Chiesa rupestre anonima di Luni sul Mignone – Blera (VT)


 

Cenni Storici

L’insediamento di Luni sul Mignone è situato nel territorio comunale di Blera a circa cinque chilometri dall’abitato antico di San Giovenale, è accessibile attraverso vie campestri a partire dalla strada che unisce Blera e Monte Romano.
In alternativa, giunti alla ex stazione di Monte Romano della ferrovia dismessa Capranica – Civitavecchia, poco prima del ponte sul Mignone si imbocca un sentiero non segnalato sulla sinistra. L’ascesa non è agevole, si consiglia prudenza e scarpe da montagna.
La più antica traccia di presenza umana nel luogo risale al Neolitico, è frequentato ininterrottamente fino all’Età del Ferro, e fortificato in età etrusca con la costruzione di una cinta muraria e la creazione di tre vie cave che tagliano il pianoro in direzione Nord-Sud; una quarta tagliata sulla punta Ovest del massiccio costituiva l’accesso principale del centro abitato.
Non sono state rinvenute tracce di occupazione dell’insediamento in epoca romana, ma la presenza di fonti altomedievali e attestazioni archeologiche, quali le sepolture pseudo antropomorfe, documentano della rioccupazione del sito d’altura intorno al VI-VIII secolo.
Il nome Luni (o Lunum) compare per la prima volta nell’VIII secolo d. C., forse riprende il nome dell’antico abitato etrusco.
Nel Liber Pontificalis si racconta, nella vita di Gregorio II (715-731), del tentativo di rivolta di Tiberius Petasius che ottenne l’appoggio dei Manturianenses, Lunenses e Bledani.
Nel IX secolo l’abitato è definito civitas: a quest’epoca si possono datare i primi reperti medievali rinvenuti negli scavi.
Luni è citato come castrum in un documento del 24 agosto 1170; Guitto di Offreduccio, conte di Vetralla, dovette, in tale data, rinunciarne al possesso, insieme ad altri centri in favore di Viterbo. Una fonte tarda, la cronaca quattrocentesca di Niccolò della Tuccia, la menziona tra le località donate da Federico Barbarossa alla città di Viterbo.
Le ultime notizie a disposizione risalgono all’inizio del XIV secolo: il conte Galasso di Bisenzo, in data 15 maggio 1301, riconobbe alla città di Viterbo il diritto di disposizione su alcuni castelli, fra questi Luni, in una conferma di un documento precedente.
Il complesso rupestre su cui sorge la chiesa comprende una profonda fossa artificiale, datata all’epoca protostorica da rinvenimenti ceramici.
Si tratta pertanto del più antico insediamento monumentale dell’Italia centrale.
Probabilmente vi era l’abitazione del capo del villaggio, la casa fu devastata e bruciata verso la fine dell’VIII secolo a. C.
In seguito il luogo fu occupato da un complesso rupestre cultuale di epoca etrusca, risalente al 500 a.C.
La fondazione della chiesa può essere inquadrata in età altomedievale, più o meno coincidente con la fase di rioccupazione del sito di Luni, VI-VIII secolo.
La chiesa rupestre, così come la si vede ora, è caratterizzata dalla presenza del pilastro interno con nicchia quadrangolare e della colonna con relativo capitello può però essere riferita cronologicamente ad una sistemazione più tarda, nell’ambito dell’XI-XII secolo.
La presenza del camino ne attesta la frequentazione ancora alla fine del XIII secolo.
Probabilmente è stata abbandonata dopo la metà del XIV secolo, forse a causa della grande peste del 1348.
 

Aspetto

Attualmente la chiesa rupestre si compone di tre ambienti: un ampio spazio rettangolare esterno, un invaso a cielo aperto in parte ricavato nella roccia e un ambiente ipogeo.
Lo spazio esterno rettangolare, coincidente con l’aula della chiesa rupestre, è delimitato da un muretto in blocchi di tufo e da una bassa parete tufacea.
L’invaso semiellittico è privo di copertura, separato dall’aula da un dislivello di circa un metro, alla sommità del quale si impostano due gradini scavati nella roccia; al centro dell’ambiente si trova un pilastrino a sezione circolare con una nicchietta arcuata al centro, apparentemente tagliato sulla sommità.
L’ipogeo artificiale è caratterizzato da due aperture ad arco, divise da una colonna centrale, realizzata modificando ampiamente la parete di facciata e le relative aperture; in particolare la finestra di destra, di cui si intuisce l’originaria forma quadrilatera, è stata quasi totalmente cancellata per creare una più ampia apertura di forma irregolare coronata da una sorta di absidiola.

All’interno, costituito da un unico ambiente a pianta ellittica, l’originaria parete di fondo è stata arretrata e modificata risparmiando un pilastro centrale a sezione rettangolare, sul quale si apre una nicchietta, che ripartisce la parete in due absidi appena accennate.
Al centro della volta dell’ipogeo si apre un camino circolare comunicante con l’esterno, mentre sul pavimento si trovano tre piccole fosse circolari, molto irregolari.
Intorno all’area della chiesa sono state rinvenute delle tombe a fossa, probabilmente connesse con il luogo di culto.
A est della chiesa sono state individuate altre due cavità in gran parte interrate e tagliate dal passaggio di un sentiero la cui morfologia per lo stato di conservazione e visibilità non consente una chiara e univoca interpretazione e collocazione cronologica.
 

Nota di ringraziamento

Si ringrazia l’amico Pierluigi Capotondi, preziosa guida al sito.
 

Nota

La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
 

Fonti documentative

Elisabetta Ferracci – Paola Guerrini – Insediamenti rupestri nel comprensorio di Luni sul Mignone: notizie preliminari, in Insediamenti rupestri di età medioevale: abitazioni e strutture produttive – Italia centrale e meridionale – Atti del Convegno di studio Grottaferrata, 27-29 ottobre 2005 a cura di Elisabetta de Mincis, Spoleto, 2008, pp. 613 – 620
Stefano Mecchia – Le Chiese rupestri del Lazio Medievale (VI-XV Sec.) – Tesi di Laurea Università degli Studi di Roma Tre, Facoltà di Lettere e Filosofia Anno Accademico 2012-2013
Joselita Raspi Serra – Insediamenti rupestri religiosi nella Tuscia – in Mélanges de l’Ecole française de Rome. Moyen-Age, Temps modernes, tome 88, n°1. 1976. pp. 27-156
Fabrizio Vallelonga – Insediamenti fortificati di età medievale in un territorio di confine: l’area dei Monti della Tolfa e la valle del Mignone – in Il ruolo degli oppida e la difesa del territorio in Etruria: casi di studio e prospettive di ricerca a cura di Franco Cambi, Trento, 2012, pp. 173 – 221
 

Mappa

Link coordinate: 42.225919417558806 11.933241230151916

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