Chiesa di Santa Maria della Quercia – Valcaldara di Norcia (PG)
In tutti quei luoghi ove hanno vissuto i Celti e precisamente nelle zone sacre riservate alle querce, per l’arrivo del cristianesimo oggi troviamo le chiese dedicate alla Madonna della Quercia.
Cenni Storici
Il santuario sorge in aperta campagna, vicino ad alcune querce centenarie, nelle vicinanze di Valcaldara e Paganelli, anche se la giurisdizione ecclesiastica dipende ancora dalla parrocchia di Savelli.
Forse quello della Madonna della Quercia non è il titolo originario di questa chiesa che fu antichissima e denominata anche come la Madonna di Capo del Campo, sorta intorno ad un’edicola, lungo la via Pellegrina, uno dei maggiori percorsi seguiti dalla transumanza, in quanto metteva in collegamento l’area del Piceno con la Valnerina e quindi con Roma.
Il titolo attuale fu dato sicuramente in occasione dei lavori della ricostruzione cinquecentesca.
Le poche notizie che si ricavano dalle Visite pastorali non accennano nemmeno né alla fondazione, né all’importanza che la chiesa aveva in passato sia per gli abitanti della zona che per i viandanti che transitavano per il Piano di Norcia.
Una leggenda locale vuole che sul posto in epoca cinquecentesca fosse avvenuta una miracolosa apparizione della Vergine ad un ragazzo o una fanciulla e per questo motivo cominciò ad accorrere una moltitudine di fedeli che richiedevano grazie, tanto che un tal Pierdomenico, alias Pozzo dalli Paganelli commissionò ad un maestro pittore locale, attivo a Norcia nella prima metà del sec. XVI, di stile peruginesco una immagine che poi avrebbe campeggiato sull’altare maggiore.
Il dipinto raffigurava proprio la Madonna col Bambino in braccio, seduta su una panca, con in alto due angeli che la incoronano e sullo sfondo una quercia stilizzata, mentre in basso è raffigurato il committente che divenne ben presto anche il custode dell’immagine e della costruenda chiesa di S. Maria della Cerqua.
Fino al 1975 si distingueva l’iscrizione apposta dal committente in basso:
“Pier Dominico alias Pozo dalli Paganelli essendo sgravato a morte como manifesto fo a tucti fo butito (= fece voto) a questa Madona: inmediate fo liberato. Lui per sua deutione la pagò questa figura“.
Tutt’intorno: “Ave di celi imperatrice sancta Maria exaltata divin cospeto piena de caritade, caritade tutta quanta, Dominus de la tua carne sancta tecum Dei“.
Altri affreschi dell’abside poligonale, tra cui una copia della suddetta Immagine, si devono a Francesco Sparapane (1528).
V’è memoria che nella chiesa abbia dipinto anche il ferrarese Marco Fabri.
La chiesa diventò subito un santuario mariano molto frequentato, soprattutto da viandanti e pellegrini, l’altare che racchiudeva la sacra immagine ed il presbiterio furono separati dal resto della chiesa da una grande cancellata in ferro che era possibile superare passando da due porticine in pietra situate ai lati, nei cui architravi era incisa la seguente scritta:
“Ihesus — 1526 — Virgo Maria—AI tempo de Francisco de Sannibaldo e Lorito de Iovanno Antonio Santisi“.
Il grande edificio, presso il quale con il tempo si era affievolito il culto, dovette però soccombere in seguito alle scosse del terremoto del 1703, dopo il quale fu comunque approntato un pronto restauro settecentesco che salvò almeno il presbiterio e la navata centrale, con i quali continuò a svolgere il suo ruolo di santuario.
Sul campo antistante la chiesa veniva organizzata una fiera che durò fino alla fine dell’Ottocento per poi essere spostata a Norcia; avvenuto il trasferimento della fiera in città, il Comune pian piano venne meno agli obblighi di mantenimento del Santuario, malgrado i vari cappellani che prestavano servizio nella chiesa si appellavano di volta in volta e la chiesa inesorabilmente iniziò un lento declino, che l’ha portarono al declino.
Il colpo di grazia comunque è arrivato successivamente con l’incuria del tempo ma soprattutto a causa dei danni provocati dai terremoti del 1979 e quello più recente del 2016 che lo ha letteralmente raso al suolo.
Da questa chiesa sono stati anche distaccati una serie di affreschi del sec. XVI, che si trovavano lungo le pareti della chiesa e che attualmente sono conservati nel Museo della Castellina di Norcia e che raffigurano principalmente la Madonna col Bambino, venerata in questa chiesa sotto il titolo della Madonna della Quercia.
Dopo il sisma del 1979, l’inferriata, le porticine in pietra e la parte superiore dell’altare sono andati distrutti o dispersi.
Presso questa chiesa, nel corso dei secoli, venne edificato anche un piccolo eremo, rimasto abitato fino alla fine del sec. XIX, quando nelle immediate vicinanze venne costruito anche il cimitero per tutte le frazioni di Norcia, facenti capo a questo territorio denominato Capo del Campo, così chiamato poiché qui erano soliti accamparsi gli eserciti ostili a Norcia in virtù del terreno pianeggiante, della vicinanza del fiume Pescia, della disponibilità di biade e delle possibilità di fuga o di accesso.
Aspetto
Nonostante il grave stato di fatiscenza in cui versa attualmente, l’edificio mostra ancora una grande impostazione architettonica cinquecentesca di cui restano all’esterno robusti pilastri e volte costolonate in pietra sponga, che denotano una costruzione originaria a tre navate, preceduta e circondata da trasanne.
Nella facciata si trovavano ancora il grande portale a tutto tondo, con le due finestrelle devozionali ai lati e l’oculo in alto al centro, mentre sul lato destro, in corrispondenza della sacrestia, si elevava un piccolo, ma snello campanile a vela.
Attualmente è ridotta a rudere.
La Fiera
Subito dopo la costruzione del grande santuario mariano di Capo al Campo, venne istituita nella stessa località anche una grande fiera o mercato, che ebbe da subito una grande importanza sia per gli interessi economici che vi giravano intorno, che per l’interessante ingaggio che si poteva effettuare, da parte di mercanti e commercianti, di lavoranti stagionali per l’inverno successivo.
Proprio per questo ultimo motivo la fiera che si svolgeva fino al sec. XIX intorno alla chiesa di S. Maria della Quercia, nei giorni immediatamente successivi alla festa dell’Assunzione di Maria, cominciò ad essere conosciuta nel circondario con il curioso nomignolo di “Fiera di sienti ‘mpuò“.
Questa fiera è ancora quella che si svolge a Norcia il 16 agosto è ancora conosciuta con la stessa identica denominazione.
Di tale fiera si conservano anche i Capitoli che il Comune di Norcia redasse nel 1560, nonché varie Riformanze Comunali dove, già da prima della redazione dei Capitoli, venivano nominati i Soprastanti, uomini incaricati di provvedere alla pubblicizzazione e al miglior svolgimento della fiera.
La sua indizione veniva fatta a meno di un provvedimento preso dalla suprema Magistratura comunale, che veniva bandito in diversi luoghi della città e del Contado, affinché tutti potessero prendere parte alla manifestazione.
I Soprastanti, che erano quattro, due della città e due del Contado, dovevano provvedere, per la buona riuscita della fiera, con piena autorità e decisione, a far allestire taverne, osterie e banchi di vendita di carne, frutta, vettovaglie e ogni altra cosa da mangiare, in modo che non mancasse niente ai partecipanti.
Avevano piena autorità di redimere qualsiasi controversia, di far pulire le strade prossime alla chiesa, di far sgombrare i terreni dove si sarebbero sistemati i venditori di oggetti e di bestiame e di provvedere in prossimità della fiera di non far deviare l’acqua del Pescia, molto necessaria dato il raduno di tanta gente.
Il giorno della festa dell’Assunzione, il 15 agosto, si potevano lucrare presso la chiesa delle Indulgenze plenarie, per cui si doveva provvedere a far dire diverse messe e in ultimo una Messa cantata, dove venivano poi offerti dei ceri per l’altare della Madonna della Quercia, da parte del Sindaco del Comune, dei Capi d’Arte, dei Connestabili delle Guaite e dai Vicari, Massari e Sindaci dei vari centri del Contado, chiamati con ordine attraverso il suono di una tromba.
Tutti costoro si dovevano radunare davanti al piazzale della chiesa, in prossimità di un’edicola esistente un tempo nel pianale e chiunque non compariva, doveva pagare una multa in denaro, che andava sempre a beneficio della chiesa.
Subito dopo aveva luogo la fiera, che poteva durare sino a dieci giorni, con tutti i privilegi e le facilitazioni di vendita e acquisto delle merci e dei bestiami, che avevano in Norcia le fiere di S. Benedetto e di S. Giovanni.
Alla fiera dovevano partecipare tutti i venditori e mercanti di Norcia e dei centri vicini provenienti anche dai territori confinanti, e principalmente i venditori di stoffe e merci varie, calzolai, fabbri, ramai, vasari, vetrai e fruttaroli, nonché tutti coloro che avessero degli animali da vendere, grosso o minuto che fosse.
Tutti costoro dovevano poi accordarsi con i Soprastanti, per organizzare case mobili, padiglioni, baracche, capanne tettoie e recinti, che potevano restare in piedi nei luoghi, stabiliti, fino alla fine del mese di agosto. 11 giorno 16 agosto, successivo alla festività, si correva poi il Palio delle Cavalle, una sorta di corsa, dove vinceva il cavaliere che arrivava primo, con partenza dal luogo chiamato la mossa ed arrivo nel piazzale della stessa chiesa.
La fiera si continuò a svolgere, forse con minor concorso di popolo e con minori festeggiamenti religiosi fino a circa la metà dell’Ottocento, quando il Comune di Norcia provvide a far trasferire d’autorità la fiera all’interno della Città.
Il trasferimento non avvenne comunque da un giorno all’altro, se è vero che in alcuni documenti di archivio settecenteschi, compaiono già diverse richieste parte del comune di Norcia alle autorità competenti, per tale trasferimento.
Fonti documentative
Cesvol – Savelli di Norcia Storia e Tradizioni – Proloco Savelli di Norcia
http://www.archeosib.altervista.org/Madonna_della_Quercia.htm
R. Cordella – Norcia e Territorio “Una mostra un restauro” – 1995