Chiesa di San Niccolò – Val di Rose di Lisciano Niccone (PG)

La chiesa conserva una meravigliosa Pala d’Altare di influenza Raffaelliana dipinta da Eusebio di Jacopo di Cristofaro detto da San Giorgio, formato alla scuola del Perugino, ma successivamente influenzato dal Pinturicchio e Raffaello.

 

Cenni Storici

La diffusione della cultura benedettina in queste aree, alle falde del monte Protino , arrivò non solo dalla destra del Niccone quindi dal monastero di Camporeggiano, ma anche dalla sinistra, cioè dal monastero della riforma di San Romualdo, da San Salvatore del monte Acuto meglio conosciuto come Monte Corona.
L’anno preciso della loro venuta non è noto, ma lo storico Vescovo di Città di Castello Giovanni Muzi, ritiene di far coincidere il loro arrivo quando il fondatore San Romualdo era ancora vivente, vale a dire intorno all’anno Mille.
La chiesa di San Niccolò di Val di Rose e le strutture ad essa collegate sono da identificare con il monastero camaldolese di San Niccolò del Virgiliano, ricordato dalle fonti nei dintorni di Preggio.
Nel monastero, secondo la Vita di San Romualdo scritta da san Pier Damiani (1007-1072) il più celebre dei suoi discepoli grand’amico Gregorio VII, avrebbe vissuto lo stesso San Romualdo fondatore dell’Ordine camaldolese quando venne a Preggio e stabilì nei pressi di questo paese alcuni romitori ed è perciò plausibile che la sua fondazione risalga all’XI secolo.
La Chiesa di Val di Rose pare comunque che fu sede dei monaci Olivetani di San Pietro di Gubbio, anche se in quei tempi, come dice il Muzi, il cambio di casacca dei monasteri era frequente, tanto che, afferma, si passava con molta facilità da una riforma all’altra e qualche convento la sera era vestito di nero e la mattina era vestito di bianco, a seconda del succedersi delle congregazioni religiose ( bianco per i benedettini e di altro colore per altri ordini religiosi).
Valdirosa a sud di Lisciano, in faccia al Castel Rigone, è un posto grazioso sopra il Pian di Marte.
I monaci lo chiamarono Valle di Rose, ma in quei tempi era valle di spine.
Montalembert dice che i monaci usavano dare il nome ad un luogo significante tutto l’opposto di quello che era.
Edificato il romitorio e la chiesa quel posto divenne ben presto “Valle di rose “per il ben fiorire della coltivazione e di altre opere eseguite dai monaci.
Nel XIII secolo dipendeva dall’abbazia camaldolese-avellanita di San Bartolomeo di Camporeggiano, nella diocesi di Gubbio, probabilmente in questo momento che nel monastero dimorò un monaco di nome Bucarello, nativo della zona di Lisciano Niccone e forse proprio della frazione detta “le Crocicchie“, a pochi passi dalla chiesa di San Niccolò di Val di Rose.
Morto in odore di santità, fu sepolto sotto l’altare della chiesa, come conferma la presenza, ancora oggi, di una lastra di pietra di età romanica ornata di rilievi e provvista di aperture che dovevano permettere l’accesso al corpo in occasione dei riti dedicati al beato.
Altre fonti ricordano che nel 1593 il vescovo di Perugia Napoleone Comitoli fece ricercare sotto l’altare le spoglie del beato Bucarello e, rinvenutele, le fece riporre più degnamente nello stesso luogo.
Nel XV secolo San Niccolò del Virgiliano passò ai monaci olivetani e in seguito fu posto alle dipendenze del monastero di San Pietro di Gubbio.
Intorno all’anno 1419 i monaci si ritirarono a Gubbio lasciando sul posto due confratelli.
La Chiesa di Val di Rose nel 1837 ha come parroco un Don Angelo Biondi di Citerna.
Questo parroco è ancora provveduto con assegnamento annuo dai monaci olivetani di S. Pietro di Gubbio, fino dal momento che alienarono i beni spettanti ai monaci che qui un tempo abitavano.
La chiesa di Valdirosa cambiò il titolo da S. Maria in quello di S. Niccolò per l’unione fatta fra i monaci di Virgilliano e quei di Valdirosa.
Questa unione dove accadere nel 1600 e bene inoltrato; poiché nel principio di questo secolo si chiamava ancora S. Maria di Valdirosa.
Secondo le cronache del tempo essendo il fabbricato in buone condizioni e capiente, vi abitavano separatamente dal parroco, i soldati delle finanze per sorprendere i contrabbandieri, che continuamente scorazzavano dalla limitrofa Toscana a danno dello Stato Pontificio.
Il quartiere venne rimosso nel 1841 e sistemato con gli stessi militari agli Scopetelli nelle case Ferretti.
Una volta venuto meno il contrabbando in quell’area il comando fu spostato a Casa Vecchia luogo più vicino a Mercatale dove ancora persistevano sacche di illegalità.
Dopo il 1860 il bene fu alienato e le pregevoli tele che lo decoravano del Sei-Settecento, furono, vendute al mercato antiquario, rimase solo il pregevole dipinto di scuola peruginesca dell’altare maggiore, oggi conservato presso la Galleria Nazionale dell’Umbria (1506-1515), opera di Eusebio di Jacopo di Cristofaro detto da San Giorgio, l’allievo migliore del Perugino.
Tutto il bene fu acquistato dalla famiglia Mazzi.
 

Aspetto esterno

La facciata in pietra con cantonali squadrati e portale con stipiti ed arco in mattoni a rilievo.
Il portale è sovrastato da stemma a rilievo, degli Olivetani,in pietra arenaria.
Una finestra, con stipiti soglie e architrave in pietra sovrasta lo stemma.
Ai lati due aperture a semicerchio oggi tamponate.
Sulla facciata laterale destra un ingresso secondario con sovrastante finestra, entrambi con stipiti in mattoni e architrave in pietra.
Campanile in pietra, a pianta quadrata, sulla parete di fondo con cella campanaria a due fornici per lato.
 

Interno

Ha pianta rettangolare con presbiterio rialzato di un gradino.
Due altari laterali, centrali, e contrapposti.
La chiesa è molto semplice ed ha pareti in muratura.
La tela dell’altare di destra riporta, sotto la croce, lo stemma di facciata con il nome di “ANGELO MEOGUBINO“.
Si scorge anche il paesaggio del luogo ed un angelo che raccoglie un cesto di frutta , probabile attività principale del luogo.
Sotto l’altare maggiore una pietra romanica di notevole fattura con racemi e tre nicchie.
 

Pala d’altare

Madonna con il Bambino tra San Nicola di Bari, beato Bucarello, Beata Francesca Romano e San Romualdo, 1515 circa.
Tempera su tavola; 161 x 155 Iscrizione sul postergale del trono “AVE MARIA GRATIA P(LENA); B. BUCARELLO; B. FRANCESCHA ROMANA”.
San Romualdo (m. 1027) è il fondatore della congregazione benedettina camaldolese.
Veste il consueto abito bianco e impugna il pastorale, attributo degli abati, oltre che dei vescovi.
La sua presenza si spiega senza difficoltà trattandosi di un insediamento camaldolese, nel quale, secondo la tradizione, egli stesso avrebbe per un periodo vissuto.
Particolarmente interessante è la testimonianza del culto locale per il beato Bucarello, come si è visto originario della zona e vissuto nel monastero di San Niccolò di Virgiliano.
Veste, come san Romualdo, l’abito bianco dell’Ordine camaldolese.
Il fatto che si trovi effigiato nella tavola di Eusebio da San Giorgio nel 1515 e che il vescovo Comitoli nel 1593 promosse la ricerca del corpo sembra testimoniare una forte ripresa del culto almeno tra XVI e XVII secolo.
La scelta iconografica che pone sullo stesso piano, oltre che due santi (Nicola e Francesca Romana, legata ad un’altra famiglia benedettina, gli Olivetani) venerati ovunque, un santo fondatore di Ordine e l’umile correligionario Bucarello si inquadra nel devozionalismo caratteristico della Riforma cattolica in cui pietisticamente convivono l’universale e il locale.
La tavola è concordemente attribuita ad Eusebio da San Giorgio, attivo nell’ultimo decennio del Quattrocento e nella prima metà del secolo successivo.
Si formò essenzialmente sul linguaggio del Perugino, ma fu presto influenzato dal Pinturicchio e dal giovane Raffaello.
Elementi raffaelleschi si colgono anche in questa tavola, databile al secondo decennio del Cinquecento, per esempio nell’impostazione generale e nel gruppo della Vergine col Bambino.
Alla realizzazione, data la qualità non eccelsa, potrebbero aver partecipato degli aiuti, forse un allievo.
Questa pala ignorata dalla maggior parte dei critici è stata invece molto valorizzata dallo Gnoli che l’attribuisce ad Eusebio da San Giorgio e un suo scolare intorno al 1515.
 

Fonti documentative

Cartellonistica sul posto
Val di Pierle Memorie Storiche – Redatte dal parroco di Santa Maria Giovanni Battista Millotti tra il 1891 e il 1894. Analisi e commento di Marcello Silvestrini – 2010
M. Silvestrini – Lisciano Niccone e la Val di Pierle, appunti storici e dialettologici – 1981

http://necrologie.repubblica.it/

 

Mappa

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