Chiesa di Santa Maria – Pieve Pagliaccia
Cenni Storici
La Chiesa di Pieve Pagliaccia, oggi intitolata a Santa Maria Immacolata, sorge a breve distanza da Perugia, immersa nel verde della campagna. Anticamente era nota col nome di Plebs Sanctae Mariae de Pagliaccio, come si legge in un’iscrizione su una pietra collocata sulla parete esterna sinistra della Chiesa, dove in origine si apriva il portone d’ingresso. Anche se i rimaneggiamenti avvenuti nel corso dei secoli e il completo rifacimento iniziato nel 1911, che le ha conferito l’aspetto attuale, rendono molto difficile ricostruire con sicurezza la pianta e l’aspetto originari, è tuttavia possibile provare l’esistenza della pieve fin da tempi remoti, grazie agli affreschi del XIII secolo che vi sono conservati, e grazie a documenti archivistici: la plebem de pelaci è menzionata per la prima volta nel Diploma dell’imperatore Federico Barbarossa del 1163.
Ricostruzione
Durante i lavori di ricostruzione del 1911, l’unica parte dell’antico edificio ad essere risparmiata dalla demolizione fu la parete dell’abside sulla quale si trovano gli affreschi e, per conservarli integri e renderli allo stesso tempo accessibili ai fedeli, si decise di cambiare completamente l’orientamento dell’edificio, trasformando l’antica fabbrica nel transetto della nuova chiesa, spostando anche la porta d’ingresso.
In questo modo l’abside dell’edificio originario divenne la cappella destra di quello rimodernato, che ancora oggi si presenta sostanzialmente immutato: è ad aula unica, con abside semicircolare addossata alla parete di fondo e due cappelle laterali.
Aspetto Interno
Gli al freschi contenuti nella cappella di destra sono divisi in due fasce: quella superiore, più antica, databile intorno al 1260, presenta i resti di un ciclo della Passione (una Crocifissione e una Flagellazione)dove nella figura l’inarcarsi del torso fortemente segnato nelle costole e nello sterno, ci parla, di una cultura figurativa neobizantina.
Quella inferiore ospita una Madonna col Bambino e angeli reggi-cortina, datata da un’iscrizione al 1320.
Il ciclo della Passione è caratterizzato dai tipici tratti del linguaggio perugino duecentesco: una pittura estremamente grafica e semplificata basata su un forte segno nero di contorno e sull’uso di una tavolozza essenziale, su cui si innestano, però, le novità portate in Umbria da Giunta Pisano col Crocifisso ligneo (perduto) per la basilica di San Francesco ad Assisi.
Il dipinto della Madonna in trono col Bambino e gli angeli presenta invece un impianto compositivo tipicamente perugino, sul quale si fondono elementi desunti dal grande cantiere di Assisi, di matrice sia giottesca che senese.
A livello storico-artistico queste figurazioni sono un documento importantissimo per la storia dell’arte della regione, poiché rappresentano una delle poche testimonianze superstiti della pittura del Duecento e del primo Trecento umbro.
Criticità
Nonostante i lavori di restauro conclusi nel 2012, le condizioni della cappella e degli affreschi risultano ancora precarie; i maggiori problemi di conservazione erano dovuti all’umidità di risalita e alle infiltrazioni di acqua dal tetto, aggravati dalla grande quantità di cemento (un materiale che trattiene fortemente l’umidità) che circondava la superficie affrescata.
Anche se prima di iniziare il restauro la Curia è intervenuta per ripulire le gronde ostruite, che causavano le infiltrazioni dal tetto, e sebbene il perimetro esterno dell’affresco sia stato liberato dal cemento durante l’intervento, il denaro raccolto per i lavori (con un pranzo di beneficenza) non è stato sufficiente per risistemare la cappella e per isolare completamente la parete rivestita di cemento.
Bibliografia
Articolo scritto dalla Dott.ssa Giada Brugnoni