Chiesa San Valentino di Civitavecchia – Foligno (PG)

La chiesa è crollata da anni e sono rimasti solo ruderi e i resti di due tronconi di colonna di epoca romana.

 

Cenni Storici

Forse pochi folignati conoscono, o tanto meno hanno sentito parlare di S. Valentino di Civitavecchia.
Esso è il più alto dei tre colli, che subito dopo l’ultimo contraffate dell’Appennino, sembra, siano stati messi li a separare la bassa Valle del Menotre dalla pianura umbra.
Si raggiunge da Foligno percorrendo la Corta di Colle, svoltando a sinistra, cento metri prima di arrivare all’incrocio con la Statale settantasette, attraverso una strada sterzata che conduce anche agli altri due colli di S. Flaviano e S. Giuseppe.
Pur se sulla sommità, ormai non restano che poche tracce sia della “Civitas“, sia della chiesa che vi fu edificata, il luogo ebbe una grande importanza sin dai primi anni del cristianesimo, mantenendosi tale per lo meno fino all’alto medioevo.
Come ebbe a rilevare lo Jacobilli nella sua “Vita di S. Feliciano“, la chiesa, sarebbe stata eretta dai folignati su questo colle, dove già esisteva un castelliere che in seguito divenne borgo fortificato, in onore del vescovo di Terni Valentino, poco dopo la sua morte avvenuta nel III secolo.
Di tutt’altro avviso, pero, sembra essere Durante Dorio, secondo il quale l’edificazione della chiesa su questo luogo è da ascriversi al 1095, per volontà del conte Jacopo di Monaldo della stirpe dei conti di Uppello.
A tal proposito, lo stesso, ebbe cosi a esprimersi: “…la chiesa di S. Valentino, detta di Civitavecchia, appresso la strada di Colle villaggio del territorio di Foligno, che fu priorato e poi beneficio semplice e si conservò per più secoli ne’ successori di lui Jus praesentandi per rettore di detta chiesa…”.
Dai reperti rinvenuti nei pressi, però, sembra che l’edificazione di questo luogo di culto sia di molto antecedente l’anno mille.
Ciò accrediterebbe l’ipotesi secondo cui, il conte Jacopo si sia limitato a una semplice ristrutturazione e non alla costruzione vera e propria.
La chiesa compare anche in una Bolla del 1138 in cui papa Innocenzo II la fa figurare tra le chiese soggette al vescovado di Foligno la “Pieve di San Valentino da Civitavecchia” da cui nel XIII secolo dipendevano le chiese di San Flaviano e San Lorenzo di Colle.
Il toponimo “Civitavecchia“, viene riconfermato anche nel 1239, anno in cui il cardinale Capocci nel rendere noto il registro delle decime che le diverse chiese dovevano pagare alla Santa Sede, nomina anche le “Plebes Sancti Valentini de Civitaveccla cum Sancto Flaviano et Sancti Laurentii“.
Nel Censimento dei beni patrimoniali delle chiese di tutta la Diocesi del 1295 fatto dal Vescovo di Foligno, “La ecclesia San Valentini de Civitavecchia” dispone di un patrimonio di 1100 libbre e 15 soldi e i terreni che questa possedeva erano posti “in contrata Sancti Venantii… in villa Mayna… in Passignano … in contrata San Flaviani…. in Civitavecchia… in Petra ficta ….. incontrata Sancte Lucie … in valle Fulginium….“.
A distanza di oltre un secolo da questo fatto, poi, con testamento del 5 maggio 1356, certo Lillus Angelilli de Vesia lasciò erede dei suoi averi il Monastero di Sassovivo e un legato di tre libre di denaro a “fratri Johanni morenti apud ecclesiam beati Valentini de Civitavecchia” e venti fiorini a “fratri Chrispiano morenti apud dictam ecclesiam“.
I due con ogni probabilità dovevano essere stati gli eremiti che a quel tempo custodivano la chiesa.
Altra notizia riguardante S. Valentino, risale al 1435, quando vi fu nominato rettore D. Cristoforo di Stefano Branca, presumibilmente ultimo custode di questo luogo di culto ormai in evidente declino.
Nei primi anni del XVI secolo, ne esercitò lo juspatronato, la nobile famiglia Cantagalli di Foligno che nel 1530 la concesse in custodia ai frati cappuccini, i quali la abitarono in sei unità e poi la abbandonarono nel 1560 per spostarsi nel vicino colle di S. Giuseppe.
Lo Jacobilli a tal proposito, desumendo dagli Annali dei cappuccini del Boverio, ci informa della presenza nel convento di celebri nomi della storia dei cappuccini quali: F. Antonio Cirneo da Corsica, F. Giacomo e Bartolomeo di Spello ( primo guardiano del convento), F. Francesco da Iesi, F. Ludovico da Foligno, F. Bartolomeo da Paglia e poi F. Pietro da Todi.
Questo ci fa capire che il fabbricato annesso alla chiesa non doveva essere tanto piccolo se poteva ospitare una mezza dozzina di frati, e allo stesso tempo era veramente malridotto e inabitabile se decisero di abbandonarlo.
Nel 1573, infatti, negli appunti che riguardano la visita apostolica di mons. Camaiani, si menzionano soltanto le chiese parrocchiali di Colle S. Lorenzo e di S. Flaviano a Vegnole, mentre non si fa cenno alla chiesa di S. Valentino, segno evidente che all’epoca era già stata abbandonata anche come officiatura.
Sul colle sono stati rinvenuti molti reperti risalenti al IV – V secolo dell’era cristiana, trasferiti nella cripta della cattedrale di San Feliciano, fra cui una lapide di un sarcofago all’interno della quale corre una ricca decorazione di carattere vegetale con tralci e larghe foglie carnose con al centro incisa la seguente iscrizione:

Hic requ(ies)cet in pace (…)

Non sappiamo a chi si riferisce se uomo o donna, ma sappiamo che doveva trattarsi di un personaggio altolocato.
Vi è stato trovato anche un residuo d’epigrafe sepolcrale alto cm 29 largo cm 33 e spesso cm 8 il cui testo recita:

[….]
Sedit a [nnos…]
XVIII d[epositus(?)]
Kal[endas] iu[nias o lias]

Un titolo funebre per uno sconosciuto vescovo che guidò (sedit) il suo popolo per 18 anni poi morì il primo giugno /luglio di un anno imprecisato.
Il Faloci Pulignani fa risalire il documento al IV-V secolo e lo determina come indice dell’importanza e del ruolo di questo luogo, soprattutto durante il periodo medioevale.
Anzi, in seguito a questo ritrovamento, s’ipotizzò addirittura che sul colle in epoca alto-medievale vi si fossero arroccati alcuni folignati con il loro vescovo, per discenderne solo in seguito alla fondazione della “Civitas Sanati Faticami“, sorta attorno alla tomba del santo patrono della città.
Notevole pure il ritrovamento dì un blocco di travertino facente parte di un cippo sul quale è inciso il seguente testo opportunamente ricostruito:

P. CORNELIO
VALERIANO
NOBILISSIMO
CAESARI
….

da cui si legge il nome di Cornelio Valeriano figlio di Gallieno Imperatore(253-259) il quale, viene nominato “CESARE NOBILISSIMO“.
II Faloci rilevò molti altri resti monumentali, “.. frammenti di colonne e numerose arche, sarcofaghi di pietra quadrati, ovoidali, parte spezzati e taluni integri, tutti anepigrafi e disadorni, i quali però denotano la grande importanza religiosa di quel luogo… “.
All’interno di uno di questi sepolcri, “fu trovata una lamina d’oro a forma di croce tagliata da un sottile foglio aureo di 5 cm di lato con intricata decorazione di fregi intrecciati... “.
La croce cucita sulle vesti dei defunti fungeva da ornamento ed è riferibile all’epoca barbarica dei Goti o dei Longobardi quindi databile intorno al IV-V secolo.
La chiesa ed il relativo convento nel Medio Evo si trovavano in un punto di notevole importanza per la viabilità di quei tempi, infatti a differenza dell’isolamento attuale, per le mura della struttura passava una strada che portava ai Piani Plestini e al mare, come è stato confermato dalla ricerca fatta da Maria Romana Picuti e Fabio Bettoni riportata nel testo “La Montagna di Foligno – Itinerari tra Flaminia e Lauretana” che qui riporto.
Con l’Alto Medioevo, il primo tratto della Valle del Menotre venne probabilmente attraversato da una strada che, dal Miglio di San Paolo, raggiungeva attraverso la strata Collis le odierne frazioni di Colle San Lorenzo, Ponte Santa Lucia, Scopoli, Casenove e, attraverso la salita di Cifo, entrava negli Altipiani plestini.
Confermano tale possibilità l’esistenza di un insediamento tardoantico a San Valentino di Civitavecchia, nei pressi della Corta di Colle, nonché gli interessi politici ed economici che le signorie fondiarie laiche dapprima e l’abbazia benedettina di Sassovivo in seguito avevano sull’intera Valle del Menotre.
Con il Quattrocento, diventò una strada fondamentale di collegamento tra Roma e il santuario mariano di Loreto; mentre era venuta assumendo un peso altrettanto considerevole per i collegamenti con la costa adriatica in relazione al santuario di San Michele Arcangelo al Gargano, nonché, in senso inverso, per i collegamenti verso Roma e verso il santuario francescano della Porziuncola
(Santa Maria degli Angeli, Assisi) soprattutto in vista del Perdono la cui indulgenza si “Lucrava” in agosto, tra i vespri del primo giorno e quelli del successivo.
A partire dal Quattrocento, dunque, giunto a Ponte Santa Lucia, il percorso deviava per Sostino, Franca ed i Piani di Ricciano e si cominciò a denominarlo via LAURETANA.
I Trinci, che dal 1305 si erano insignoriti di Foligno diventandone
(1367) vicari pontifici, istituirono (1429) la fiera franca di Ponte Santa Lucia con riferimento evidente al potenziamento già in atto e possibile del flusso di viandanti, pellegrini e merci” (Capodimonti 2017).
 

Aspetto

Dell’antica chiesa non restano che pochi brandelli di mura perimetrali tenuti in piedi dalle edere che ne costituiscono il collante.
Affiorano pietre squadrate nella muratura che possono essere ritenute recupero di edifici precedenti ed inoltre sono presenti , davanti all’ingresso due resti di colonna, uno ancora in piedi e un altro rotolato nella piccola scarpata, che provengono da un tempio romano situato nelle vicinanze, sulla cima del colle sul quale sorgeva la chiesa originaria d’epoca medievale.
La croce esposta nella chiesa è stata prelevata prima del crollo del tetto ed ora conservata presso la villa Morotti nella tenuta di San Paolo.
 

Fonti documentative

M. FALOCI PULIGNANI, S. Valentino di Civitavecchia, in Archivio per la Storia ecclesiastica dell’Umbria, IV, 1919, pp. 635-651;
Sandro Capodimonti – Il Menotre e la sua Valle Borghi, genti, acque, sorgenti – 2017
Maria Romana Picuti – Fabio Bettoni -La Montagna di Foligno Itinerari tra Flaminia e Lauretana -2007
Leonardo Soli – San Valentino di Civitavecchia in Foligno – 2000
 

Nota di ringraziamento

Da questa pagina ho il dovere di ringraziare per la collaborazione Sandro Capodimonti, Leonardo Soli e la Dott.ssa Maria Romana Picuti per aver prodotto il testo della ricerca storica.
 

Mappa

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