Chiesa di Sant’Antonio abate – Cupacci di Foligno (PG)
Cenni Storici
Non si hanno notizie certe sulla data di edificazione dell’edificio.
Gran parte delle abitazioni del paese, limitrofe alla chiesa, risalgono all’inizio del ‘700, con evidenti elementi morfologici di impianto medioevale, questo fa supporre che la chiesa appartenga alla stessa epoca.
Sappiamo per certo che tra il 1621 ed il 1643 gli fu associata la chiesa di San Silvestro che doveva sorgere più in basso rispetto al paese ma che ad oggi è definitivamente scomparsa; nella prima visita del 1621 la trova già diruta con il tetto semiscoperto e i coppi sull’altare e ordina di ristrutturarla per non gravare troppo sulla chiesa di Sant’Antonio dove dovevano recarsi i fedeli; tale ordine non fu mai rispettato se nella successiva visita del 1643 la chiesa viene trovata un cumulo di macerie.
Dalla Visita pastorale e dall’Inventario della Parrocchia di Pievefanonica da cui dipendeva redatto dal Pievano Don Sante Bartoloni del 1 giugno 1778 leggiamo:
“Item una Chiesa posta nella villa delli Cupacci dedicata a Sant’Antonio Abbate quale fu fabbricata dalli uomini di detta villa a proprie spese con i cimenti (?) della Chiesa antica, parimenti dedicata a sant’Antonio che era posta nella bandita o cerqueto della Pievefanonica nella quale era un beneficio semplice del Seminario di Foligno, la di cui campana e suppellettile furono concessi da Mons Vescovo per la nuova chiesuola agli uomini delli Cupacci“.
Il visitatore quindi in quell’epoca trova la chiesa già nel pieno delle sue funzioni e grazie a questa testimonianza sappiamo che il materiale, le suppellettili e le pietre utilizzate per la sua edificazione furono prelevate, con il consenso del Vescovo, dalla ben più antica chiesa della “Rimessa” posizionata a poche centinaia di metri dal paese e oramai semi-diruta e non più in uso.
Consultando le mappe storiche, in particolare il Catasto Gregoriano si nota che la chiesa non ha subito sostanziali trasformazioni rispetto all’impianto originario conservando caratteristiche architettoniche e dimensioni originarie.
La chiesa viene sottoposta ad un diffuso intervento di ristrutturazione a seguito del terremoto del 1997, che ne determina le fattezze attuali.
Aspetto esterno
L’edificio, con muratura in pietra, è di minute dimensioni, presenta una facciata con tetto a capanna e un campanile a vela in asse impostato al centro del colmo sul parametro frontale contenente la campana della primitiva chiesa della “Rimessa” da cui è stata prelevata.
La struttura è stata realizzata in pietra marnoso arenacea posta in opera a blocchi squadrati di forma rettangolare con facciate intonacate.
Ha una porta semplice squadrata rialzata di due gradini rispetto al piano stradale ed oltre a questo posto a nord, è presente una finestra rettangolare sul lato ad est in posizione vantaggiosa per il soleggiamento.
Interno
La chiesa ha pianta rettangolare ad aula unica dalle dimensioni di 4,70 m. x 5,80 m., completamente intonacata compreso il soffitto inclinato, con un piano di calpestio interno rialzato di 32 cm. rispetto al piano di campagna.
L’altare, formato da un piedritto di mattoni sormontato da una tavola di legno, è posto su un piccolo presbiterio ad angolo su una base semicircolare che lo sopraeleva di 22 cm. rispetto al pavimento costituito da mattoni di cotto rosso levigati.
La chiesa è dedicata a Sant’Antonio abate di cui è presente un quadro nella parete di fondo, ma la festa non si fa il 17 gennaio come usualmente è, ma si fa il 13 giugno in concomitanza della festività di Sant’Antonio da Padova che anch’esso è presenta in un altro quadro nella parete sinistra.
Altro elemento di forte interesse contenuto all’interno della chiesa è l’acquasantiera in travertino di 90 cm. di altezza semi incassata nella muratura costituita da un resto di colonna conica rovesciata posizionata su una base di mattoni quattro-cinquecenteschi; la forma particolarmente dubbia del manufatto ha creato il sospetto che si trattasse di un reperto romano che rappresentasse un simbolo fallico.
Ha una forma allungata con la base più stretta appoggiata al basamento di mattoni, mentre la parte più spessa è in alto con una cornice più ampia non rifinita, tozza e grezza in cui è stata scavata l’incavatura per l’acqua santa, chiaro esempio di riadattamento del pezzo ad altri usi.
Sul fatto che sia un reperto archeologico non ci sono dubbi, ora è difficile stabilirne la provenienza, sicuramente era presente nella vecchia chiesa della “Rimessa” da cui sono state prelevate le pietre ed i mattoni, ma da dove l’avessero presa gli antichi costruttori rimane un mistero; altra cosa invece è determinare che si tratti di un simbolo fallico, in quanto diversi elementi potrebbero far supporre questa ipotesi, ma non ci sono prove evidenti che lo confermino, in quanto la pietra quasi sicuramente è stata manomessa e riadattata nel corso dei secoli alterandone la forma e facendola apparire come oggi la vediamo.
E’ anche vero che Cupacci è stato un luogo con un’accertata presenza romana, addirittura nel luogo era presente una fornace, ma un reperto così specifico necessita della presenza di un a struttura quali un tempio o una dimora particolare che purtroppo non è stata mai rinvenuta; si può solo supporre che in origine l’abbiano trasportata da chissà quale altro sito, forse vicino, ma forse anche posto a diversi chilometri di distanza e poi l’abbiano riadattato a questo uso.
Fonti documentative
http://www.chieseitaliane.chiesacattolica.it/chieseitaliane/schedaca.jsp?sercd=44666
http://www.upsandomenico.church/documenti-up/index
Archivio storico Diocesano – Visite Pastorali