Chiesa di San Sabino – Fratta Todina (PG)
Cenni Storici
La straordinaria bellezza di questa chiesa è dovuta al fatto di essere stata la “chiesa di campagna” dei vescovi di Todi e all’aver avuto molti parroci di estrazione nobiliare.
La Chiesa parrocchiale di San Sabino, inserita nel tessuto edilizio dell’antico abitato, fu realizzata per volontà del cardinale Giovambattista Altieri, il maggior benefattore di Fratta, che in sostituzione della vecchia chiesa, piccola e sommersa dal palazzo dall’altra parte della strada, ne commissionò il disegno a due architetti, Vittorio Honofri e Giovanni Antonio Fratini da Forlì, riuscendo però solo a benedire la prima pietra il 25 Aprile 1654 a causa della morte avvenuta lo stesso anno.
L’edificio venne completato il 9 Aprile 1657 e benedetto dal canonico di Vercelli Giovanni Battista Velati, e consacrata il 25 Settembre 1735 dal vescovo Ludovico Anselmo Gualterio.
L’inventario “Generale” dei beni “appartenenti all’Arcipretura di Fratta Todina“, compilato del 1846, ricorda la presenza dell’altare maggiore, internamente “al Presbiterio chiuso con cancellata di noce intagliata“, (oggi scomparsa) con il titolo di S. Michele Arcangelo.
Aspetto esterno
La facciata, antistante un doppiofondo con locali praticabili laterali è di Giovanni Antonio Fratini da Forlì e si presenta con elementi classici, murata in cortina di mattoni a vista, stretta tra due larghe paraste cantonali tuscaniche e coronata da un pesante timpano triangolare; coperto da timpano è anche il portale d’ingresso, sormontato da una finestra quadrata, il tutto realizzato da un certo Maestro Marcello Rainaldi; il timpano in cemento sopra la porta è del 1944.
Il Campanile, dall’altra parte della strada è rimasto a ridosso dell’antica chiesa inserita nel palazzo Altieri.
Interno
Lo stile è quello aulico: un ricco barocco, con navata unica, intonacata e tinteggiata, voltata con una botte lunettata sviluppata su quattro campate scandite da sottarchi, poggianti a loro volta su paraste tuscaniche, corrispondenti a quattro grandi arcate su ogni lato; quattro sono anche gli altari laterali, in muratura e marmo appartenuti a confraternite e famiglie, con macchine barocche in stucchi decorati, mentre ligneo e dorato è l’originario altare maggiore, risalente ai primi dell’ottocento posizionato all’interno del presbiterio sollevato di un gradino.
L’altare maggiore è decorato con una pala raffigurante l’Immacolata e i Santi Pietro, Savino, Michele Arcangelo e Paolo, del 1665, è molto interessante perché ha al centro una “fotografia” seicentesca di Fratta, su cui San Savino invoca la protezione della Vergine.
Tra le tante opere, le due più importanti sono di Andrea Polinori, il pittore barocco più importante di Todi: la prima è la Deposizione, del 1612 e quindi tra le sue opere giovanili, copia del più famoso capolavoro di Federico Barocci per la cattedrale di Perugia.
Questa opera è tra quelle provenienti dalla chiesa precedente e il suo posto naturale sarebbe la stanza accanto, originariamente Oratorio di Santa Caterina.
La seconda in questione è la Madonna del rosario con San Domenico e Santa Caterina da Siena, sul secondo altare di sinistra.
La prima cappella di destra, detta della Madonna del Carmine o di Sant’Antonio apparteneva alla Confraternita del SS. Sacramento e della Misericordia, è decorato dal quadro con la Madonna del Carmine e i Santi Antonio da Padova, Vito, Filippo Neri e Antonio abate, opera contemporanea alla costruzione della chiesa.
L’autore è ignoto, come la data certa della sua esecuzione, ma possiamo collocarlo alla metà del sec. XVII.
Il gruppo della Madonna con Bambino è spostato leggermente sulla sinistra per dare armonia al gruppo di figure.
Questa composizione che porta lo sguardo verso l’alto tramite un percorso sinuoso, termina a sinistra con due cherubini e una nuvola che copre lo scenario.
In alto invece c’è una statua di San Michele Arcangelo di alto valore, copia di quella di Andrea Sansovino, dei primi del ‘600 e proveniente dalle realtà ecclesiastiche precedenti.
La seconda cappella, oggi detta della Madonna, era in origine l’altare intitolato a San Bernardino da Siena, qui traslato dalla chiesa vecchia perché vi era grande devozione verso questo santo e vi era pure un beneficio, poi appartenuta alla Confraternita dell’Addolorata dalla metà del ‘700, che la trasformò come oggi è.
La prima cappella di sinistra è la più originale, è l’unica gentilizia, appartenuta alla famiglia Gentiloni, dedicata a Sant’Orsola e benedetta nel 1662 dal canonico Paolo Benedetto Gentiloni: con tendaggi, colonne, putti e scene dipinte o scolpite, trasmette un forte effetto teatrale.
È di sicuro la più barocca di tutte: non ha una composizione rigida come le altre, e segue lo sviluppo in altezza della chiesa.
Tra le opere ai quattro angoli, le più interessanti sono le prime due: il Battesimo di Cristo, copia da Andrea Sacchi, e forse di un artista della sua cerchia vista l’altissima qualità, e il San Girolamo, copia riveduta e più caravaggesca di un quadro di Bernardino Spada.
L’ultima cappella, la seconda a sinistra, era gestita dalla Confraternita del Santissimo Rosario.
È l’altare della Madonna del rosario, e il nome le deriva dalla pregevolissima pala d’altare che lo decora, opera datata agli anni ’40 della maturità e di bottega del più importante pittore del primo Barocco a Todi, Andrea Polinori, raffigurante la Madonna del Rosario e santi, tra i quali si riconoscono San Domenico e Santa Caterina da Siena in primo piano, mentre quelli in secondo piano non sono riconoscibili.
Qui si fa evidente il tono caravaggesco che Polinori aveva afferrato soggiornando un periodo a Roma.
La parete di fondo, molto rimaneggiata, conserva al di sopra della porta d’ingresso l’elegante cantoria lignea tardo barocca del 1733.
Fonti documentative
Cartellonistica sul posto di Emanuele Frenguelli
https://necrologie.repubblica.it/
https://www.umbriatourism.it/it/-/chiesa-di-san-sabino
Nota di ringraziamento
Si ringrazia la Diocesi di Orvieto – Todi per la disponibilità e per aver concesso le autorizzazioni alla pubblicazione.