Chiesa di Sant’Eusebio – Ronciglione (VT)


 

Cenni Storici

Si trova un paio di chilometri a sud di Ronciglione, lungo l’antica Via Francigena, a lato dell’attuale Strada Provinciale Cassia Cimina; si intravede sulla sinistra, tra i noccioleti e un gruppo di querce.
L’area è frequentata fin da epoca antichissima, vi sono stati rinvenuti reperti litici risalenti a circa diecimila anni or sono.
Probabilmente fin dall’antichità era un luogo sacro, forse vi era un antico tempio pagano come testimoniano le basi delle colonne della chiesa.
Flavio Eusebio, vicegovernatore della Campania, aveva qui una proprietà e nella seconda metà del IV secolo d.C. vi fece costruire per sé e per la famiglia una tomba, come riferisce un’iscrizione lapidea di cui in loco resta una copia.
È probabile che qui poi abbia trovato sepoltura Sant’Eusebio, vescovo di Sutri, figura storicamente documentata vissuta nel secolo successivo, forse appartenente alla stessa famiglia del Flavio titolare del sepolcro.
Non si è ad oggi rinvenuta traccia delle spoglie del santo vescovo ma il luogo divenne meta di pellegrinaggi sin dal VI secolo.
Tra i secoli VIII e IX intorno al mausoleo vi fu realizzato un edificio di culto intitolato al santo, come attestato da due graffiti devozionali altomedievali in ociale romano (se ne scorgono ben cinquantasette nella chiesa), tracciati su una delle pareti interne del mausoleo stesso, che menzionano “ista ecclesia” e che costituiscono un valido terminus ante quem per la datazione di questo primo nucleo edificato.
Il primitivo edificio fu poi prolungato nei secoli XI-XII, a tale periodo risalgono la parte centrale della facciata e la navata centrale.
Il pellegrinaggio sempre più numeroso comportò poi la necessità di ingrandire la chiesa, alla navata centrale della stessa larghezza del mausoleo fu affiancata nel 1300 la navata di destra e in seguito fu costruita quella di sinistra.
 

Aspetto esterno

Il complesso è formato da due manufatti distinti tra loro.
Il primo è il sepolcro in tufelli rettangolari, risalente alla seconda metà del IV secolo d.C., da un’apertura sul retro è possibile vederne la copertura.
L’altro corpo è costituito dalla chiesa che fu poi costruita intorno alla sepoltura.
La facciata mostra chiaramente diversi tempi di fabbrica, con parte centrale più antica, ove si aprono un portale e un oculo, le due ali laterali sono un’aggiunta posteriore.
All’esterno era presente una torre campanaria di forma quadrata che crollò nel 1940.
 

Interno

La chiesa si presenta oggi nel caratteristico aspetto della basilica romanica a tre navate, con un’accentuata asimmetria tra le due laterali, dovuta a rimaneggiamenti succedutisi nel corso dei secoli.
La navata centrale che costituisce il nucleo originario insieme ad alcuni tratti dei muri perimetrali, è formata da grossi blocchi di tufo e presenta tre arcate per lato impostate su larghe colonne con capitelli quadrangolari decorati con elementi di età pre-carolingia: nastri intrecciati, foglie lanceolate e volute angolari, capitelli zoomorfi, nella zona dell’ingresso sono raffigurati dei serpenti, in quella più vicina all’altare dei pavoni, simbolo d’immortalità e pernici, simbolo della fedeltà coniugale.
Le basi delle colonne poggiano sui resti di una struttura preesistente, forse un tempio pagano.
La soglia d’ingresso è formata da un pezzo di sarcofago lavorato.
Le due navate laterali hanno dimensioni diverse ed erano divise in cubicoli per permettere ai pellegrini di dormire all’interno della struttura.
Subito a sinistra dell’ingresso si ammira uno dei più interessanti affreschi della chiesa, una raffigurazione dell’Albero di Jesse, un’allegoria della progenie di Davide.
Si tratta della più antica rappresentazione di questo tema a oggi conosciuta.
Il dipinto risale ai primi anni del XII secolo.
È di notevoli dimensioni, la parte inferiore presenta un’ampia lacuna; disposto verticalmente, a forma di rettangolo, presenta i due angoli superiori arrotondati, negli spazi di risulta sono raffigurati due pavoni.
Nella parte inferiore del pannello, interamente perduta, doveva essere raffigurato Iesse dormiente, in posizione distesa.
Dal corpo del profeta nasceva il grande albero, del quale s’è conservato il fusto e gran parte dei rami.
Al livello superiore è raffigurato David, figlio di Iesse, con corona e clamide, rappresentato seduto nell’atto di esibire un cartiglio che, probabilmente, conteneva un verso biblico; ancora sopra è effigiata la Vergine benedicente.
In alto, sovrastata da un clipeo rosso con la bianca colomba dello Spirito Santo, è una figura frammentaria, identificabile con Cristo.
I rami corti dell’albero terminano con frutti, fiori e trifogli.
Su ciascuno dei dodici rami più lunghi, che si attorcigliano simmetricamente a destra e a sinistra del fusto, sedevano i profeti, conservatisi solo in parte, mostrano lunghi cartigli, sui quali erano riportate iscrizioni contenenti parti di profezie bibliche, anch’esse quasi del tutto perdute.
Sulla parete di controfacciata della navata sinistra si trova un affresco, dei primi decenni del Trecento, raffigurante Santo Stefano con la committente inginocchiata in basso, a fianco rimane un brano di una Madonna in trono col Bambino, che doveva avere a sinistra un altro santo di cui non rimane alcuna traccia, a destra, dopo il Santo Stefano è effigiato un santo vescovo, privo della parte inferiore, identificabile senza dubbio con Sant’Eusebio.
La navata sinistra si conclude con una cappella, sulla parete di fondo si scorge un’apertura tamponata con sopra un architrave di legno, datato con il radiocarbonio al 1280; nella soprastante lunetta si trova un affresco duecentesco, perduto per quasi la metà, raffigurante la Madonna col Bambino e a fianco il committente.
Sopra l’arcata che introduce al mausoleo, è raffigurato il Cristo benedicente tra quattro Santi, opera da assegnare alla fine dell’XI secolo o agli inizi del successivo.
L’immagine clipeata ritrae il Pantocratore con nimbo ove è raffigurata una croce, la mano destra benedicente, alla greca, e il libro delle sacre scritture aperto e sostenuto con la sinistra.
Ai lati le due coppie di santi sono a figura intera, di proporzioni assai più modeste rispetto al Salvatore e diseguali fra loro.
A sinistra è San Giovanni Battista, poi San Paolo; a destra San Pietro e Sant’Eusebio in abito vescovile.
Fra i piedi del Battista si legge la scritta: S ION M / PETRVS NI(…).
In alto si scorge una cornice, all’interno della quale, fra due nastri bianchi e rossi dal profilo seghettato, si trovano una serie di sagome bianche dal profilo circolare simili a grandi conchiglie, alternate a coppie di cornucopie annodate a un elemento coniforme.
Di fianco, sulla parete sinistra dell’area presbiteriale è raffigurata l’ultima Cena, risale all’inizio del XII secolo, si tratta di una delle più antiche e interessanti raffigurazioni, contenente per la prima volta elementi iconografici poi ampiamente mutuati nei secoli successivi e altri unici.
La scena è inquadrata in alto da una bordatura ad arco, i due spazi di risulta fra quest’ultima e la cornice
rettangolare del riquadro sono riempiti da una rosetta.
La banda orizzontale, dipinta a coronamento del pannello ospita un motivo vegetale con foglie verdi e fiori rossi.
Vi è ritratto in primo piano Giuda, più piccolo e distante dal tavolo; in qualità di traditore è privo di aureola.
Lungo il tavolo di forma semicircolare sono seduti gli apostoli, divisi in due gruppi a destra e a sinistra del Cristo, assiso al centro.
Sul tavolo sono disposti cinque recipienti concavi, ciascuno contenente un pesce, secondo una soluzione iconografica che trova raramente riscontro in contesti occidentali, come la decorazione della cripta di Sant’Ansano a Spoleto, ascrivibile alla metà dell’XI secolo o la successiva, sempre spoletina, del Monastero di Santa Maria inter Angelos.
Gli apostoli disposti a semicerchio allungano una mano aperta sul tavolo, ad eccezione di Giovanni, che appoggia la testa sulla spalla sinistra del Cristo.
La scena sottostante, al di sotto della Cena è mutila della parte inferiore, non interpretabile con certezza, probabilmente raffigura la Lavanda dei Piedi.
L’ltare è sostenuto da una lapide iscritta.
L’area presbiteriale coincide con la primitiva cappella, ricoperta da una volta a botte, in origine, nel VII – VIII secolo, interamente affrescata.
Di questo primo nucleo pittorico resta riconoscibile soltanto il disegno preparatorio di una scena evangelica, la Visitazione, cioè l’incontro fra Maria e la cugina Elisabetta, in corrispondenza dell’area più esterna della parete sinistra del sepolcro.
Lungo le superfici della volta si scorgono numerosi graffiti in Onciale romano, antica scrittura in uso dal III all’VIII secolo.
Sotto il pavimento sono state rinvenute sei sepolture in muratura, di cui quella contro la parete di fondo è probabilmente quella di Flavio Eusebio.
Sulla parete absidale è stato posto, presumibilmente nel XVII, una quattrocentesca Madonna col Bambino, affresco staccato di cui si ignora la provenienza.
A sinistra è affrescato Sant’Eusebio e a destra Santo Stefano, opere del XVII secolo.
La navata destra conserva, in prossimità della controfacciata le colonne di un ciborio e un sarcofago longobardo; nel vicino noccioleto sono state individuate numerose sepolture longobarde ancora da scavare.
In corrispondenza della parete di fondo della navata di destra è visibile un affresco con due figure longilinee in tunica celeste: le Vergini prudenti.
Al termine della navata si trova una sagrestia, sulla parete sinistra è possibile scorgere la muratura della tomba romana con parte di intonaco originale ancora in opera.
Sulla parete sono presenti numerosi interessanti graffiti lasciati dai pellegrini.
In una teca incassata nel pavimento sono conservate delle ossa, appartengono a un pellegrino di alta statura, presumibilmente nordico.
In un’altra teca, sempre incassata nel pavimento sono conservati frammenti di ceramica.
In controfacciata è effigiato un santo barbuto, presumibilmente Sant’Antonio abate.
 

Curiosità

È stata utilizzata come set per il film di Liliana Cavani, dedicato a San Francesco.
È officiata una volta l’anno il lunedì di Pasqua.
 

Nota di ringraziamento

Si ringrazia l’architetto Paolo Lateano per le sue esaurienti e interessanti spiegazioni
 

Nota

La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
 

Fonti documentative

Spiegazione in loco dell’architetto Paolo Lateano
C. Tedeschi, A. Adelmann, M. F. Falcón Martínez, P. P. Lateano (a cura di) – Fra Tardo Antico e Medioevo. Un santuario della via Francigena: Sant’Eusebio di Ronciglione Approfondimenti tematici e restauri – 2005
S. Piazza – Testimonianze pittoriche nella chiesa di Sant’Eusebio a Ronciglione: dall’altomedioevo all’età moderna
C. Vinciguerra – La Chiesa di S. Eusebio presso Ronciglione: un monumento da restaurare – in Studi Vetrallesi Bollettino a cura degli Amici del Museo della Città e del Territorio N. 8 – Luglio / Dicembre 2001

http://www.comune.ronciglione.vt.it/dettagli.aspx?c=1&sc=48&ssc=54&id=82&tbl=contenuti

http://www.tusciaweb.eu/2014/06/santeusebio-gioiello-paleocristiano-nascosto/

http://www.ghaleb.it/pdf/Studi%20vetrallesi%2008.pdf

 

Mappa

Link coordinate: 42.273809 12.243250

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