Chiesa di Santa Maria in Paterno – Spello (PG)

La ex chiesa versa in uno stato di totale abbandono dopo che per anni è stata utilizzata come edificio scolastico rurale.

 

Cenni storici

Una bolla pontificia del 1178 a favore dei monaci dell’abbazia di San Silvestro da Alessandro III papa, è il documento più antico che menziona il piccolo santuario rurale tra le pertinenze di quella abbazia.
Considerando che in tale vocabolo esistono solo le chiese di Santa Maria e S. Pietro e visto che nel documento
del 1178 non fa menzione di S. Pietro in Paterno si può ipotizzare che in origine il titolo della chiesa di Santa Maria sia stato S. Rufino.
L’edificio religioso, di proprietà comunale, presenta due absidi affiancate, quella destra risalente al XIII sec. e la sinistra al XVI sec., a cui corrispondono due ingessi.
La chiesa, “presso una possessione del Signor Flamini Rosi“, figlio di Vitale Rosi, è datata al XIII sec. o agli inizi del XV sec., a seconda degli studiosi.
La decorazione pittorica doveva essere particolarmente ricca: le pareti interne erano completamente affrescate dalle mani di diversi artisti tra i quali sono stati individuati il pittore spellano Tommaso di ser Francesco Conio detto “il Corbo” ed ignoti seguaci di Matteo da Gualdo e di Francesco Melanzio.
Al 1583 risale il contratto “tra Amedeo Diamante di Spello e Bernardino Orientis per la realizzazione di una pittura ad olio“.
Il nome di un altro committente, Francesco di Girolamo Speziale, è ricordato dall’Urbini, che lo vide inciso nel fregio che divideva le decorazioni dell’abside sinistra.
Gli affreschi recuperati del catino absidale e della parete sinistra, ascrivibili tra la metà del XIV e il XVI sec., sono conservati presso la Pinacoteca Civica.
Nel 1872 la chiesa fu venduta al signor Cesare Casalini di Foligno.
Il Comune, venutone a conoscenza, si attivò per rientrarne in possesso.
Il Ministero della Pubblica Istruzione, tra le varie prescrizioni, stabili che il Comune, una volta riacquistato il bene a proprie spese, provvedesse sia al restauro degli affreschi sia al pagamento di un custode.
Di conseguenza, nel maggio del 1878 fu stanziata la somma di £. 200 per interventi volti alla conservazione dei “pregevoli affreschi esistenti nella cadente chiesa rurale“, ma poi non si procedette al restauro.
L’anno successivo l’amministrazione locale commissionò una perizia a Giuseppe Peppoloni per il restauro della chiesa.
Alla risoluzione del “caso” si giunse nell’ottobre del 1879: la chiesa, insieme a quella di Santa Maria di Vico, fu ceduta al Comune mediante un apposito contratto e l’anno successivo consegnata “in uso e gratuitamente“.
Nel frattempo però l’edificio era ormai ridotto a fienile.
Anzi, all’inizio del 1899, come appurò personalmente il Regio Ispettore Giustino Cristofani, innanzi all’ingresso era stato eseguito uno scavo da parte dei “soliti … cercatori di tesori” che ne impediva l’ccesso.
Al 1903 risale invece, la proposta per il distacco degli affreschi, avanzata da Domenico Brizi di Assisi, noto restauratore di affreschi, ma i lavori non furono avviati per mancanza di fondi.
L’operazione fu effettuata quasi 60 anni dopo, “quando furono staccati e riportati su tela nel 1962, da G. Pasquini“.
Dal 1926 al 1958, subì una lunga scie di lavori di ristrutturazione, tra i quali la costruzione di un vano in aderenza, che la trasformò in una delle tante scuole rurali sparse per il territorio.
In merito agli affreschi contenuti nella chiesa una pubblicazione di Mario Salmi storico e critico d’arte riferita ad una ricerca sul pittore cortonese Tommaso Bernabei detto il “Papacello” morto nel 1559 e vissuto nella bottega del più noto Signorelli, afferma che gli stessi siano opera proprio di costui.
Riportiamo integralmente: “Sul bel piano umbro, non lontana da Spello sorge una modesta chiesuola rettangolare a due absidi: Santa Maria di Paterno, tutta tappezzata di dipinti votivi.
L’abside di sinistra, accoglie nel semicatino l’Incoronazione della Vergine e nella curva sottostante l’Annunciazione e la Visitazione.
E siccome in un pilastro di questa scena si legge la data 1528, errò il Guardabassi nel credere gli affreschi di otto anni più antichi e neanche fu giusto quando li attribuì a Rinaldo da Calvi giacchè, nella loro vivacità cromatica, un po’ stridente, essi rivelano il Papacello.
Invero le angolose figure della Visitazione, campate con spirito quattrocentesco contro il fondo chiaro di una nicchia e di un bugnato, sembrano un po’ contrastare con le forme piene e slargate dell’Annunciata e del gruppo dell’Incoronazione.
Ma questo fu copiato dalla tavola del Sanzio nella Galleria Vaticana in S. Francesco di Perugia, e ciò spiega subito come ad un temperamento mediocre quale fu il Barnabei fosse facile mutare maniera, guardando a quell’esemplare ed a Giulio Roìnano.
In tal modo gli affreschi di Paterno sintetizzano il passato e ci di cono quale sarà l’avvenire del pittore cortonese”

 

Nota

Gran parte degli affreschi della chiesa sono stati staccati e ora sono conservati nella Pinacoteca Civica di Spello.
Le foto in bianco e nero degli affreschi sono tratti dal Bollettino d’arte.
 

Fonti documentative

Guida Turistica di Spello itinerari tra storia e natura con testi di Sabina Guiducci – Comune di Spello Assessorato al Turismo
Mario Salmi, Tommaso Barnabei detto il Papacello, in Bollettino d’Arte, 1923, p. 167-182
A. Tini Brunozzi – Appunti sulla Toponomastica Spellana 2; Sezione di Prato.

 

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