Chiesa di Santa Maria Assunta (vecchia) – Duesanti di Todi

E’ difficile notare la chiesa seppur ai margini della strada, in quanto è stata completamente sopraffatta dall’edera che se per un verso l’ha aggredita, per un’altro è stata l’unica forma di salvezza dai crolli in quanto i rami hanno fatto da gabbia naturale che ha contenuto le pietre.

 

Cenni Storici

La chiesa di Santa Maria del castello di Duesanti viene così descritta nel libro dei Plebati di Todi del XIII secolo:
S. Maria Duorum Sanctorum: pievania, che ebbe sotto di sé S. Giovanni de’ Coppi, S. Angelo, S. Lorenzo di Lombrognano, S. Biagio di Petroro, S. Antimo monastero, S. Cristoforo de Fracta insangata, S. Giovanni del Busseto, S. Andrea di Migliola, S. Quirico di Casisci“.
Era sede di un Priore e quattro canonici fra cui si ricordano “….d. Petrus Mannoti canonicus, d. Panico Santuzi canonicus, d. Francescus Pietri canonicus...”.
Nell’elenco delle chiese censuarie del Capitolo, redatto nel 1269 che ci è stato tramandato da Luc’Alberto Petti (1563-1640), viene citata la chiesa in oggetto che era obbligata, come le altre, a conferire al Capitolo della cattedrale la decima in beni di consumo ogni anno per la festa di San Giovanni dopo Natale e semestralmente con rimesse in denaro da consegnare ai collettori.
Il priore e i 4 canonici quindi dovevano dare come decima al Capitolo della cattedrale due torte ripiene, otto polli, due grandi focacce e due capponi vivi nella festa di S. Giovanni dopo la natività del Signore
Item in carnisprivio caenam et prandium com moderatis servientibus dare annuatim et praestare tenetur“.
La Chiesa di S. Maria Assunta del castello di Duesanti viene fondata, secondo l’Alvi sotto il pontificato di Niccolò IV, (1288-1292), dagli antichi signori di casa Chiaravalle ed è sempre stata censuaria del Capitolo cattedrale di Todi.
Così scrive nelle Memorie storiche della città di Todi del 1390:
Si tiene che fosse eretta e fondata la Chiesa cima l’anno 1290 dagli antichi Signori di Casa Chiaravalle, posseduta indi in iuspatronato di Casa degli Atti; della quale Famiglia essendo priore della cattedrale Venturino degli Atti nel 1534 pregò il Consiglio, che si unisse alla massa capitolare, per le distribuzioni delle di Lei entrate, e Paolo III, che l’accordò, commise che si facessero celebrare 30 Messe, le quali si sodisfano in detta Chiesa dal Cappellano Curato, che amovibile vi stipendia detto Venerabile Capitolo“.
In quanto alla data di edificazione pare che l’Alvi abbia fatto un errore affermando che questa fosse il 1290, in quanto può essere retrodatata se si tiene conto dei pagamenti delle decime; infatti la chiesa, risultando essere censuaria della cattedrale di Todi e sede di un priore e quattro canonici, il 14 giugno 1276, secondo le Rationes Decimarum, attraverso il priore del canonicato pagò il saldo della decima dovuta al vescovo per il primo semestre del 1274.
Da ciò si evince che alla data del 1290 la struttura religiosa era già pienamente operativa da diversi anni nel territorio.
La chiesa compare anche nel catasto del 1322, fra le pievanie antiche, si legge “Pleb. S. Mariae Duorurn Sanctorum” e “Pleb. S. Mariae de Petriolo“.
Alla fine del 1400 il patronato di detta chiesa passa dalla casa Chiaravalle alla famiglia Atti, fino alla sua unione, alla mensa capitolare in data 18 luglio 1534 da parte di Venturino Atti, priore della cattedrale di Todi e pievano della chiesa .
Nell’atto sottoscritto davanti ad un notaio il richiedente indica le modalità dell’unione, che deve avvenire secondo le leggi di fronte ad un notaio e a testimoni e nel quale si precisa che alla chiesa parrocchiale deve essere destinato un presbitero o piuttosto un vicario, che somministri i sacramenti e che eserciti la cura delle anime.
Le entrate devono essere utilizzate per le quotidiane distribuzioni agli abitanti; inoltre per la salvezza dell’anima dello stesso Venturino Atti e per tutti i patroni passati e futuri, prima della celebrazione della festa di tutti i Santi e otto giorni dopo, deve avvenire una distribuzione particolare: si deve celebrare ad ogni anniversario da un canonico della stessa chiesa maggiore una Messa cantata, altrimenti 24 Messe non cantate ogni anno; si deve offrire e consegnare agli stessi patroni ogni anno nel giorno della natività di nostro Signore Gesù un cero di cera bianca.
La lettera risulta “Datum Rome apud Sanctum Petrum quinto decimo Kal. Augusti anno decimo“, cioè il 18 luglio dell’anno decimo di pontificato di Clemente VII (1533).
Il pontefice Paolo III Farnese, appena eletto al soglio pontificio, con un privilegio del 3 novembre 1534, decreta l’unione della parrocchia del castello di Duesanti alla mensa capitolare.
Quindi il Capitolo cattedrale di Todi diventa, e lo rimarrà fino a tempi recentissimi, il vero e proprio parroco titolare della chiesa curata del castello di Duesanti.
La dimostrazione che l’edificio era ben attivo nel XIII secolo è dimostrato anche dal fatto che quando Todi in quest’epoca istituì i Plebati (19) per meglio gestire il vasto contado, nel territorio di Duesanti ne vengono annoverati addirittura due, il “Plebato di S. Maria de Petriolo“, e il “Plebato di S. Maria di Due Santi“, ciò a dimostrazione della sua importanza nel XIII secolo.
I “plebati” erano una sorta di circoscrizioni amministrative istituite dal Comune di Todi intorno alla metà del XIII secolo per meglio amministrare l’immenso contado ed erano stati scelti in base alla posizione geografica delle pieni, al loro prestigio, alla loro antichità.
Quasi sempre queste pievi appartenevano a congregazioni dell’Ordine benedettino ed erano di grande importanza, ma assai spesso di piccole dimensioni architettoniche come in questo caso.
Il Plebato di Santa Maria di Duesanti comprendeva: Frontignano con 9 fuochi; Castel Petroij , 66; Due Santi, 34; Lombrignano, 11; Coppi, 6; San Damiano, 20; San Giovanni de Busseto, 7; Migliole, 7; totale 160 fuochi” (Liber focularium 1290-91).
Per meglio comprendere le fasi storiche dell’edificio e la sua integrazione nel territorio facciamo una breve carrellata nei resoconti delle Visite Pastorali effettuate dopo il Concilio di Trento.
Nella visita pastorale del 17 settembre 1574 effettuata dal visitatore apostolico Pietro Camaiani, vescovo, incaricato dai papi Pio V (1566- 1572) e Gregorio XIII (1572- 1585) viene annotato che la Diocesi si trovava in pessimo stato: chiese impoverite e cadenti, non officiate, parroci non residenti e rozzi, imperitissimi, molti dei quali male sapevano leggere e scrivere e che ignoravano perfino i primi rudimenti della fede.
Nella visita si legge che il castello di Duesanti è di proprietà del Capitolo e che don Taddeo Pacifico è il cappellano incaricato (“cui deservitur per substitutum cappellanum“).
Subito vengono date precise istruzioni circa i lavori da effettuare all’interno della chiesa: rifacimento del pavimento, in particolare delle lastre tombali e dei lati dell’altare maggiore; copertura delle pareti con la calce e relativa imbiancatura; chiusura delle finestre con pezze di lino; ingrandimento dell’altare maggiore con una capace predella di legno.
Interessante è l’esame delle immagini sacre: “un’icona, logorata dal tempo, si rinnovi e sia resa più leggibile dalla mano di un pittore”.
Quindi il visitatore ordina il restauro di altre immagini ed in particolare quella della “gloriosissima sempre vergine, che tiene tra le braccia il nostro Redentore“.
L’immagine dipinta in affresco che il Visitatore Camaiani vede è quella che noi oggi possiamo solo immaginare guardando i minuscoli frammenti del volto che sono rimasti nella parete, ma che ci fanno immaginare la bellezza della rappresentazione pittorica e a dedurre che nella chiesa abbiano lavorato artisti di buona mano.
Il Visitatore rileva che soltanto in nove chiese della diocesi è conservata l’Eucarestia in alcune non assiduamente ed in forma poco decente.
Viene rilevato inoltre che non è conveniente che un così alto numero di parrocchiani di Duesanti (60 fuochi) non abbia un’assidua custodia della sacrosanta Eucarestia; non si può addurre la scusa che il tempio è situato fuori del castello “quasi in solitudine“, infatti si può chiudere.
Il Camaiani inoltre ordina che nel termine di tre mesi si costruisca con l’aiuto dei parrocchiani un tabernacolo con una pisside d’argento, e che si tenga una lampada accesa davanti ad un altare, che deve essere eretto a spese di una sola confraternita, con il titolo del Corpo di Cristo; questa si deve aggiungere alla predetta confraternita del Salvatore.
Il fonte battesimale appare “indecorosus ac immundus“, perciò ordina di costruirne uno “ex novo“, a forma di piramide.
Inoltre ordina il restauro della credenza, per custodire i vasetti del Sacro Crisma e dell’olio dei catecumeni; separatamente si deve conservare l’olio degli infermi in un altro armadio da chiudere a chiave.
Importante è l’ordine di tenere i libri allo scopo di trascrivervi i nomi dei battezzati, di coloro che contraggono matrimonio, dei parrocchiani che fanno professione di fede e di coloro che fanno la prima comunione.
Nel 1589 venne ventilata l’ipotesi di elevare le sede perugina in arcivescovado, dandole Todi per chiesa suffraganea la reazione del vescovo Angelo Cesi, del suo protonotario Luca Alberto Petti, del clero e dei priori sventò tale possibilità.
Nel 1571 il vescovo Angolo Cesi fece il censimento “delle anime a lui donate e ne trovò 4.484 nella città, 27.084 nella diocesi. Le guerre, la peste, le carestia avevano assottigliato tanto questa popolazione, che qualche secolo indietro aveva messo in armi diecimila fanti e tremila cavalli“.
Nel 1639 viene conferito il vescovado di Todi al cardinale Ulderico dei conti di Carpegna, “molto diligente nella visita della diocesi, che dura due anni“.
Il suo successore, Giambattista Altieri, patrizio romano, è creato vescovo di Todi da Urbano VIII nel 1643.
Dall’8 agosto al primo ottobre del 1650 il cardinale visita la diocesi.
Il 14 settembre dal castello di Petroro, si reca a San Damiano, poi alla chiesa di S. Rocco, quindi a Duesanti, a Lorgnano e Loreto.
Giunto a Duesanti, visita le chiesa parrocchiale fuori del castello “Parochia continent focularia 73, Animas 300, Communionis 225“, che ha un altare maggiore e due laterali; su questi ultimi si trovano la Confraternita del Santissimo Sacramento e la Confraternita del Santissimo Rosario.
Si ribadisce da parte del visitatore che la chiesa e il suo reddito annuale sono uniti alla mensa capitolare della chiesa cattedrale; il reddito annuo è di 200 scudi.
Il Capitolo vi nomina un cappellano amovibile, “qui inserviat Curae” cui vengono assegnate per il suo sostentamento circa quattro robbie di frumento, otto salme di mosto e otto boccali di olio che il Capitolo paga in caso di annata incerta.
Girolamo Formaliari di Bologna viene eletto vescovo di Todi da Benedetto XIV nel 1746 e l’anno seguente raggiunge la sede tudertina, e il 3 settembre 1748 lo stesso detta dopo il vespro al segretario rogante il risultato della visita pastorale della giornata, iniziando proprio dalla visita al “castrum Duorum Sanctorum Particularis Ecclesia extra dictum castrum“.
Trova che tutto è in ordine secondo i dettami della catechesi illustrata al popolo; cosi la custodia dell’olio sacro e del fonte battesimale.
Il visitatore ritorna all’avvenimento di più di 200 anni prima, quando, “de consensum” della famiglia Atti, la parrocchia di Duesanti viene unita al Capitolo cattedrale con atto approvato da papa Paolo III nel 1534; la cura delle anime è affidata ad un vicario amovibile, nominato dal medesimo Capitolo, che al presente risponde al nome di Giuliano Morelli, che gode di uno stipendio annuo di scudi 45 e che ha l’onere di tenere una lampada accesa e di celebrare le 24 Messe annue prescritte negli stessi libri apostolici, in suffragio della famiglia Atti; le quali Messe risultano celebrate fino a tutto il 1747, come risulta dal libro esibito.
Il vescovo, come tutti gli altri visitatori precedenti e seguenti, non tralascia di sottolineare dettagliatamente che parroco della parrocchia di Duesanti è il Capitolo cattedrale a cui spettano dei benefici sia della potestà capitolare sul luogo sacro.
Il Formaliari esamina puntigliosamente i conti delle confraternite, e i registri, dai quali risulta che nella parrocchia vi sono 230 anime, tra adulti e minori.
Considerata l’eccessiva distanza della parrocchiale dal paese, nel 1650 il Comune di Todi concesse la costruzione di una nuova chiesa all’interno delle mura castellane, originariamente dedicata alla Santissima Concezione e Sant’Antonio da Padova.
La stessa non sostituiva, ma affiancava la chiesa vecchia, che anzi continua a svolgere il suo ruolo pastorale, come attestato dalle visite dei vescovi.
Soltanto, verso la mela del ‘900 la chiesa perde la sua importanza e non è più oggetto di attenzione né di cura da parte della popolazione e delle autorità ecclesiastiche, forse il trasferimento del titolo parrocchiale potrebbe essersi verificato intorno all’anno 1950.
Nell’inventario redatto da don Giuseppe Bianchi alla fine dell’800 troviamo scritto: “In detta Parrocchia (di Duesanti) vi è ancora la Chiesa cosi detta dei Morti, perché prima vi si portavano a seppellirei cadaveri; e una volta era antica Parrocchiale… Ora però i cadaveri si seppelliscono nel nuovo ed ampio Camposanto, esistente in cotesta Parrocchia…“.
La “chiesa vecchia” era ancora officiata fino alla metà del 1900 ed il parroco vi celebrava la s. Messa in occasione della ricorrenza della commemorazione dei defunti e fino agli anni 50 le pareti della chiesa erano ancora tutte affrescate.
Poi l’incuria, il tempo, i fantasiosi cercatori di improbabili tesori hanno fatto il resto.
 

Aspetto

La chiesa versa ora in uno stato di totale abbandono, con il tetto crollato come è crollata una parte della parete destra, i pavimenti sono stati aperti e le ossa dei defunti sono tutte in vista, i muri avvolti dalle edere che fortunatamente fanno da gabbia e la tengono ancora in piedi.
Seppur fatiscente, rivela il suo stile romanico nella facciata semplice, ma elegante, in uno dei muri esterni si può ancora ammirare un “bucranio” romano.
Gli stipiti del portale della Chiesa, sono formati da blocchi di pregiato marmo bianco di Carrara e risultano essere materiale di reimpiego e del tutto avulsi dal resto della costruzione, che presenta sugli angoli massi di travertino di mura ciclopiche; questi materiali provengono da costruzioni molto più antiche.
Come riportato nel numero di novembre 2003 dal mensile Tam Tam, “meriterebbe senz’altro di essere riportata all’antico splendore, obiettivo che la comunità parrocchiale vorrebbe perseguire, ma per raggiungere il quale, viste le sue ormai precarie condizioni, c’e bisogno dello stanziamento di adeguati finanziamenti da parte delle istituzioni pubbliche preposte“.
All’interno è ancora possibile notare tracce di interessanti dipinti a fresco che denotano il valore dell’edificio.
 

Fonti documentative

R. Primieri – Duesanti storia, arte e tradizioni di un paese e della sua gente – 2006

http://www.chieseitaliane.chiesacattolica.it/

https://jacopinodatodi.wordpress.com/

 

Nota di ringraziamento

Si ringrazia la Diocesi di Orvieto-Todi per la disponibilità e per aver concesso le autorizzazione alla pubblicazione.
 

Mappa

Link alle coordinate

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>