Chiesa di Santa Maria de Equo – Ruscio di Monteleone di Spoleto (PG)
Cenni Storici
La Chiesa di Santa Maria de Equo è localizzata fuori dal paese di Ruscio, in prossimità del bivio che a nord si dirigeva a Trivio (innestandosi nell`antica strada romana che collegava Monteleone di Spoleto con Villa San Silvestro), a sud, attraverso Rescia e la Forca omonima, raggiungeva il piano di Chiavano all`altezza di Terzone.
La Pieve è ricordata nel sec. XIV dal codice “Pelosius” e dalle “Rationes Decimarum” del 1333 (cf. P. Sella, n. 2823) della Diocesi di Spoleto.
Solo nel sec. XVIII il priorato benedettino, “Prioratus S. Marie de planu” fu ridotto a semplice beneficio alla morte dell’ultimo eremita Fra Paolo avvenuta nel 1731.
Mons. Carlo Giacinto Lascaris Vescovo di Spoleto scrive in “Visita pastoralis, ms 1712 tomo II Arch. Arciv. Spoleto” riassumendo le antiche tradizioni:
“La chiesa di S. Maria del Piano sorge presso il fiume Corno.
V’è un unico altare con la statua lignea della B. V. M. chiusa in una decorosa grata di ferro.
A cornu evangelii v’è una porta laterale da cui per alcuni gradini si scende alla cripta (ecclesiam subterraneam) piccola ma assai bella per le mura antiche su cui si scorgono antichi dipinti e per i relitti di due altari.
Si dice che nel secondo altare si conservano insigni reliquie, trasferite poi a S. Nicola, attuale pievania di Monteleone.
Sotto il primo altare sarebbe stato sepolto il corpo del venerabile Gilberto o Liberto, un eremita che era vissuto molti anni in questo luogo, qui venerato dai popoli fin dal 1400.
Da un’altra porta laterale si entrava in una stanza rustica che fu abitazione degli eremiti fino al 1703 quando la chiesa fu rovinata dal terremoto.
Da antiche tradizioni si sa che questa chiesa fin dall’origine fu la Pieve matrice di tutte le altre chiese della Terra e del distretto di Monteleone ed era amministrata dai monaci Benedettini.
In seguito fu trasformata in beneficio semplice e concessa ad un sacerdote con l’obbligo della residenza. Recentemente l’ottenne, con dispensa dal risiedervi, il rev.mo Vallemani, priore di S. Nicola a Fabriano, che ne riscuote le rendite abbastanza pingui provenienti dai prati e dalle decime, e ne lascia la cura delle anime al rettore della chiesa parrocchiale di Monteleone coll’obolo di 2 scudi annui”.
Anche il fonte battesimale dopo il 1310 era stato trasferito in quella chiesa.
L’illustrissimo Visitatore ordinò che si redigesse una relazione dello stato della chiesa per poterla trasmettere al Card. Vallemani.
Scrive don Ansano Fabbi (Storia di Monteleone di Spoleto pubblicata su Leonessa e il suo Santo):
“Oggi nella solitudine campestre dell’altipiano di Ruscio, fasciata di verde, si scorge la chiesa, vetusta come un foglio di pergamena ingiallita usata successivamente per palinsesto.
Nel piccolo Oratorio del sec. XII, coperto a volta con resti di affreschi, penetra per una stretta feritoia una luce scialba e serotina.
Una piccola campana sugli archi a vela, suonata dall’eremita, annunziava la fine del giorno ed invitava gli agricoltori alla preghiera.
Nel sec. XIII sorse accanto alla Pieve romanica adorna di un nartece a capanna su di un portale sormontato da lunetta.
Sulla facciata un tempo era un oculo ad abbellire la cortina, i cui filaretti irregolari si prolungano sulle pareti esterne ed interne.
L’Oratorio non più in uso, per l’accumularsi di detriti alluvionali, fu chiamato cripta e servì a seppellirvi i cadaveri dei “filii ecclesiae”.
Le pareti della chiesa furono abbellite di quadri votivi nel sec. XVI.
Si scorge ancora un trittico con le immagini della Madonna col Bambino tra S. Antonio Abate e S. Lucia.
Sono dipinti di tarda reminiscenza peruginesca, per gli esili ed estatici volti, dallo sguardo sereno, dalla scollatura piatta secondo il manierismo dei pittori della Valnerina al seguito di Giovanni Lo Spagna e Giovanni di Girolamo spoletino.
La statua lignea di cui parla il Lascaris, si conserva in S. Francesco, ed è un gioiello di scultura romanica della Valle “.
Antonio Piersanti nel suo manoscritto del 1702 (Arch. Parrocchiale) notava che l’8 Settembre nei pressi della Pieve si teneva una fiera importante con la distribuzione di pani ad opera dei benefattori Gentile e Luca Piersanti.
Il portico che si ergeva sulla parete sinistra serviva per questo mercato coperto: rappresentava anch’esso una continuità storica delle feste che si celebravano attorno al precedente tempietto pagano, dedicato forse alla “Magna Mater Cybale”.
Poi la fiera e la festa dell’8 Settembre fu trasferita in Monteleone dove si celebra ogni anno con grande solennità.
I restauri eseguiti e quelli che metteranno in luce l’antica mensa in pietra dell’altare del vecchio Oratorio, diano occasione ai nostri fedeli di una reviviscenza di fervore e di pietà attorno alla loro Chiesa matrice vetusta”.
Era il centro di culto più importante dell’antico gastaldato longobardo denominato “equano” da qui si deduce l’attribuzione “de Equo”.
Esterno
L’attuale edificio è romanico, impostato sui resti della preesistente struttura altomedievale.
La facciata, preceduta da un portico a trasanna (tettoia) più tardo in pessime condizione e davanti al quale si notano a terra le tracce di un nartece, rivela forme romaniche nella cortina a filari regolari di conci e nel portale a doppia ghiera e lunetta.
Inseriti nelle mura perimetrali, blocchi di pietra appartenenti ad antichi edifici romani che la fanno datare intorno al IX – XIII secolo.
La parte presbiteriale, priva di abside (dove sono reimpiegati i conci provenienti da edifici romani), è probabilmente ciò che rimane del preesistente edificio altomedievale, che si è innestato sull`asse di quello romanico dando luogo ad una navata insolitamente lunga.
Nell’insieme la volumetria della Chiesa di Santa Maria de Equo si presenta oggi alterata sia dal notevole interramento sia dall’abbassamento dei muri perimetrali.
Interno
L’ambiente interno della chiesa si evidenzia per la sua semplicità, tipica delle Pievi campestri.
Lungo la parete di sinistra un trittico di affreschi votivi di ingenua fattura, risalenti al secolo XVI, opera di un modesto seguace dello Spagna, raffiguranti Sant’Antonio Abate, Madonna col Bambino e Santa Lucia.
Seguono San Sebastiano e San Rocco, di modesta fattura.
Al Centro l’altare settecentesco, ornato da una statua lignea della Madonna con Bambino, ai lati in due nicchie, statue lignee di S. Pietro e S. Paolo.
Lungo la parete di sinistra altro trittico di affreschi votivi di ingenua fattura, raffiguranti San Rocco, San Sebastiano e Madonna col Bambino.
All’interno della Chiesa di Santa Maria de Equo, dietro l’altare settecentesco si trova, ad una quota più bassa della navata (a sua volta sicuramente più basso del piano di calpestio originale), un ambiente rettangolare coperto da volta a botte, con resti di decorazioni a fresco del sec. XV, da considerare come la trasformazione quattrocentesca della cripta romanica.
Di questa, che prendeva luce da una finestra con forte strombatura (tuttora esistente) è possibile riconoscere ancora l’imposizione della volta.
Sulle pareti resti di affreschi del principio del sec. XVI.
A sinistra è raffigurato il venerabile Gilberto o Liberto, eremita qui vissuto per molti anni, poi altro Santo non identificato, figura tagliata dall’apertura di una porta.
Sulla parete di fondo, ormai quasi illeggibile, si osserva l’affresco raffigurante il Crocifisso tra la Madonna e San Giovanni Evangelista, di buona mano, databile all’inizio del cinquecento, da taluni attribuito, in verità con scarso fondamento, a Giovanni di Pietro detto lo Spagna, più credibilmente riferibile alla sua scuola.
Sul lato destro piccolo e ingenuo affresco votivo.
Fonti documentative
Toscano B., Giacchè L., Ragni B., (1977), L’Umbria. Manuali per il territorio. La Valnerina. Il Nursino. Il Casciano, Roma, Edindustria
Informazioni tratte dal sito web http://www.archeoambiente.net/
Informazioni tratte dal sito web http://www.proruscio.it/
Informazioni tratte dal sito web http://www.lavalnerina.it/
Nota
La galleria fotografica e il testo sono stati forniti da Silvio Sorcini