Chiesa di San Sabino ora di San Vincenzo Ferrer – Parrano di Trevi (PG)


 

Cenni Storici

Si trova tra il Borgo e Trevi, alle propaggini occidentali del capoluogo municipale, a monte della viabilità principale, in località Parrano, di cui è stata in passato la chiesa parrocchiale; è uno degli elementi paesistici più visibili per chi passa sotto Trevi, lungo la vecchia statale.
La più antica notizia risale alla seconda metà del XII secolo, in un “breve” del papa Alessandro III (1159 – 1181), che la ascrive alle pertinenze del monastero di Bovara, ma dalle caratteristiche della struttura muraria la si può datare alla seconda metà dell’XI o agli inizi successivo, è pertanto una delle chiese più antiche di Trevi.
Probabilmente fu edificata dai monaci benedettini dell’abbazia di San Pietro di Bovara.
Già in antico, pur sotto il titolo di San Sabino, era nominata in modi differenti e cioè: San Sabino (o Savino) “della Piaggia“, “di Trevi“, “del piano di Trevi“.
Con queste tre denominazioni infatti risulta dai registri della curia di Spoleto negli anni 1333 e 1334; che trattisi sempre della stessa chiesa è confermato dal fatto in tutte le citazioni si fa riferimento allo stesso nominativo del “rettore“, don Giovanni, e non si ha altra notizia di altra chiesa in Trevi sotto lo stesso titolo.
Nel tardo trecentesco codice Pelosius è così elencata: Eccl. S. Savini de PladiaTrevii est. libr. 19 flor. 4 est curata. – Ad dictamcoll.
In seguito fu costruita una nuova e più ampia chiesa, utilizzando, in parte, come fondazione l’antica chiesa romanica.
La chiesa attuale, che dovrebbe risalire alla fine del XVI secolo o agli inizi del successivo, è così descritta dal Natalucci: “fatta già in modo di croce, con due porte, quatro altari, due campane e la sacristia, se bene posta in luogo scosceso ed erto, sotto alla porta del Borsito“.
Alla fine del XVIII secolo chiesa di San Savino fu affidata al giovane parroco don Alessandro Virgili, che vi introdusse il culto di Vincenzo Ferrer.
Pertanto ora è conosciuta sotto tale titolo anche se ha continuato a mantenere l’intitolazione originale, almeno fino a qualche anno fa, quando fu associata dapprima alla parrocchia di Santa Croce nella Piaggia e poi alla parrocchia di Borgo Trevi.
La documentazione d’archivio attesta l’attività della Parrocchia di San Sabino dal 1701 al 1864, presumibilmente ha cambiato nome solo dopo tale data, in ogni caso la si trova nominata come San Sabino ancora in documenti datati 1922.
Da un manoscrittodel XIX secolo:
La chiesa, in Parrano, sotto il titolo di S. Sabino V. e M., già dai tempi remoti edificata dai monaci di S. Pietro in Bovara, e dai medesimi eretta in parrocchia da loro stessi retta e funzionata, venne in appresso secolarizzata, ma con prebenda molto tenue. Nel secolo passato da un tal Cuponesi venne donata della casa parrocchiale presentemente posseduta, dello oliveto soprastante alla medesima e di alcuni paramenti sacri.
Nel 1780, conferita la parrocchia al giovane sacerdote fulignate, don Alessandro Virgili, questi, molto divoto di S. Vincenzo di cui possedeva un’immagine in tela nella sua famiglia, la espose nella sua nuova chiesa, ed è la presente che si conserva e si venera: ne promosse la devozione, e nel 1794 se ne ebbe la prima grazia o miracolo. La fama di questa immagine e la devozione di mano in mano si estese ampliamente in buona parte della valle umbra, e anche al di fuori col propagarsi delle notizie delle grazie che si ottenevano.
Ne venne istituita una festa annua dallo stesso Virgili, alla quale conveniva un gran numero di popolo anche dai limitrofi territori, specialmente di Foligno, e il concorso dura ancora (1896) sebbene in proporzioni assai minorate.
La festa stabilita alla 2a domenica dopo Pasqua, si fondò sul profitto della questua, che, dopo la erezione della confraternita avvenuta nel 1835, fu messa ad incarico del Priore e dei sigg. Ufficiali.
La sacra immagine fino da principio era stata collocata dal Parroco nella cappella e altare del Carmine, dove è sempre poi stata mantenuta.
Ma questa cappella che nella sua struttura era simile all’altra di S. Sabino, a lei di rincontro, nel 18.. venne di molto migliorata e portata allo stato presente, escluso il titolo anteriore, commutato in quello di S. Vincenzo.
Nel piano della cappella fu riposta la salma del pio parroco sotto la lapide che ne conserva la memoria.
Povero, semplice di costumi, di portamento e di tratto; di animo ingenuo, tale e tanta aveva divozione e fiducia nel Santo, che questa lo portava ad implorare da esso le grazie con una confidenza che sapeva di domestichezza.
Lo invocava non solo con la preghiera, ma anche con parole, come a persona presente con la quale familiarmente si discorre; e quasi esigendo le grazie e poco meno che imponendogliene.
La cappella, al suo tempo, era tutta piena di oggetti di ogni genere, lasciati dai supplicanti a segno delle grazie impetrate: tavolette dipinte, immagini, lastrine d’argento, una carretta tutt’ora conservata, braccia e mani di legno, ogni sorta d’abiti e vestimenta; -Sono i trofei di Vincenzo- diceva don Alessandro.
Gli oggetti di qualche valore, donati alla chiesa, erano da lui custoditi in casa a scanso dei ladri, in quel tempo numerosi; e queste cose occasionarono la sua catastrofe.
A tarda notte dell’8 al 9 febbraio del 1828, tre sgherri, due della Piaggia, l’altro, marchegiano, nepote della serva vecchia, complice e traditora, introdottisi in casa col pretesto di chiamata per un infermo, lo sopraffecero nel suo letto strangolandolo crudelmente con una corda.
Morirono tutti in galera. Il cadavere fu esposto in chiesa con molto concorso e con compianto universale, consolato però dalla venerazione professatagli da tutti, come ad un’anima eletta
“.
Si narra che la sera dell’8, Suor Annunziata, del vicino Monastero di Santa Chiara, era con le sue educande alla ricreazione, e a un certo momento, sembrò assopirsi e, come se si trovasse in uno stato tra il sonno e la veglia, prese ad esclamare: “Ahi povero Curato! Guardate, figlie! Ah! Quella miserabile serva che si rende complice di così orrendo delitto! Povera la sua anima! … Lo uccidono…” Insomma descrisse la tragica scena come se vi assistesse.
Immagini il lettore la reazione delle educande, che attribuirono il tutto a un brutto sogno della loro Maestra.
Ma immagini il lettore anche la meraviglia quando, al mattino, il priore Lupacchini, venuto al monastero per celebrarvi la Messa, riferì il raccapricciante misfatto
“.
Non si ha memoria se si festeggiasse San Sabino, titolare dell’antica chiesa, la festa in onore di san Vincenzo, che si celebra la seconda domenica dopo Pasqua è così descritta dal sito della PRO TREVI:
La festa stabilita alla 2a domenica dopo Pasqua, si fondò sul profitto della questua, che, dopo la erezione della confraternita avvenuta nel 1835, fu messa ad incarico del Priore e dei sigg. Ufficiali. La sacra immagine fino da principio era stata collocata dal Parroco nella cappella e altare del Carmine, dove è sempre poi stata mantenuta.
Nel corso del XIX secolo le celebrazioni di alcune feste, quelle più frequentate dai devoti, furono collocate nel periodo successivo alla Pasqua, certamente per dar l’opportunità ai fedeli di osservare il precetto(“prendere Pasqua”, si diceva). Ed era festa grande, perché durava tutta la giornata. Si arrivava in mattinata, rigorosamente digiuni per “la comunione” e dopo la messa solenne si pranzava sul prato con abbondanti vettovaglie portate da casa – immancabile la pizza di formaggio con il salame – per rientrare nel tardo pomeriggio, dopo i giochi popolari e la benedizione eucaristica.
Tale usanza permase fino alla motorizzazione di massa della seconda metà del ‘900
La prima domenica dopo Pasqua si celebrava la festa della Madonna delle Lacrime, la seconda, appunto, di S. Vincenzo e infine, la domenica di Pentecoste, la festa della Madonna di S. Arcangelo. Alle Lacrime e a S. Arcangelo si andava processionalmente dalla propria parrocchia, mentre a S. Vincenzo la processione veniva- e viene tuttora – effettuata dal santuario per le strade del paese
“.
Ora tutto è silenzio, il luogo appare abbandonato e la chiesa, severamente danneggiata dai più recenti terremoti e dall’incuria dell’uomo appare destinata a crollare.
 

Aspetto esterno

Il primitivo edificio, a cui è stata sovrapposta la costruzione più recente, è ormai completamente interrato da tre lati.
Come d’uso per le chiese romaniche è orientata con l’altare rivolto a est.
Si può vedere un tratto della parete ovest composta da blocchetti in calcare non ben rifiniti; vi si aprono una finestra, realizzata in laterizio, probabilmente in epoca successiva, e un piccolo portale, ove si notano vari blocchi di travertino, chiaro riutilizzo di materiale di precedenti edifici romani.
All’interno rimane il catino absidale, scavato nella roccia e perfettamente conservato; la volta invece è completamente rifatta in mattoni.
La chiesa di San Vincenzo si presenta ora nell’aspetto conferito dalla ricostruzione effettuata presumibilmente in epoca tardo rinascimentale.
Ha pianta a croce greca, con uno dei bracci absidato.
La facciata è spoglia e disadorna, inquadrata da due lesene e sovrastata da un timpano triangolare, il lineare portale è sovrastato da una lunetta.
Sul corpo di sinistra, ora gravemente fessurato dagli eventi sismici, due lapidi ricordano gli abitanti di Parrano caduti nelle guerre mondiali e in quella di Spagna.
Il turrito campanile è distaccato dalla chiesa, è stato realizzato parte in pietra e parte in laterizio, presumibilmente in epoca più tarda.
La cella campanaria, edificata in laterizio, mostra due finestroni per lato ed è sormontata da una cuspide, conservava tre campane, di cui la grossa a slancio e le altre fisse coi ceppi in legno.
Nella prima cappella a sinistra della chiesa di San Vincenzo erano esposti alcuni degli ex voto e la carretta espressamente ricordata nel manoscritto del XIX secolo, certamente il cimelio più singolare e discusso, tutto è ora stato trafugato.
 

Nota

La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
 

Nota fotografica

Le foto degli interni sono di Marinella Salvaggio e Franco Spellani
 

Nota di ringraziamento

Si ringraziano:
Stefano Bordoni
Marinella Salvaggio
Franco Spellani
Archivio Diocesano di Spoleto
 

Fonti documentative

Documentazione reperita all’Archivio Diocesano di Spoleto

https://www.montagneaperte.it/itinerarieluoghi/trevi-parrano-chiesa-di-san-vincenzo/

http://www.protrevi.com/protrevi/SSabino.asp

https://www.treviambiente.it/wp-content/uploads/pubblicazioni/treviambiente-2006/ChieseRurali/17_vincenzo.htm

https://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/siusa/pagina.pl?TipoPag=prodente&Chiave=27490&RicProgetto=reg%2dumb

 

Mappa

Link alle coordinate: 42.878560, 12.742718

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