Chiesa di San Secondo – Amelia (TR)

Fu sede di una importante abbazia benedettina sotto il titolo di San Secondo.

 

Cenni Storici

La zona dove sorge la chiesa in età romana era occupata da un’antica e vasta necropoli, solo in parte scavata, che costituiva uno dei maggiori luoghi di culto della “Ameria” romana.
Presso questa necropoli fu sepolto il corpo del martire San Secondo dando origine al culto.
Dal testo di una Passio di origine farfense, si sa che Secondo era un soldato e apparteneva alla famiglia dell’imperatore Aureliano (214-277).
Durante la persecuzione di Diocleziano e Massimiano (303-305) il proconsole Dionisio lo fece prelevare da Amelia e portare al suo cospetto presso il tribunale di Spoleto, non essendo riuscito a convincerlo ad abiurare la fede cristiana, lo fece ripetutamente torturare.
Mentre era sottoposto ai supplizi, Secondo implorò da Dio un segno che facesse convertire i suoi persecutori; a questo punto un violento terremoto abbatté il grandioso tempio di Ercole eretto proprio in onore dell’imperatore Massimiano Erculeo.
Dionisio, infuriato, ordinò allora di riportarlo ad Amelia legargli una macina da molino al collo e affogarlo nel Tevere, che scorreva a pochi chilometri dalla città.
Eseguita la sentenza, i soldati presero la via del ritorno ma un orso sbarrò loro la strada, ne uccise alcuni, mentre gli altri, terrorizzati dalla fine dei propri compagni, corsero dal sacerdote Eutizio chiedendo perdono dell’atto compiuto e facendosi poi battezzare da lui.
Intanto, il corpo di Secondo, riemerso miracolosamente dal fiume in ager amerinus, fu recuperato il primo giugno 303, senza la macina al collo e in buono stato benché fosse stato molti giorni in acqua.
Una Matrona di nome Eudossia prese quel corpo e lo avvolse di lini e lo seppellì in un suo terreno appena fuori le mura di Amelia.
Successivamente sul sepolcro del santo avvennero diversi segni miracolosi, perfino i buoi che aravano la terra nei pressi s’inginocchiavano nel passarvi davanti.
In epoca paleocristiana, nel luogo ove era sepolto, fu edificata una piccola chiesa, poi ricostruita, forse nel secolo IX, da Monaci Benedettini che provvidero a mantenere vivo e a diffondere il culto del Martire anche attraverso la riscrittura della passio nelle forme giunte fino a noi.
Fu sede di una importante abbazia benedettina sempre sotto il titolo di San Secondo; i possedimenti dell’abbazia si estendevano nella campagna circostante.
Unico elemento che ricorda oggi l’antico edificio è la torre protoromanica con base quadrata che affianca la facciata della chiesa.
L’abbazia fu teatro di avvenimenti storici: fu davanti a san Secondo che il 2 giugno 1160 Lotario del fu Bonifacio di Rabarto, alla presenza di tre consoli di Amelia, dell’Abate di San Secondo, di altri monaci e di sette canonici della Cattedrale vendette a quest’ultimi la sua metà del castello di Luchiano e gli annessi diritti sulla Chiesa di santa Fermina esistente nel territorio del castello; ancora nel 1208, sempre davanti a San Secondo fu firmato un trattato fra Amelia e Todi, dopo una delle numerose lotte fra i due comuni; nel 1331 intorno a San Secondo, si accamparono le truppe del Rettore del Patrimonio Pietro d’Artisio (Artois), canonico di Poiters, che assediavano Amelia rea di essersi sollevata contro il potere pontificio.
La Chiesa romanica cadde poi in rovina nel corso del cinquecento e fu faticosamente ricostruita dopo diversi decenni, durante i quali, invano, furono cercate le reliquie del Santo titolare.
Fu poi affidata alla Confraternita della Buona Morte, tutt’ora operante in questa sede.
 

Aspetto esterno

Si presenta oggi nella veste architettonica ricevuta tra il cinquecento ed il seicento.
Il portale a trabeazione piatta ha, ai lati, le finestre del viandante, ad altezza uomo, che permettevano di assistere alle funzioni sacre dall’esterno, sopra si apre un’altra ampia finestra rettangolare.
Il campaniletto a vela a doppio fornice è posto posteriormente, disassato a destra.
Accanto all’edificio conventuale sorge una notevole torre campanaria di stile romanico, che utilizza blocchi di spoglio.
 

Interno

L’interno della chiesa è in stile barocco ed è diviso in due ambienti: la vera e propria aula liturgica e l’annesso Oratorio della Confraternita della Buona Morte.
La chiesa è ad aula unica, dotata di tre altari.
A fianco dell’altare di sinistra si legge la scritta:
DIVIS GREGORIO ET VINCENTIO ALTARE HOC DICATVM VINCENTIVS ARMILLEVS SCVTIS DC. MISSARVM TAMEN TRIVM ONERE DIE VENERIS QVOLIBET MENSE AC QVINQVE IN EORVM D(i)EM FESTO CELEBRAN.s PRO SE ET SVIS IN PERPETVVM EREXIT AC EIVS PIETATE DOTAVIT VT ESX ACTIS D• ALBRISII DIE • XXVIII APRILIS A•D • MDCLXXXI
(Vincenzo Armillei eresse questo altare dedicato ai Santi Gregorio e Vincenzo e per la sua pietà lo dotò con 600 scudi con l’onere di 3 messe nei giorni di venerdì di ogni mese e di cinque messe nei giorni della loro festa come dagli atti di Albrizio il 28 aprile 1681).
Sopra l’altare maggiore dedicato ai SS. Martiri Secondo e Pellegrino, dove ogni anno si celebrava la Messa nella festività del primo, si trova una pregevole tela, opera forse di Livio Agresti, pittore attivo in Amelia alla fine del XVI secolo, rappresentante i Santi Secondo e Olimpiade che invocano la protezione sulla città, riprodotta in un interessante veduta panoramica.
A destra dell’altare è posto il simulacro di un confratello e il catafalco per i defunti.
A fianco dell’altare di destra si legge la scritta:
D. Q. M.DIVÆ ROSÆ AC B•JO~NI DE CAPIST• BERNARDINVSTORRON.s ET PERNACONIVG.s ALTARE HOC EOR. PIETATE DICATVM SCVTIS • CCCXXX • ONERE TAME MISSAR. VIII QVOLIB~FESTO DD•SS• AC MISSAR III•QVO LIBETMENSE IN P.PETVO DOTAVR AD•MDCLXXX
(Bernardino Torroni e Perna coniugi dotarono con 330 scudi questo altare dedicato a Santa Rosa e a San Giovanni da Capistrano con l’onere di 8 messe nelle feste dei due Santi e di altre 3 messe ogni mese A.D. 1680)
All’ingresso dell’Oratorio, sopra la porta, è incisa questa scritta sul travertino:
VEN. SOC. MORTIS IN HONOREM S. SECUNDI M. FECIT TEMPLVM HOC A.D. MDCXLVII
(la Venerabile Società della Morte in onore di san Secondo martire fece costruire questo tempio nell’anno del Signore 1647).
L’ambiente è caratterizzato da un artistico coro ligneo, dove si riunivano, per recitare i sacri Uffici, i Confratelli della Buona Morte.
Nella parte alta, sul soffitto si trova la Regina Morte incoronata che simboleggia il suo dominio su tutti gli uomini.
Sopra l’altare è presente una pala con l’immagine della Deposizione di Gesù.
Nelle nicchie laterali ci sono i ritratti dei Santi Girolamo e Onofrio (o Paolo eremita).
Quella che era l’abbazia, poi trasformata in collegio per orfani, è oggi un’abitazione privata.
La presenza di due importanti reperti di epoca romana è documentata anticamente nell’abbazia dai taccuini (1564) dello scultore e antiquario Giovanni Antonio Dosio (San Gimignano, 1533 – Caserta, 1611), oggi conservati nella Staats bibliothek di Berlino: un altare di marmo cilindrico (I sec. a.C.) con incise a bassorilievo Menadi danzanti, oggi custodito nel Museo Civico Archeologico (riferimento pannello nr. 3) e un’importante iscrizione in latino arcaico (II sec. a.C.), sfortunatamente dispersa, la quale ricordava che Tito Pezio aveva donato quest’altare a “Iove Optumo Maxsumo” (Giove Ottimo Massimo, la divinità suprema del Pantheon Romano).
 

La Confraternita della Morte e Orazione

La Compagnia dell’Orazione o della Morte in Amelia, fu eretta nel 1585 sotto il vescovo Antonio Lazzari (1572 – 1591), come si rileva da un antico documento, in seguito alla cessione in affitto ai confratelli, per la Fabbrica dell’oratorio fatta dall’abate e dai canonici della collegiata di San Secondo e fu poi aggregata alla Compagnia della Morte in Roma nel 1615, secondo un privilegio del protettore cardinale Odoardo Farnese, con tutti i benefici relativi alle indulgenze concesse dai vari papi.
Oltre alla recita dell’uffizio e della preghiera in comune, tra gli obblighi dei confratelli c’era il trasporto dei defunti, cui essi partecipavano vestendo un saio nero con cappuccio a punta dello stesso colore che ricopriva l’intero volto tranne due aperture per gli occhi e un cingolo ai fianchi avendo sul petto, a sinistra, l’effige della Morte.
Il luogo di congregazione era appunto l’Oratorio dietro la chiesa di San Secondo.
La Confraternita essendo aggregata alla Compagnia di Roma, fruiva dell’indulgenza plenaria per tutti coloro che, confessati e comunicati, dopo aver recitato le solite preghiere, visitavano la chiesa dai primi vespri al tramonto, il giorno della Commemorazione dei defunti fino a tutto l’ottavario, concessa da Clemente X il 13 maggio 1671.
Nel secolo XVII la Confraternita aprì nei locali dell’abbazia anche un collegio per orfani.
 

Fonti documentative

JACOBILLI LUDOVICO, Vita de’ Santi e Beati dell’Umbria, Foligno, 1647

https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_San_Secondo_(Amelia)

http://www.santiebeati.it/dettaglio/96813

http://www.chieseitaliane.chiesacattolica.it/chieseitaliane/AccessoEsterno.do?mode=guest&type=auto&code=16589&Chiesa_di_San_Secondo

 

Nota di ringraziamento

Si ringrazia la diocesi di Terni – Narni – Amelia per la gentile collaborazione e per aver consentito la pubblicazione.
Si ringrazia il signor Sergio della confraternita della Buona Morte per la sua cortesia, disponibilità e per le interessanti spiegazioni.
Si ringrazia altresì il gentilissimo parroco di San Francesco in Amelia, padre Mauro Russo.
 

Nota

La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
 

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Mappa

Link coordinate: 42.552556, 12.416325

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