Chiesa ed Eremo della Santissima Trinità – Soriano nel Cimino (VT)

Secondo la tradizione vi era uno degli eremi che Sant’Agostino si dice abbia creato nella zona della Tuscia e della bassa Toscana.

 

Cenni Storici

All’interno della Tenuta Sant’Egidio, tra querce e castagni secolari, si scorgono i resti di un’antica Chiesa che, nelle sue forme attuali, risale al XVI secolo.
Secondo la tradizione vi era uno degli eremi che Sant’Agostino si dice abbia creato nella zona della Tuscia e della bassa Toscana.
La Chiesa della Santissima Trinità, ha rivestito per lungo tempo la funzione di cenobio eremitico dei primi agostiniani, era una modesta costruzione fatta di legno e sassi.
La data di fondazione è stabilita al 1164.
Ha visto la sua rinascita e monumentalizzazione durante il pontificato di Niccolò III Orsini (dal 1277 al 1280), promotore e committente di numerose altre opere a Soriano.
A tale periodo risale anche la costruzione del convento.
In seguito, il cardinale Egidio da Viterbo (1469-1532), già frate agostiniano Egidio da Viterbo e ospite dell’eremo nei primi anni del Seicento, dopo la nomina cardinalizia e ricorrendo al generoso contributo dei fedeli, del castellano Bernardo Alidosi e della nobildonna Giulia Farnese, fece restaurare e ampliare la struttura, poi diventata un luogo di pellegrinaggio importantissimo. All’interno erano custoditi preziose reliquie e oggetti sacri donati da papa Giulio II, come l’immagine della Madonna con bambino di origine bizantina, ora conservata nella chiesa di Sant’Agostino e la Reliquia dei Capelli della Madonna, autenticata con la Bolla papale del 1506, con la quale si decretava l’Indulgenza Plenaria a favore di tutti i visitatori.
Secondo la tradizione la reliquia fu poi trafugata da monaci benedettini, invidiosi della popolarità raggiunta dal santuario agostiniano.
Durante il periodo napoleonico, l’eremo e la chiesa furono venduti: la chiesa fu chiusa al culto ma il popolo di Soriano continuò a celebrarvi la festa del 15 agosto in ricordo dei tempi passati.
Agli inizi del secolo scorso il conte Lenzi di Viterbo, allora proprietario, vendette la chiesa per 500 lire: il cenobio fu raso al suolo alla ricerca del suo leggendario tesoro e la chiesa fu spogliata di tutto, anche del tetto e adibita a magazzino.
La chiesa divenne poi proprietà di Eugenio Benedetti, dinamico imprenditore innamorato della Repubblica Popolare Cinese, ove ha aperto li 34 cave di marmo sui monti dell’Hebei e dell’Honan, tutt’oggi funzionanti, da cui viene estratto uno dei marmi più belli del mondo.
Nel 1965 Eugenio conobbe casualmente l’Ultimo Imperatore Cinese Pu Yi capo dei Giardini del Palazzo Imperiale d’Estate di Pechino, che espresse il desiderio di salvare la barca costruita nel 1865 in occasione del sessantesimo compleanno dell’imperatrice Cixi, ancora oggi ormeggiata sul fiume Kunming.
Il governo cinese come ringraziamento per l’opera svolta, donò a Eugenio per i suoi 75 anni, 100 tonnellate di marmo bianco da furono ricavati 3000 pezzi scolpiti e cesellati a mano, per costruire una riproduzione fedele in scale 1:3 della barca dell’imperatrice Cixi.
La barca imperiale fu poi trasportata smontata in Italia e posizionata all’interno della chiesa.
Qui Eugenio ha espresso la volontà di essere sepolto quando arriverà il suo momento.
 

Aspetto esterno

Della chiesa rimangono solo i muri esterni, vi si accede tramite un portale cinquecentesco, fiancheggiato da due finestrelle devozionali ellissoidali.
Su una pietra della recinzione esterna si nota un’iscrizione di difficile lettura.
 

Interno

L’interno è quasi interamente occupato dalla barca cinese, lunga più di 14 metri.
Fanno da guardia alla barca due statue di sfingi e, in fondo, due riproduzioni di guerrieri cinesi.
L’opera è finemente scolpita e ornata da piccole riproduzioni di elefanti.
 

Eremo e convento

A lato della chiesa si trova una fontana.
Poco rimane dell’antico eremo, quella che presumibilmente era la grotta originaria, ora denominata Rottezia, poi trasformata in dispensa del convento, custodisce la lapide con l’emblema di Nicolò III Orsini, il pontefice che Dante mette all’inferno a testa in giù e che forse per un periodo ha riposato proprio qui.
Nella grotta c’è un cunicolo, in fondo al quale leggenda narra che ci sia una gallina dalle uova d’oro.
In realtà vi sono delle iridescenze dorate che, probabilmente sono dei funghi, ma sembrano uova dorate.
Il cunicolo stretto e sinuoso, conduce ai locali ove era il vecchio convento, cui si risaliva tramite una scala a chiocciola, ora interrotta.
I terreni circostanti la tenuta sono un vero paradiso per gli amanti della natura, con giardini ben curati e percorsi panoramici che offrono splendide viste sulla campagna circostante.
Nei pressi, sulla sommità di alcuni ammassi rocciosi, è ancora individuabile un anfratto, meglio noto come “sasso del beato Lupo“, che servì da rifugio all’eremita Lupo Franchini da Corviano, vissuto tra il XIII ed il XIV secolo.
Personaggio scomodo per l’ambiente ecclesiastico locale, gli fu ordinato di andare a predicare in oriente e da allora non se ne sa più nulla.
Continuando a scendere lungo il bel sentiero, quasi interamente coperto da uno strato di soffice muschio, si giunge alla cosiddetta Sedia del papa, costituita da un gruppo roccioso di peperino rosa. Questa pietra si trova solamente in due luoghi al mondo, nell’isola di Pasqua, in mezzo all’oceano Pacifico, e qui, sul monte Cimino.
 

Nota informativa

Per la visita, solo guidata, occorre prenotare.
 

Nota di ringraziamento

Si ringrazia la gentilissima signora Cristina, esperta accompagnatrice, per le interessanti informazioni fornite.
 

Nota

Foto e testi di Pierluigi Capotondi e Silvio Sorcini.
 

Fonti documentative

La Chiesa e la Barca Imperiale


Cartellonistica in loco
 

Da vedere nella zona

Insediamento rupestre di Corviano – Corviano
Monumento funebre di Coelius e Quintia – Selva di Malano
Sasso del Predicatore I – Selva di Malano
Sasso del Predicatore II – Selva di Malano
 

Mappa

Link alle coordinate: 42.4172992821826, 12.223224423284929