alla vallata del Nestore dall’orvietano, tramite la vallata di Greppolischieto e Fersinone, chiusa sullo sfondo dal monte Peglia, nonché la visuale completa sempre sul Nestore e sulle sponde meridionali del lago Trasimeno: due aree, quella dei Trasimeno e quella di Orvieto, di cui sembra opportuno rilevare l’appartenenza a zone di cultura propriamente etrusca, fino almeno al VI sec. a.C.
Infine, da rammentare la particolare posizione dominante della “Città” al di sopra della vallata di Pietrafitta in collegamento visivo con l’altura di Monte Solare, anch’essa nota per essere stata abitata nel corso della tarda Età del Bronzo.
L’importanza storica del sito si evidenza pertanto, oltre che per l’interesse delle strutture murarie ancora conservate in loco, anche per l’arco cronologico dell’occupazione umana che lo ricollega ad altri stanziamenti della tarda Età del Bronzo in quest’area della regione Umbria che gravita sul Lago Trasimeno, come il già citato Monte Solare, la necropoli protovillanoviana di Panicarola e le vicine anche se non prossime grotte dette Tane del Diavolo di Parrano, anch’esse frequentate dall’uomo sin dal termine dell’Età del Bronzo.
II sito Città di Fallera si ricollega al fenomeno degli insediamenti dì altura di età preromana diffusi in Umbria, tra di loro simili nella posizione dominante sul territorio circostante, nei resti, strutture abitative caratterizzate da murature a secco e strutture in materiale deperibile con coperture di tetti in tegole e coppi, fenomeno che costituisce, per la sua diffusione sull’intero territorio regionale, un momento storico unitario, anche se sono ancora da riconoscere, conciati di scavo su ampia scala, le facies che lo caratterizzarono nelle varie aree geografiche e le sequenza cronologiche locali.
ETIMOLOGIA
Calzoni si interrogò sull’origine della denominazione Città di Fallera data alle rovine che lui stesso era stato mandato a studiare (la Soprintendenza di Firenze, in collaborazione con Nuora Museo Preistorico di Perugia, finanziò gli scavi con l’intento di arrecare qualche contributo allo studio delle civiltà che precedettero la penetrazione degli Etruschi nei confini superiori dell’Umbria).
Egli tuttavia non riuscì a chiarire a quali tradizioni dovesse connettersi questo nome, ma afferma che gli abitanti del luogo raccontavano di una città antica sotto le cui macerie si crede siano celati straordinari tesori, distrutta non si sa come e quando.
Di fatto ad eccitare la fantasia popolare ha contribuito la scoperta di qualche sepolcro di epoca romana lungo i bassi fianchi del Monte, contenente sotto grosse tegole i resti scheletrici di poveri coloni con scarsa e comune suppellettile.
Che la vita sia continuata dentro il castelliere di Fallera anche in epoche storiche successive all’Età del Bronzo e del Ferro, lo dimostra la grande quantità di terrecotte di cui è cosparsa la superficie della collina; del resto è stato più volte notato che l’uso di fortificazioni di questo tipo avvenne fino a epoca tarda: onde è facile poter supporre come le successive e più recenti occupazioni abbiano potuto alterare e distruggere le tracce primitive.
Come giustamente notava Calzoni, infatti, gli scarsi reperti di età protostorica non possono costituire una ragione per dubitare della sua alta antichità, perché tale scarsità, si è verificata anche per altre cinte murarie della stessa natura.
E perché non è detto che riprendendo nuovi scavi e saggiando ulteriormente il terreno non si possa arrivare a migliori scoperte.
Rimane il mistero di come sia andata a perdersi questa comunità, e perchè il sito improvvisamente sia stato abbandonato; si sono fatte varie ipotesi, ma nessuna supportata da prove o elementi concreti.
Si suppone per esempio che sia stata distrutta da un’occupazione bellica e che i superstiti siano fuggiti su un’altura più meridionale e che poi abbiano costruito l’insediamento oggi conosciuto come Greppolischieto, ma anche qui si brancola nel buio.
NORMATIVA
Considerate l’importanza storico-archeologica di tale complesso, è sembrato opportuno sottoporre a vincolo ai sensi degli artt. 1 e 3 della legge 1.6.1939, n. 1089, l’area in cui è ubicato l’insediamento antico, catastalmente segnata nel catasto del Comune di Piegaro (PG) al fg. N. 54, part. n. 14/p e 15/p (primo insediamento) e part. n. 52/p e 54/p (secondo insediamento) al fine di assicurarne la conservazione e la tutela.
Sono state dettate delle prescrizioni, ai sensi dell’art. 71 della citata legge, nei confronti degli immobili circostanti al fine di garantire le necessarie condizioni di prospettiva, luce, cornice ambientale e decoro del complesso archeologico.
Fonti documentative
U. Calzoni – La cinta preistorica della città di Fallera – 1928
Nota di ringraziamento
Ringrazio di vero cuore e con sincera soddisfazione i giovani Martina Gostinicchi e Samuele Briziarelli per la collaborazione per aver fornito il materiale informativo del sito storico.