Chiesa di San Rocco e Sant’Antonio abate – Antrìa di Magione (PG)
Cenni Storici
L’incremento demografico fatto registrare dalla comunità di Antria nel corso del secolo XIV, nel 1456 si censirono in essa 122 fuochi, per un ipotetico numero di abitanti che andava oltre le 600 unità, contribuì in maniera determinante alla costituzione di una pieve o parrocchia.
Questa fu costruita sopra la seconda porta del paese a ridosso della torre castellare ridotta a campanile e le fondamenta posano in parte nelle mura castellane esterne.
La chiesa comunque doveva esistere da prima anche se non aveva il titolo di parrocchiale, infatti sotto la titolazione originaria di San Biagio fu effettuato l’accatastamento dei beni il 27 aprile del 1425; successivamente compare anche nei catasti del 1488 e in quelli del 1489 e 1497.
Successivamente fu titolata a San Rocco, ossia di S. Antonio della Compagnia del Sacramento.
Nel 1448, data la distanza di questa parrocchia dalla pieve di Mantignana (Pieve del Vescovo), il vescovo perugino Giovanni Andrea Baglioni concesse l’autorizzazione ad erigere il fonte battesimale, che fu collocato nella chiesa sine cura dei S. S. Antonio e Rocco (Bossio, 1577).
Fino al 1584 il fonte battesimale della parrocchia di Antria risulta essere nella chiesa non parrocchiale dei S. S. Antonio e Rocco in Antria (Della Corgna, 1564) (Della Rovere, 1572) (Bossio, 1577) (Ercolani, 1584).
Dal 1587 in poi il fonte viene trasferito nella chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo di Collesanto (Galli, 1587).
Nel 1519 le fu unita la chiesa della Madonna Cerigevoli a quel tempo diruta.
Nel 1564 la popolazione del luogo chiese al vescovo la nomina di un cappellano per l’amministrazione del battesimo.
Nel corso della prima età moderna la struttura ha subito diverse modifiche che l’hanno portata ad assumere la forma attuale.
Il tetto è stato restaurato nel 1944 dopo l’ultimo conflitto mondiale.
Aspetto esterno
La chiesa si trova nella sterzata della strada secondo il sistema difensivo che accedeva al paese, al fianco della seconda porta di ingresso; della prima porta si conserva solo uno stipite distante.
Questa porta che era quella esterna al castello costituiva la parte più bella della cinta muraria, quella della doppia porta d’ingresso al castello, seppur giudicata pericolante, nel 1948 venne rasa al suolo per far passare la Processione.
La chiesa rimane molto alta rispetto al piano di campagna, e la sua angolata destra risulta inserita sulla cinta medievale con i suoi beccatelli.
Le opere di fortificazione rinascimentali raggiungono la chiesa solo sul retro interrompendosi su di uno sperone moderno di consolidamento dell’angolo posteriore destro.
La copertura è accompagnata da tre tiranti con grandi capochiavi a piastra.
La facciata ha il portale con mostra in mattoni, una cimasa con formella in ceramica con la dedica della chiesa ed una finestra superiore tamponata a causa della cantoria interna.
Interno
La chiesa ha una pianta rettangolare con pilastri ed arcate trasversali e laterali su tre campate, la sacrestia è a sinistra e presenta un soffitto ligneo decorato.
Ha tre altari e i due laterali sono conservati nella campata centrale.
Una cantoria è sulla controfacciata sorretta da due pilastri quadrati; una balconata con uso di cantoria antica è situata sopra la porta della sacrestia presso l’altare maggiore.
Le pilastrature sorreggono una volta a botte lunettata; l’aula ha lesene e capitelli sormontati da conchiglie a stucco.
Entrando sulla parete sinistra si incontra l’altare del Crocifisso che conserva il simulacro che come da tradizione, viene festeggiato solennemente ogni venticinque anni.
Questo è conservato in un’antica nicchia dove vi è affrescato un paesaggio raffigurante la chiesa e il paese (sec. XVIII).
Nella campata successiva prossima al presbiterio c’è la porta della sacrestia sovrastata da una piccola balconata.
Il presbiterio è distinto da un gradino, l’altare maggiore è a stucco con un quadro di Simone Ciburri che rappresenta la Natività eseguito nella prima decade del 1600 ed è affiancato da due nicchie dove a sinistra troviamo la statua di Sant’Antonio abate e a destra una statua cinquecentesca di San Rocco di altissimo pregio.
A destra nell’area presbiteriale c’è il fonte battesimale sistemato su una colonnina etrusca e al lato una bella tela con una Madonna con Bambino.
Scendendo sulla parete destra nella campata centrale troviamo il terzo altare della Vergine Maria dove in una nicchia è conservata la statua “vestita” della Vergine della bottega di Romano Alberti detto il Nero.
Accanto alla controfacciata una tela con San Giovanni battista in giovane età.
Vicino alla porta un’acquasantiera in pietra.
Nella sagrestia vi è un grande armadio in noce e lungo la parete vi sono due banconi di pregevole fattura, mentre sono appese alle pareti alcune pergamene che riguardano la confraternita.
Le statue cinquecentesche
Le statue provengono dalla bottega di Romano Alberti detto il Nero, originario di Sansepolcro e morto nel 1568, specializzato in esecuzioni di soffitti lignei intagliati, altari di chiese, sculture devozionali e apparati effimeri.
Questo San Rocco di sua mano, è databile ai primi decenni del 1500.
San Rocco, assieme a San Sebastiano, è solitamente invocato come protettore dei pellegrini, degli appestati e più ingenerale dei contagiati, contro le malattie epidemiche di cui porta i segni sulla gamba destra.
Il San Rocco in questione si distingue dalle caratteristiche iconografiche generali per l’assenza del tabarro, la zucca di contenimento dell’acqua, il cappello, le conchiglie, la bisaccia a tracolla, la fiaschetta e le “lancette“, ma dispone del bastone, i calzari da pellegrino e il segno di riconoscimento per eccellenza, ossia la piaga nella coscia.
La bottega di Romano Alberti fu molto attiva nell’Umbria centro – settentrionale; ad essa sono state riferite numerose sculture.
Per quanto riguarda le raffigurazioni di San Rocco uscite da questa bottega troviamo quattro raffigurazioni, uno ad Antria, uno Pergola, uno a Bastia e uno a Passignano; recentemente Galassi, grazie ad un ritrovamento documentario, ci ha permesso di inserire anche un altro San Rocco conservato nella Collegiata di Umbertide.
Sempre a questa bottega è da attribuire anche la Madonna con il Bambino.
L’Alberti aveva aperto un attrezzato laboratorio-atelier nella contrada Abbarbagliata a Sansepolcro, specializzato nell’esecuzione di immagini devozionali spesso attrezzate per essere “vestite” con stoffa rinforzata con colle animali e gesso, la stoppa, soprattutto per realizzare le imbottiture interne e i capelli, il legno, usato principalmente per costruire la struttura di sostegno delle figure, i fili di ferro e i chiodi, i colori preziosi e l’oro per la presentazione finale del simulacro e la preparazione degli apparati effimeri, come nel caso di questa Madonna “vestita“.
Fonti documentative
Gian Pietro Chiodini – Villantria e il suo territorio, notizie e documenti storici sui paesi di: Villa, Soccorso, Antria, Collesanto, Coceto, Borgo Giglione e i centri minori (con contributi di Rita Centamori e Tiziana Ercolanelli) – Perugia 1989
G. Leti – L. Tittarelli – Le fonti per lo studio della popolazione della Diocesi di Perugia dalla metà del xvi secolo al 1860 – Gubbio 1976
Perugino pittore devozionale; modelli e riflessi nel territorio di Corciano – a cura di Francesco Abbozzo e Alessandra Tiroli 2004
http://www.chieseitaliane.chiesacattolica.it/chieseitaliane/schedaca.jsp?sercd=29002
http://www.magionemusei.it/default3.asp?active_page_id=165&id=187&cid=14&scid=15
https://1995-2015.undo.net/it/mostra/26268