Chiesa di Santa Maria della Lode a Vescovìo – Torri in Sabina (RI)
Cenni Storici
Conosciuta anche con i nomi di “Cattedrale di Sabina” e “Santa Maria in Vescovìo“, si erge nella pianura dove sorgeva l’antica città romana di Forum Novum.
Forum Novum era sede di diocesi documentata fin nell’anno 465, è pertanto probabile che fin da allora si trovasse in loco una chiesa paleocristiana.
Una fase paleocristiana in Santa Maria non è però documentata da nessuna fonte né tanto meno individuata da scavi archeologici, se ne può intuire l’esistenza da alcuni elementi della facciata, della cripta e del transetto.
La costruzione dell’attuale edificio iniziò nell’VIII secolo; a tale fase apparterrebbe il transetto, come testimoniato dai lacerti di affreschi, mentre la cripta semianulare, la facciata e l’abside risalgono al secolo IX.
L’esistenza della chiesa di S. Maria in Vescovio è attestata già nell’anno 781, quando in essa (ed esattamente sul suo altare maggiore) alcuni anziani del posto furono chiamati a testimoniare, davanti ai messi di Carlo Magno, a proposito dell’antica pertinenza del territorio circostante alla Chiesa di Roma.
Nell’alto medioevo, l’attuale basilica svolgeva le funzioni di chiesa cattedrale, come attesta un passo del Liber Pontificalis relativo alla biografia di papa Pasquale I (817- 824), passo che ricorda il dono di una tovaglia d’altare eseguito dal pontefice alla ecclesia beatae Dei genitricis Mariae dominae nostrae, sita Savinis in episcopio. Nell’876 Vescovio fu distrutta dai Saraceni e la sede episcopale trasferita per motivi difensivi nel vicino castrum di Toffia, nella chiesa di San Lorenzo.
Pochi anni dopo però tornò ad essere unica sede diocesana della Sabina, come attestato da una bolla di papa Marino II 944, diretta al vescovo Giovanni: concederemus et terminaremus episcopatum Sabinensem, qui est ad honorem S. Mariae Dei Genitricis, qui ponitur in Foronovo.
Fu restaurata a più riprese nei secoli successivi.
La recinzione presbiteriale risalirebbe alla fine del IX secolo, dopo la distruzione della chiesa da parte dei saraceni.
Un più consistente intervento di ripristino è collocato fra X e XI secolo e riguardò le porzioni intermedie dell’alzato del transetto.
Il secondo invece molto più esteso, inserito cronologicamente fra XI e XII secolo, comportò l’ampliamento della cripta, con l’aggiunta di due ali laterali a oratorio, la decorazione affrescata dell’altare e la ricostruzione delle parti alte delle murature del transetto.
A tale periodo sarebbe da ricondurre inoltre anche la costruzione del campanile, mentre la navata della chiesa sarebbe da considerare del XII secolo.
Una fase di ripresa economica e culturale si ebbe nel Duecento, epoca alla quale risalgono gli affreschi.
All’episcopato del cardinale Gerardo Bianco da Parma va attribuito l’intervento di riassetto più significativo, promosso per l’incremento urbanistico del borgo dotato di ben “centum focolaria” destinati ad ospitare i canonici della curia.
I lavori intrapresi sul finire del XIII secolo, furono elogiati da papa Bonifacio VIII in un Breve del 1295.
In seguito la pianura, abbandonata a poco a poco dai suoi abitanti, divenne paludosa e malarica.
Dato lo stato di desolazione, nel 1495 si decise di trasferire l’episcopio a Magliano Sabina, ma nel 1521 Leone X restituì a Vescovio il titolo di cattedrale e diede a Magliano quello di concattedrale.
Un ultimo tentativo per non lasciare Vescovio nel completo abbandono lo fece il cardinale Gabriele Paleotti nel 1569 erigendo un grandioso edificio da adibire ad abitazione di religiosi di ordini diversi che si susseguirono nella custodia del santuario fino alla prima metà del ‘700; in seguito la chiesa fu affidata ai parroci dei paesi vicini che si limitarono ad andarvi saltuariamente per dirvi messa.
Nei primi anni dell’Ottocento furono imbiancate le pareti e coperti gli affreschi che fortunatamente tornarono alla luce circa cento anni dopo con lo sgretolarsi della calce e furono restaurati negli anni Trenta.
Un ulteriore restauro è stato eseguito dalla Soprintendenza ai Beni Storici e artistici del Lazio a seguito del sisma del 1979 che interessò l’area della Sabina, dell’Alto Lazio e dell’Umbria.
Aspetto esterno
Il complesso episcopale di Vescovìo comprende la cattedrale e la canonica del XVI secolo ampliata all’inizio del Novecento, è circondato da un muro in blocchetti di calcare di medie dimensioni inframmezzati da filari di laterizi.
Si accede al cortile antistante il complesso attraverso una sorta di protiro databile al secolo XII, si legge la scritta: ECCLESIA CATHEDRALIS SABINORUM.
La facciata della Chiesa presenta un profilo a capanna con la muratura a vista e un unico ingresso; si mostra caratterizzata da un complesso palinsesto murario, che evidenzia numerosi interventi di restauro.
Al centro è un grande arco, sotto il quale, perfettamente in asse, si apriva un secondo arco più piccolo, di cui rimane unicamente parte del rene destro, molto probabilmente da identificare con l’antico ingresso alla cattedrale.
La muratura si presenta composta, soprattutto nella parte centrale, da filari non sempre regolari di blocchetti di calcare sbozzati, inframmezzati da ricorsi, interrotti in più punti, di laterizi, a imitazione dell’opus listatum romano, mentre sulla porzione superiore i filari di laterizi scompaiono quasi del tutto per far posto a una tessitura molto irregolare di scaglie e blocchetti di calcare.
Sulla sinistra si apriva una finestra di ampie dimensioni con ghiera in laterizi, successivamente interessata da un restauro con riduzione della luce originaria, al suo interno è ricavata una seconda monofora arcuata, anch’essa poi tamponata, con una ghiera in laterizio.
Sul lato opposto si apre un’altra monofora, solo parzialmente visibile dietro il campanile.
In alto a sinistrasi nota una piccola porzione, in laterizio, ove il piano della facciata rientra in corrispondenza dell’innesto della muratura esterna occidentale della navata, in questo punto arretrata rispetto al resto del muro laterale.
Questa sezione della facciata conserva ancora un tratto dello spiovente originario non coincidente con quello attuale.
Le pareti esterne della navata presentano una muratura perfettamente omogenea, in blocchetti di calcare, sostituiti nell’estrema porzione superiore da filari di laterizi, mentre quattro serie di buche pontaie si susseguono fin quasi agli spioventi.
Su entrambe le pareti si aprivano tre monofore polilobate, ne rimangono visibili solo due sul lato occidentale, chiuse da un arco a sesto acuto, e due piccole feritoie strombate.
Il transetto presenta su tutte le pareti esterne una complessa muratura disomogenea, composta da filari di laterizi romani di spoglio, ai quali in più punti si sostituiscono, in modo non regolare, blocchetti di calcare o anche, più raramente, di tufo.
A partire dal lato sud del braccio occidentale, il cantonale è composto in basso da grossi blocchi di pietra calcarea e tufo, a segnare il piano di spiccato originario, ai quali si sostituiscono, procedendo verso l’alto, ricorsi di laterizi con l’inserto in qualche caso di blocchi di pietra ben squadrati.
In tutta la parte bassa e centrale della parete vi sono zone in cui la muratura inizialmente in laterizi è sostituita in modo non regolare da piccoli blocchi di calcare, senza soluzione di continuità.
In basso si nota un’apertura nella muratura, successivamente tamponata da pietrame sbozzato e irregolare.
Nella sezione terminale la tessitura muraria è composta esclusivamente di laterizi, alla fine dei quali, poco prima dell’attacco degli spioventi, ritorna un filare di blocchetti di calcare al quale si sovrappongono altri filari in mattoni. Sulla destra, in basso, si apre una finestra con montanti e arco in laterizi, chiusa parzialmente da una seconda monofora, anch’essa in laterizio.
La testata occidentale del transetto presenta una tessitura muraria in gran parte simile a quella appena descritta.
Nella sezione in basso, a partire dai cantonali, i filari di laterizi sono sostituiti in modo progressivo e ad un’altezza non regolare, da bozze di calcare.
Nel settore centrale il muro è formato esclusivamente da ricorsi di piccoli blocchi di calcare, mentre nella parte superiore, al livello di imposta delle finestre, la parete è composta quasi esclusivamente da laterizi, disposti in modo regolare.
Le due aperture hanno conservato la luce originaria, di una certa ampiezza con stipiti ed arco in laterizio.
Al livello del frontone terminale, infine, si nota un arretramento del piano della parete, costituita da filari regolari di laterizio, di colore più chiaro rispetto a quelli del settore sottostante, con al centro un oculo formato da conci di pietra calcarea disposti a raggiera.
Il piano degli spioventi è segnato da una serie di mensoline, sopra le quali si nota una muratura sempre in laterizi disposti in senso obliquo, sicuramente frutto di un restauro moderno.
Anche nella parete settentrionale del transetto, di cui rimane visibile per intero solo il braccio occidentale, si ritrova la medesima sequenza delle murature già riscontrata sulle pareti sud e ovest. In basso è un arco in laterizi privo di piedritti, con la funzione di semplice arco di scarico, mentre in alto si apre una finestra, la cui luce, anche in questo caso, risulta ridotta da un intervento di restauro antico.
In una minima porzione dell’alzato, nel punto di innesto con la parete del cilindro absidale, ritorna il tipo di muratura rintracciata sulla facciata, cioè filari di blocchetti di calcare sbozzati, inframmezzati da ricorsi di laterizi.
L’abside, di ampio raggio, con un apparecchio murario molto somigliante a quelli già descritti, è fornita di tre ampie finestre, quella centrale totalmente di restauro.
La muratura si chiude in alto con un filare di blocchetti di calcare, di forma irregolarmente quadrangolare, sulla quale corre una cornice a denti di sega.
Su questa si appoggiano, infine, una serie di mensole terminanti a voluta, in gran parte scolpite con motivi ornamentali a intreccio vimineo o fitomorfi, appartenenti al repertorio della scultura carolingia.
L’unica porzione visibile della parete esterna del braccio orientale è quella posta sopra il tetto della sagrestia.
La muratura è costituita da filari di laterizi ad andamento ondulato, con inserti sporadici di conci di calcare e tufo, mentre in alto, al livello dell’attacco dello spiovente, sono una serie di mensoline lisce terminanti a volute.
Nella testata orientale del transetto si ritrova la medesima apparecchiatura muraria riscontrata in precedenza.
Nella parte superiore si aprono due grandi finestre, poi tamponate.
In alto, poco al di sotto del colmo degli spioventi del frontone, all’interno del quale, leggermente decentrato sulla sinistra, si apre un oculo, perfettamente identico a quello posto sulla testata ovest, si trovano una serie di archetti pensili in tufo e mensoline di forma trapezoidale, che recano decorazioni incise appena visibili.
In alto sono ancora due livelli di murature entrambi in laterizi, il primo terminante con mensole squadrate sporgenti, il secondo sicuramente frutto di un restauro moderno.
Anche nella porzione sud del braccio orientale, infine, analogamente a quanto riscontrato sulla parete corrispondente del braccio occidentale, si rintraccia in basso un’apertura di cui rimangono visibili l’arco e lo stipite destro mentre nella parte superiore è una finestra, la cui luce fu successivamente ridotta da una seconda monofora, che presenta una ghiera formata da un doppio giro di archetti in blocchetti di calcare ben squadrati.
Il campanile, addossato sulla parte destra del prospetto, è a cinque ordini su alto basamento.
Aspetto interno
L’interno presenta una pianta basilicale a navata unica, con presbiterio composto da un transetto continuo sporgente, abside centrale rialzata con sottostante cripta a oratorio, confessione semianulare e corridoio assiale.
Il tetto, sino al 1969, era costituito da un unico spiovente inclinato verso l’abside, la cui rimozione ha portato alla scoperta di un grande oculo, che si apriva sopra l’arco trionfale.
Ciclo degli affreschi duecenteschi
Sulle pareti della navata si sviluppa un importante ciclo dipinto con scene raffiguranti storie del Vecchio e Nuovo Testamento, della fine del Duecento, disposte su due registri.
Il ciclo inizia dal registro superiore della parete destra, a partire dalla zona presbiteriale: qui sono le prime due scene, purtroppo molto deteriorate che raffigurano la Creazione dell’Universo e di Adamo e la Creazione di Eva.
Seguono quattro altri episodi della storia di Adamo e Eva: nella prima, il Peccato originale, i due sono accanto all’albero, intorno al cui fusto e arrotolato in serpente, poi il Rimprovero Divino: sentono la voce di Dio e si nascondono fra gli arbusti.
Segue la Cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre in cui si vede l’arcangelo prendere Adamo per il torso e condurlo ad una porta raffigurata in un piccolo edificio, infine si vede il Lavoro di Adamo ed Eva, con Adamo che zappa la terra e Eva che fila.
L’ultimo riquadro del registro superiore raffigura il Sacrificio di Caino e Abele, ove il primo tiene in mano delle spighe di grano e il secondo un agnello; si riprende al registro inferiore con l’Assassinio di Abele, in cui è erasa la figura del fratricida.
Il secondo e il terzo riquadro sono poco leggibili, probabilmente v’era la storia del Diluvio Universale e dell’Arca di Noè.
Segue, al quarto riquadro, il Sacrificio di Isacco.
Gli ultimi quattro riquadri mostrano scene degli inganni tesi da Giacobbe al padre Isacco: nel primo Isacco manda Esaù a caccia: in presenza di Rebecca, il cieco genitore comanda a suo figlio Esau di andare a caccia; poi Isacco benedice Giacobbe: si vede Giacobbe portare un arrosto al padre, con braccia e collo coperti di pelli di animali, per far sì che l’anziano e ormai cieco padre lo scambi per Esau, mentre Rebecca guarda da dietro una tenda. Quindi si vede Esau che con una freccia ammazza una lepre, infine Esau tornato dalla caccia, che si presenta al padre ingannato.
Sulla parete sinistra della navata il ciclo dipinto prosegue con le scene raffiguranti storie del Nuovo Testamento.
Sempre partendo dal presbiterio al registro superiore al primo riquadro Annunciazione.
Nel secondo e terzo riquadro la Visitazione e la Natività, molto lacunosi.
Nel quarto riquadro Adorazione dei Re Magi, poi la Presentazione al Tempio, a seguire la Fuga in Egitto.
Nell’ultimo riquadro del registro superiore, quasi interamente perso è raffigurata la figura di un re, con ogni probabilità Erode, forse era la scena della strage degli innocenti.
Nel registro inferiore Trasfigurazione: Cristo in una mandorla fa il gesto di benedire, fra Elia e Mose; Pietro, Giacomo e Giovanni sono buttati per terra.
Poi Ultima Cena, il Bacio di Giuda con la cattura di Cristo, Crocifissione: la Madonna è svenuta e una pia donna la sostiene; all’altro lato si trova San Giovanni seduto e il Centurione che indica Cristo.
Segue la Resurrezione: il Salvatore racchiuso in una mandorla, le verghe con la Crocee l’Agnello mistico in mano, esce maestosamente dalla tomba, a destra un gruppo di soldati dormenti.
Poi le Pie donne al sepolcro: l’Angelo seduto sul bordo della tomba, indica dietro a sé il sepolcro vuoto.
Sulla controfacciata si ritrova il grande arcone già visto all’esterno e sui lati le due monofore, in alto si trova una grandiosa rappresentazione ad affresco del Giudizio Universale, attribuita sempre a maestranze romane di scuola cavalliniana, databile all’ultimo decennio del XIII secolo.
Interno
Sul lato sinistro del corpo longitudinale è il pulpito, risalente al XV secolo, che riutilizza nel pavimento e nei parapetti lastre e pilastrini provenienti dalla recinzione presbiteriale carolingia e frammenti della Schola Cantorum distrutta dai saraceni.
Al termine della navata è un monumentale arco trionfale che si sviluppa per un’altezza di metri 8,3 sostenuto da robusti pilastri, che segna il passaggio all’area presbiteriale.
Qui è stato riportato alla luce il livello pavimentale originario in lastre di marmo, posto poco più di mezzo metro sotto quello attuale, vi si trovano i resti della recinzione presbiteriale carolingia, due pilastrini terminali e frammenti di alcune lastre.
Al centro è l’altare in muratura del tipo a blocco, ricoperto di affreschi ancora in buono stato di conservazione.
Sul lato frontale, in alto, è la Vergine in Trono col Bambino fra angeli e santi tra cui sono riconoscibili Pietro, Paolo e Giovanni, mentre più in basso, al livello del presbiterio, sono due figure di profeti, Aronne e Melchisedec, posti accanto alla fenestella confessionis, comunicante direttamente con la camera delle reliquie della cripta.
Sul lato est, sono visibili i resti di una croce e un cervo, mentre su quello ovest, più integro, ritorna la croce, affiancata da due cervi.
Dietro l’altare si apre l’abside, posta ad un livello rialzato, alla quale si accede salendo tre gradini, con al centro la cattedra episcopale, mentre sulla destra è l’ingresso alla sagrestia, coperta da una volta a botte cinghiata probabilmente risalente al XIII secolo.
Nell’abside, è affrescata una Madonna col Bambino del 1400 dipinta da maestranze locali ispirandosi alla Salus Populi Romani di Santa Maria Maggiore.
I due bracci laterali del transetto sono rialzati e ad essi si accede dall’abside, tramite due gradini.
Sulla parete sinistra si nota un grande affresco cinquecentesco raffigurante San Leonardo.
Sulla parete settentrionale si trova un altare, sistemato entro una nicchia con arco in forte aggetto, sorretto da mensole scolpite.
Vi si trova un affresco raffigurante i Santi Martiri Fabio, Basso, Massimo, Antimo e Eutimio.
Nel transetto destro un Crocifisso del 1500 ed il piccolo fonte battesimale del IX secolo.
Sulla parete settentrionale si trova un altare, sistemato entro una nicchia con arco in forte aggetto, sorretto da mensole scolpite.
Vi si trova un affresco raffigurante i Santi Antonio, Sebastiano e Pietro da Verona.
Anche qui le pareti appaiono articolate da nicchie ricavate nello spessore del muro.
Ne rimangono tre sul braccio occidentale, quella centrale conserva nel sottarco ancora pallide tracce dell’originaria decorazione affrescata, nella quale si riconoscono motivi ornamentali a squame e solo due su quello orientale.
Le nicchie centrali, di dimensioni maggiori rispetto a quelle laterali si trovano in perfetta corrispondenza con le aperture presenti sulle pareti esterne dei due bracci del transetto.
Si deve pensare dunque che qui vi fossero in origine due ingressi, poi richiusi, che mettevano in comunicazione il santuario con il complesso episcopale.
Sulla parete destra, al di sotto del ciclo duecentesco, sono affrescate una Madonna col Bambino e una Madonna in trono che allatta il Bambino tra due Angeli, affreschi trecenteschi di buona mano.
Cripta
Dal presbiterio si scende attraverso quattro gradini alla cripta posta, rispetto all’attuale piano di calpestio, ad un livello inferiore di circa un metro.
Il sotterraneo è suddiviso in tre parti.
Le prime due, ricavate sotto i bracci laterali del transetto, sono coperte da volte, costruite con getto di conglomerato su centina con interposta stuoia, sorrette da pilastri e sottarchi in laterizio, con un’altezza che varia da m 1,80 a 2,07.
La quota dei due ambienti è quella originaria, come attestano i resti dell’antica pavimentazione in lastre di marmo, su cui si appoggiano alcuni pilastri.
Alla base della parete perimetrale sud si rintracciano i resti dei piedritti delle nicchie realizzati in filari regolari di laterizio.
Fra questi furono sistemati successivamente grossi blocchi di pietra squadrati, su cui si appoggiano i pilastri che sostengono le volte.
È evidente che al momento della trasformazione degli ambienti in oratorio, le nicchie furono tamponate e il muro in parte pareggiato.
In più punti delle pareti si conservano consistenti tracce della decorazione affrescata.
Sul muro est dell’ala orientale si riconoscono ancora resti di velari dipinti decorati con orbicoli e motivi geometrici, sui quali si appoggiano i pilastri che sorreggono le volte della cripta.
Sulla parete settentrionale del braccio ovest, all’interno di una rientranza del muro corrispondente perfettamente alla nicchia del piano superiore, che in origine si apriva fino al livello del pavimento, si conserva un largo brano ad affresco suddiviso in pannelli quadrangolari, incorniciati da larghe fasce di colore rosso.
In alto sono i resti di un’iscrizione dipinta, sotto la quale si svolge un tralcio vegetale, mentre più in basso è un uccello con un lungo becco.
La volta a crociera si appoggia all’intonaco dipinto interrompendo lo sviluppo della decorazione affrescata, che doveva estendersi ancora verso l’alto.
La terza parte della cripta, posta ad un livello leggermente inferiore, è composta di un deambulatorio semianulare, ricavato lungo la parete interna dell’abside e da un passaggio rettilineo, che conduce alla camera delle reliquie.
La quota dell’ambiente è, anche in questo caso, quella originaria come dimostrato dalla presenza sul pavimento di alcune lastre in marmo.
Sono ancora visibili inoltre gli antichi ingressi dei quali si conservano, sul lato est, l’imposta destra e l’architrave, e sul lato ovest solo l’architrave.
Le murature del deambulatorio sono composte di bozze in pietra e rari ricorsi di laterizi romani di reimpiego con andamenti non lineari.
In fondo al corridoio assiale è l’altare del SS. Salvatore, composto da una lastra marmorea romana, al cui centro è stato ricavato un pozzetto circolare, probabilmente per l’alloggio di una lucerna.
Sopra la mensa si apre un arco, decorato con motivi geometrici, mentre sui fianchi sono dipinte le immagini di San Giovanni Battista e di San Giovanni Evangelista, in alto l’Agnello.
Oltre l’altare si apre un vano rettangolare coperto da una volta a botte, comunicante con il presbiterio attraverso la fenestella confessionis, alla base della quale è un solco scavato su una lastra di marmo che attesta la presenza in origine di una grata, forse in metallo.
Al di sotto di tale ambiente se ne apre un secondo, segnalato da un’altra lastra romana di reimpiego, decorata con un motivo a baccello, sporgente dalla parete di fondo del corridoio assiale.
Si tratta del deposito delle reliquie dei martiri venerati nella cattedrale.
La muratura del corridoio assiale è composta da blocchi di pietra calcarea dai ricorsi non regolari, inframmezzati da filari di laterizi, presenti soprattutto nella parte alta della parete.
I due “denti” del deambulatorio non presentano la medesima lunghezza, quello occidentale difatti è più corto e presenta un profilo rientrante.
La copertura, infine, è costituita da lastre disposte in orizzontale inserite nella muratura e sorrette da una cornice dal profilo concavo.
Note
In un ambiente attiguo alla chiesa sono conservati interessanti reperti, sarcofaghi romani e paleocristiani, rocchi di colonne e una statua acefala.
Nella soprastante collina si scorgono i resti di un insediamento monastico.
Nota
La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
Nota di ringraziamento
Si ringrazia il gentilissimo parroco don Daniel Navarros per gli utili suggerimenti e per la sua cortese accoglienza, si ringrazia l’amico Pierluigi Capotondi per la foto dei ruderi del monastero.
Fonti documentative
BETTI FABIO – La Cattedrale di Vescovio in Sabina e l’architettura Carolingia nel Ducato di Spoleto – in Atti del Convegno Internazionale di Studi, Parma 2001
BETTI FABIO – La Diocesi di Sabina – CISAM 2015
BETTI FABIO – Modelli architettonici carolingi di abbazie e cattedrali in Sabina e nel Lazio: gli esempi paralleli di Vescovìo, Farfa e S. Magno di Fondi – in THEORY AND CRITICISMOF LITERATURE AND ARTS Vol. 3, No. 1(April 2018) pp. 66-103
FIOCCHI NICOLAI VINCENZO – I cimiteri paleocristiani del Lazio, II, Sabina - Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana Città del Vaticano 2009
TOZZI ILEANA – Il culto delle Madonne arboree nel territorio delle Diocesi di Rieti e Sabina
TOZZI ILEANA – Il culto delle “Madonne arboree” tra Sabina ed Aquilano - in Deputazione Abruzzese di Storia Patria, Incontri culturali dei soci (n° 1), L’Aquila 1992, pp. 87-91.
VAN MARLE RAIMOND – Gli Affreschi del Duecento in Santa Maria in Vescovio Cattedrale della Sabina e Pietro Cavallini - in Bollettino dei beni Culturali 1927 – I LUGLIO – ANNO VII
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