Chiesa di Santo Stefano – Costa di Trex di Assisi (PG)

Nel mese di agosto gli “Amici de montagna” in collaborazione con la Pro Loco Costa di Trex, organizzano la Festa della Montagna, tra musica, allegria e piatti tipici nel parco naturale del monte Subasio, con l’obiettivo di valorizzare le bellezze locali ed esaltare l’aspetto enogastronomico.

 

Cenni Storici

Testimonianze storiche del posto sono scarse, infatti i luoghi scoscesi e scarsamente fertili non favorivano dei consistenti insediamenti, piuttosto favorivano la presenza di abitazioni sparse un po’ come lo vediamo ora.
Una lapide romana in travertino di (cm 46 x 57,5) con decorazione scultorea raffigurante, al centro, una testa di Medusa alata, comunque è stata ritrovata in tempi passati e murata sulla parete esterna del lato destro della chiesa parrocchiale di S. Stefano.
La stessa reca l’iscrizione latina “Cutameia Cel(idon?)”, il cui gentilizio che vi compare potrebbe essere collegato con il nome etrusco cutu, cutui, cutunial, ora attestato anche in Perugia.
Ci troviamo, insomma, di fronte a un documento epigrafico attestante, oltre all’antico popolamento della zona, anche una situazione “di confine” o, comunque, in qualche modo “di contatto” fra due realtà: quella romana o romanizzata, situata a est del Tevere, e quelle della vicina Etruria, posta ai di là di detto fiume.
In merito poi alle successive dominazioni tra cui quella Longobarda sappiamo che Assisi appartenne al Ducato Longobardo di Spoleto e la presenza longobarda è evidente in alcuni toponimi lasciati da tale dominazione; in un catasto tardo-seicentesca della Parrocchie di S. Stefano della Costa delle Tre Chiese viene menzionato il toponimo di origine germanica Valberga (composto dal latino vallis “valle” e dal longobardo berg “monte”), posto nella Costa di Trex e indicante un “pezzo di terra arativo e pergolato“.
Quando si parla di Costa di Trex ci si riferisce ad una zona più ampia della sola Chiesa di Santo Stefano e le poche case intorno, infatti parliamo di un’area costituita dalla “Parrocchia di Costa delle tre Chiese” che dal 1986 è stata unificata con quella di Santa Maria di Lignano.
La più antica attestazione del toponimo risale ad una bolla, datata 8 marzo 1217, con la quale Papa Onorio III, sanzionando e confermando l’arbitrato dei cardinali Ugolino e Cincio in una questione sorta tra i canonici della cattedrale di S. Rufino di Assisi e il vescovo della città, Guido II, riconosce a quest’ultimo tutti i diritti su varie chiese della diocesi, tra cui figura anche quella intitolata “Sanctus lohannes de Trecaso“.
Nell’elenco dei “focolari” (o nuclei familiari) delle balie (unità territoriali del comune), censite dal comune di Assisi nel 1232, figura anche la “bailia Coste Trecasci“.
In una bolla del 15 marzo 1244, con la quale si assicurano l’abate e i monaci di S. Benedetto al Monte Subasio di aver preso il monastero sotto la sua protezione, Papa Innocenzo IV ne conferma i beni e le chiese dipendenti, fra cui “capellam Sancte Marie de Tricaso“.
In un atto del Sacro Convento di S. Francesco di Assisi, non datato, ma presumibilmente della fine del ‘200, si menziona di un certo “Passuco de Trecaso“.
Da un atto di locazione “ad coptimum” del 21 marzo 1304 si ha notizia di un acquedotto che si costruisce in “Costa Trecasii, in contrata Aiole” e al quale si riferisce anche un atto di due anni dopo nel quale si tratta de “aqueductu comunis qui fit in Costa Thecasi” (parliamo dell’acquedotto del Sanguinone che tutt’ora rifornisce di acqua la città di Assisi).
In una pergamena della fraternita dei disciplinati di S. Stefano di Assisi, posteriore di qualche decennio, si trova l’espressione toponimica de “Costa Trecasi“.
Negli anni 1333-1334 la ricordata cappella o ecclesia S. Marie de Trecascio o de Trechaso era tenuta a versare una decima di cinque soldi cortonesi.
Nel catasto delle Chiese della diocesi di Assisi, che data dall’anno 1354, viene menzionata più volte la “baylia Coste Trecassi“, ricordata come “baylia Coste Trechaxii“.
Si va avanti con tale definizione fino alla Visita apostolica di Mons. Camaiani del 1573 dove si legge che la chiesa di S. Stefano è volgarmente detta “de Costa Trex” o “de Costa de Trex“, mentre in un catasto del 1634, ancora della confraternita assisana dei SS. Antonio e Giacomo, la nostra balìa viene ricordata, forse per la prima volta, in lingua italiana, vale a dire non più in latino e non più in volgare, e precisamente come “Balia della Costa di tre Chiese“.
Da questo momento in poi in tutte le Visite Pastorali che seguiranno, redatte in latino (lingua obbligatoria nella Chiesa subito dopo il Concilio di Trento) e fino alla seconda metà dell’Ottocento, l’espressione ricorrente sarà sempre quella di “Costa trium Ecclesiarum” (appunto “Costa delle tre Chiese“).
È in questa definizione che va interpretata l’autentica denominazione originaria del toponimo.
Quindi all’origine del toponimo Costa di Trex ci sarebbero tre chiese, quali siano stati ancora oggi non si sa, si ipotizza persino che possa essersi trattato di un triplice struttura costituita da tre chiese o cappelle unificate.
La chiesa di Santo Stefano è senz’altro la più antica essendo stata una “Pieve” come affermato in un Diploma dell’anno 1160 dell’imperatore Federico Barbarossa in cui vengono tracciati i confini del “Comitatus asisinatus” nel quale viene citata “Plebem Sancti Stephani“.
La chiesa fu visitata dal vescovo Pietro Camaiani il 29 agosto dell’anno 1573 e nella sua relazione viene chiamata “de Costa Trex“; il relatore però non seppe dire se avesse già il titolo di parrocchia, ne risultava comunque un “rettore” e un cappellano.
Le famiglie che facevano capo a questa erano quarantasei, per un totale di duecentosettanta anime e la chiesa aveva un reddito di quattro salme di frumento.
Non essendo riconosciuta come parrocchiale non disponeva però né di Eucarestia né di olio santo per gli infermi in quanto alla “cura” delle anime provvedeva la chiesa madre cioè la cattedrale di Assisi.
Lo stesso Camaiani però non chiarisce se la chiesa fosse o no Pieve.
Per quanto riguarda la data di erezione della Parrocchia di S. Stefano bisogna riferirsi ad un documento contenuto nell’Archivio Vescovile di Assisi in cui tutti i parroci, dopo ogni visita pastorale erano tenuti a tracciare una sintesi storica della propria chiesa.
Si tratta del decreto firmato il 9 aprile 1593 da mons. Marcello Crescenzi, vescovo di Assisi, nel quale si ricorda l’avvenuta erezione del “Beneficio semplice” di Costa delle Tre Chiese a chiesa “curata” per volere dello stesso presule.
Poiché questi era stato eletto vescovo di Assisi nell’anno 15??, la nascita della Parrocchia di S. Stefano va fissata tra questi due anni (19? e 1593).
Furono gli stessi abitanti del posto a supplicare la cattedrale per avere una loro parrocchia, vista la distanza che li separava da Assisi e la difficoltà di arrivarci in quanto la strada non era ancora stata fatta ed esistevano solo sentieri impraticabili in inverno; gli abitanti vollero la parrocchia anche se questo aggravava la loro condizione in quanto venivano caricate alla comunità le varie spese fra cui quella dell’olio della lampada del SS. Sacramento che doveva essere sempre accesa, delle spese per il mantenimento del parroco, al pagamento dei censo e delle decime.
L’8 settembre 1661 il vescovo di Assisi card. Emilio Rondinini visitò la chiesa “Sancto Stephano Protomortyri dicatam in Agro Asisinato et clivo Montis sitam, Ac vulgo Costa di Trex, hoc est trium ecclesiarum nuncupata” (dedicata a Santo Stefano protomartire nel contado di Assisi e situata sulle pendici del monte, volgarmente detta Costa di Trex, cioè delle Tre Chiese), della quale era rettore don Brizio Villamena.
Trovò l’Eucarestia e gli oli ben conservati e recitò la messa insieme al popolo in volgare e fu una cosa assolutamente innovativa in quanto un secolo prima il Concilio di Trento aveva imposto la lingua latina.
Ordinò anche la riparazione del campanile (a vela) a spese dei parrocchiani pena quattro scudi.
Nel corso dei secoli XVIII e XIX la parrocchia assunse una crescente vitalità e fu arricchita anche sotto il profilo materiale, infatti se si tiene conto dell’”Inventario di tutti e singoli beni stabili e semoventi de’ frutti, delle rendite, dell’attioni e delle ragioni” redatto nel 1718 dal parroco don Francesco Baldassarri risulta che la chiesa aveva due altari: uno dedicato a Santo Stefano e il secondo alla Madonna entrambi affrescati.
L’inventario contiene un lunghissimo elenco di oggetti sacri di valore nonché un elenco di terreni tra arativi, pergolati, sodivi e selvati, olivati o “cerquarti” la maggior parte dei quali compresi nei confini della parrocchia.
Detti terreni venivano concessi in enfiteusi “in terza generazione“, cioè in affitto per la durata di tre generazioni, dietro versamento di un canone annuo, quasi sempre in grano, ma anche in biade: oppure venivano dati “a lavoreccio” con obbligo di “stabbiarli” e “piantarvi” alberi di varie specie, solitamente “in termine di otto anni“.
Le entrate della chiesa parrocchiale (quindi del parroco) in quel 1718 furono le seguenti:
– grano “de’ canoni” quarti 4.3
– grano “de’ terreni” quarti 23.3
– biada quarti 16.0
– decima “rubbii” 3
– noci quarti 5
– mosto barili dieci per pene “dominicale
– “meli” quarti 6
– olio fogliette sette
– ghianda quarti 3

Censi e obblighi di Messe

– Un censo di scudi 25 frutta scudi 1.20
– Un censo di scudi 30 frutta scudi 2.00
– Un pezzo di terra per quattro Messe l’anno frutta scudi 1.00
– Un censo di scudi 25 frutta scudi 1.50
– Un censo di scudi 6 e baiocchi frutta 25 scudi

Nel 1838 i beni della chiesa di SS. Cosma e Damiano a confine con la parrocchia di Santo Stefano delle Tre Chiese vennero ripartiti tra questa, Paradiso e santa Maria di Lignano, essendo la chiesa soppressa in quanto da tempo diroccata.
In seguito a queste attribuzioni la giurisdizione della parrocchia per la prima volta si estendono al di là del corso del torrente Tescio sia verso nord che verso nord-ovest.
Nelle visite pastorali successive in particolare quella di mons. Nicanore Priori vescovo di Assisi effettuata il 7 settembre 1890 evidenzia una parrocchia in buono stato e con una vitalità impensata, ma ancora priva del fonte battesimale e che per i battesimi ancora era dipendente da San Rufino in Assisi.
La chiesa di Santo Stefano fu restaurata nell’aprile 1897 su progetto di Scipione Bizzarri di Assisi in quanto il tetto minacciava di crollare.
Poiché la parrocchiale era ancora dotata di un modesto campaniletto a vela dotato di una sola campana, nell’anno 1903, per iniziativa del parroco don Giuseppe Salari, fu costruito l’attuale campanile su progetto del perito Edoardo Minciotti di Assisi.
La nuova costruzione, sovrappostasi al muro esistente della vecchia chiesa, avrebbe dovuto raggiungere un’altezza complessiva di sedici metri e dato che nella cella campanaria della nuova costruzione c’era posto per più campane vi trovò posto la campana dell’ex Convento assisano di S. Antonio di proprietà comunale; questa campana, posta al centro del campanile sotto la capriata in legno che ne costituisce la struttura portante, suona la nota “do” ed è chiamata “campanone” perché è la maggiore delle quattro campane presenti.
La campana piccola che guarda a nord suona la nota “la“, segue quella posta verso ovest che suona la nota “re” mentre la campana più antica del 1823 è posta ad est e suona la nota “sol“.
Nella chiesa è presente la Confraternita del S. Rosario il cui atto costitutivo risale al 1613 e fu redatto in Assisi alla presenza del notaio Francesco Maria Bellanti e dei priori Sante Fancera e Francesco Baldassare Drusiani, che, insieme con altri iscritti alla Confraternita, promettevano fra l’altro che in tutti gli anni venturi avrebbero fatto celebrare nella chiesa di S. Stefano la festa del SS.mo Rosario proprio nel mese ottobre.
 

Aspetto esterno

La chiesa si presenta con tetto a capanna e il campanile a torre nella parte posteriore destra, la facciata in pietra ha un portale ad arco in mattoni rialzato di quattro gradini dal piano stradale ed è sovrastato da un oculo tondo anch’esso in mattoni.
Nella parete esterna destra è murata un’urna cineraria romana con testa di Gorgone o Medusa recante l’iscrizione Cutameia Cell (idon?) e poco oltre è murata una croce in pietra.
A sinistra della facciata c’è il fabbricato della casa parrocchiale sopra il cui ingresso, oggi chiuso, compare una lapide contenente un saluto rivolto all’ospite.
 

Interno

L’interno a navata unica è voltato a botte con il presbiterio rialzato di due gradini; sulla parete destra dall’ingresso una Madonna con Bambino entro un quadro ferocemente deturpata per far posto all’incasso del ballatoio della parete di fondo, segue una finestra e una nicchia con quadro della Madonna del Rosario fra San Domenico e Santa Chiara e nelle spallette della nicchia affreschi di recente scoperta, a destra San Giuseppe e a sinistra Santo Stefano, entrambi decorati in alto con drappi; sotto la nicchia un scritta molto sbiadita con una invocazione alla Madonna.
Dietro l’altare maggiore un crocefisso ligneo.
Nella parete sinistra dall’altare resto di un affresco con San Francesco che riceve le stimmate, segue una nicchia con una statua di San Giuseppe e il resto di un affresco raffigurante la Madonna del Rosario con un angelo.
A ridosso del ballatoio un’immagine ex voto con un cavaliere armato, figura femminile orante e paesaggio immaginario.
Sopra il ballatoio affreschi della controfacciata Incoronazione della Vergine, Madonna con Bambino e Sant’Antonio abate.
Sempre sopra il ballatoio formella commemorativa di Don Michele Catarinelli del 1853.
 

Fonti documentative

F. Santucci – Costa di Trex – Pro loco Costa di Trex 2004

http://www.assisioggi.it/

http://www.assisinews.it/

 

Mappa

Link alle coordinate

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