Chiesa di San Niccolò – Foligno (PG)

La chiesa conserva il Polittico di Niccolò Alunno, uno dei più grandi capolavori della città di Foligno, portato via da Napoleone e restituito nel 1817 senza la predella che ora è conservata al Louvre.

 

Cenni Storici

Lo storico folignate del Seicento,Ludovico Jacobilli (1598-1664), in un manoscritto conservato nella Biblioteca di Foligno e nella Cronica della chiesa e monastero di S. Croce di Sassovivo, scrisse che la chiesa di S. Nicolò fu fondata nel 1094 e testualmente:
Questa chiesa è parrocchiale, havendo sotto la sua cura novantatre famiglie, e trecentosettantatre anime fra grandi e piccole. È chiesa antichissima essendo stata edificata circa l’anno 1094 da S. Bonfilio Vescovo di Foligno” e “nel 1120 fu concessa ( ) da Andrea Vescovo di Foligno al Beato Alberto Abbate di Sassovivo, e sua Congregatione“, che vi edificò accanto un monastero e “v’introdusse molti suoi monaci, con un Priore“.
Le affermazioni dello storico Folignate non sono però supportate da nessun documento storico, mentre invece la più antica notizia ben documentata attinente questa chiesa risale al 1138, nella bolla “Religiosis desideriis” di Innocenzo II, diretta all’abate Michele del monastero di Sassovivo, bolla che consacrava la potenza di questo monastero nato appena sessant’anni prima (1077) affidando a questo cenobio anche la chiesa di San Nicolò e il monastero annesso.
Nel 1189, con breve di Clemente III, la chiesa fu nuovamente confermata all’abbazia di Sassovivo, con l’annessa parrocchia ed i diritti di sepoltura, già posseduti da circa quarant’anni.
Nel 1281, a seguito di permuta, chiesa e convento tornarono in possesso del vescovo di Foligno, che nel 1348, come ricorda lo storico olivetano Placido Lugano, li affidò formalmente ai monaci Benedettini della Congregazione di S. Maria di Monte Oliveto, già introdotti alcuni anni prima.
Entrambi gli edifici, ridotti in condizione di fatiscenza, furono ricostruiti dai monaci Olivetani, che sostennero le ingenti spese grazie ad una donazione di case e terreni fatta loro dal vescovo.
Di questa ristrutturazione trecentesca, restano testimonianze nel portale laterale della chiesa, nelle due bifore del chiostro, del quale le Carte di Sassovivo documentano l’esistenza già nel 1206, e nella volta a crociera della sagrestia.
Costoro officiarono questa chiesa fino al 1434, quando furono sostituiti dagli Eremitani di S. Agostino della Congregazione di S. Maria del Popolo, detta successivamente Perugina che ne ottennero il definitivo riconoscimento l’anno successivo e che tuttora la gestiscono.
Questa chiesa, nel Quattrocento, fu abbellita di cappelle ed affreschi parietali con opere pittoriche di altissimo valore, forse tra le più belle tra quelle conservate nella città di Foligno, oggi purtroppo non più visibili, fatta eccezione per la Crocifissione che adorna la sagrestia; pittori eminenti furono Bartolomeo di Tommaso e Niccolò di Liberatore.
Tutto questo fu possibile grazie ai numerosi lasciti ed i legati dei fedeli che arricchirono la sagrestia di un bel bancone intarsiato e di armadi dipinti oltreché fecero realizzare le stupende tavole dell’Alunno.
Nel medesimo periodo andò gradatamente accrescendosi la dotazione immobiliare del convento: secondo il Catasto compilato nel 1587 dal perito comunale Antonio Ugolini, gli appezzamenti di terreno posseduti nel solo territorio di Foligno raggiungevano la superficie complessiva di ha. 56.
Meno di un secolo dopo, stando alla relazione (1650) redatta all’epoca della soppressione dei piccoli conventi disposta da Innocenzo X, l’intera consistenza fondiaria assommava a stava 1354 (ha. 73,60), con una rendita, limitata ai soli prodotti principali, di some 32 di grano (q. 76,80), libbre 1115 di canapa (q. 3,78), some 135 di vino (hl. 175,77) e mezzenghe 25 di olio (hl. 4,07).
La famiglia del convento era composta in quel periodo da 19 persone, cioè 9 sacerdoti, 3 chierici, 3 laici professi e 4 serventi, che vivevano con il profitto di scudi 678 annui.
Tra il Seicento e il Settecento si ebbe il consueto e discutibile ammodernamento architettonico di questo sacro edificio ed interessarono anche la risistemazione del convento e del chiostro; attorno ad esso si trovavano la chiesa, la sala delle riunioni, le cucine, il parlatorio e, al piano superiore, i dormitori.
I lavori, che gli fecero assumere l’aspetto attuale, interessarono principalmente le logge e comportarono l’innalzamento di uno dei lati, che era più basso degli altri; quelli nel convento si tradussero in una nuova definizione degli ambienti, resasi necessaria anche a seguito dell’istituzione dello Studio per i chierici professi.
Per quanto riguarda la chiesa le opere di ammodernamento, che avrebbero attribuito alla chiesa l’aspetto che tuttora conserva, furono eseguite intorno alla metà del Settecento.
I lavori, si protrassero per circa sei anni, costarono ai frati la cospicua somma di 2050 scudi ed implicarono anche una vertenza con i costruttori, che si risolse con l’arbitrato del celebre architetto Luigi Vanvitelli.
Nel 1770 questa Congregazione fu soppressa con decreto del Generale dell’Ordine Agostiniano, tuttavia la parrocchia di S. Nicolò rimase affidata ai padri del medesimo Ordine e unito alla Provincia dell’Umbria.
Ma il peggio doveva ancora avvenire, infatti nel periodo dell’invasione francese della Penisola, il convento fu soppresso una prima volta nel giugno del 1798 e trasformato in magazzino militare.
Riaperto nel dicembre del 1799, fu nuovamente soppresso nel giugno del 1810 e destinato a Collegio comunale.
Nel dicembre del 1814 tornò in possesso degli Agostiniani, che lo tennero fino alla definitiva soppressione del 1860.
Con Decreto Commissariale del medesimo anno, il convento fu assegnato al Comune di Foligno perché lo destinasse a Ricovero di mendicità; ma, dopo essere stato rilasciato dagli Agostiniani il 5 dicembre 1861, l’edificio fu adibito di fatto a scuole pubbliche.
All’inizio l’edificio venne usato come asilo di infanzia e quindi, nel 1875, la Scuola di Arti e Mestieri, che venne successivamente trasformata in Scuola Industriale e di Avviamento Professionale.
Dal 1962, l’ex convento è sede della Scuola media “Giuseppe Piermarini”.
Questa parrocchia contava 455 anime agli inizi del secondo decennio del Novecento; poi nel 1940 aumentò di poco fino a 550 anime; nel 1985 scese a 270; nel 2010 ne conta circa 650, a causa della numerosa presenza di immigrati.
La chiesa è tuttora officiata dai padri Agostiniani.
 

Aspetto esterno

Sulla lineare facciata principale della chiesa si trova il portale di chiaro stile rinascimentale, costruito riutilizzando del materiale di demolizione di una cappella interna.
Nella parete sinistra si legge ancora il vecchio portale, mentre sulla parete destra è posizionato il campanile quadrato in corrispondenza della sacrestia.
Degno di nota è anche il portale rinascimentale, le cui parti architettoniche formavano la mostra della cappella contenente il polittico dell’Alunno, che nel progetto settecentesco doveva essere demolita e che, invece, fu ricomposta nella facciata perché il contratto stipulato con i costruttori (1748) non prevedeva la costruzione di un nuovo portale.
 

Interno

L’interno della chiesa rimodernato a metà Settecento è composto da una ampia navata centrale e due laterali più strette che ospitano altari dedicati ad alcuni Santi che conservano dipinti del XVII sec.
Da segnalare la presenza di tracce di affreschi di epoche diverse (dal XV al XVII secolo), tra cui la tempera su tavola di Niccolò Alunno Incoronazione della Vergine e i Santi Antonio Abate e Bernardino da Siena (transetto destro).
In alto, Cristo incorona la Vergine in una gloria di cherubini, in basso, a sinistra S. Antonio abate ed a destra S. Bernardino da Siena, nella predella un Ecce Homo con ai lati la Vergine e S. Giovanni Evangelista.
L’opera, che la critica colloca tra il 1483 e il 1499, fu eseguita in adempimento di legato della nobildonna folignate Antonia di Giovanni di ser Nuto vedova di Giovanni Antonio di Marino Nocchi per una cappella da essa fatta erigere nella chiesa sotto il titolo di S. Antonio abate.
Il presbiterio della navata centrale ospita l’altare maggiore, sopra ad un Paliotto di legno dorato del sec. XVII; dietro l’altare maggiore, nell’abside, si trova il coro, a doppio ordine di stalli in noce risalente al 1751.
Tornando verso l’uscita, incontriamo l’altare di S. Giuseppe dove si trova l’opera più prestigiosa della chiesa: il Polittico realizzato con tempera su tavola (cm 300 x cm 340) raffigurante la Natività e Santi (1492), opera di Nicolò di Liberatore detto l’Alunno trasferita dai Francesi a Parigi nel 1812 e restituita nel 1817 priva della predella, che ancora oggi è conservata al Louvre.
In sacrestia ricordiamo una Crocifissione, affresco di Bartolomeo di Tommaso e una Madonna con Bambino, tempera su tavola di scuola senese del XIV secolo.
Pregevole l’organo, opera di Luigi Gallicani (1784), collocato in una delle cantorie di cui si ignora l’artefice.
Da segnalare, inoltre, la presenza, nel braccio sinistro del transetto, di tracce di affreschi di epoche diverse (dal XV al XVII secolo), scoperte nel 1998 in occasioni di sondaggi sull’agibilità della struttura dopo l’evento sismico del 1997.
Nella parete sinistra troviamo l’altare di Santo Stefano Protomartire con un dipinto di Marcantonio Grecchi (morto a Siena nel 1648) Martirio di Santo Stefano datato 1613 (olio su tela). Nell’angolo in basso a destra, sopra la data, il nome del committente “Jacobus Miliani Fulginas”.
Proseguendo verso l’altare Maggiore un dipinto di Domenico Valeri (1740? – 1760) Madonna con Bambino l’elemosina di San Tommaso da Villanova, San Giovanni da S. Facondino, il Beato Alonso da Orozco ed un Beato agostiniano, datato 1760 ( olio su tela).
 
 
 

Il Polittico – Natività e Santi

ALTARE DI SAN GIUSEPPE
Niccolò di Liberatore detto l’Alunno (Foligno ca. 1430-1502).
Nel riquadro principale, al centro la Natività, a sinistra S. Sebastiano e S. Nicola da Bari, a destra S. Michele Arcangelo e S. Giovanni Evangelista; nel riquadro mediano, a sinistra S. Monica e S. Giovanni Battista, a destra S. Girolamo e S. Nicola da Tolentino; nella cimasa, al centro Resurrezione di Cristo, a sinistra S. Gelasio I papa e S. Paolo, a destra S. Antonio abate e S. Agostino.
Il polittico fu dipinto su committenza della nobildonna folignate Brigida degli Elmi, vedova del mercante Michele di Nicolò Picchi per la cappella di S. Nicola da Bari da essa eretta nella chiesa.
Ordinato nel 1479, fu compiuto nel 1492, dopo la morte della committente.
Trasferito a Parigi dai francesi nel 1812, fu restituito nel 1817 privo della predella, che ancora oggi è conservata nel Museo del Louvre.
Nei primi decenni del nostro secolo, il Comune di Foligno rivendicò il possesso dell’opera e la fece trasportare nella Pinacoteca civica aprendo un conflitto con il parroco di allora P. Pio Santolini che sfociò in una causa giudiziari che si trascinò per molti anni fino a che l’ultimo grado di giudizio fece riportare il quadro nella chiesa.
La tavola fu collocata in sagrestia, ma nella notte del 2 luglio 1927 i ladri tentarono di trafugare il dipinto e quindi per motivi di sicurezza il Comune prelevò di nuovo lo stesso facendolo collocare nella Pinacoteca adibita nelle sale di Palazzo Trinci contro la ferma opposizione del parroco che tornato alla carica iniziò un’altra azione legale che alla fine dopo 22 anni dalla prima, finalmente riportò il polittico sopra l’altare a cui era stato destinato dalla committenza, cioè sull’altare di S. Giuseppe, posto al centro della parete destra dove lo possiamo ammirare ancora oggi.
 
 
 

Predella del polittico, conservata al Louvre

Vi sono raffigurati, da sinistra: due angeli con cartella, il Cristo nell’orto degli olivi, la flagellazione, la Via Crucis, la crocifissione, Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo sulla strada del Calvario.
La cartella al centro reca la seguente iscrizione, che ricorda l’autore, la committente e la data dell’opera:
AD LECTOREM NOBILE TESTATA EST PINGI BRISIDA QUONDAM HOC OPUS, O! NIMIUM MUNERA GRATA DEO. SI PETIS AUCTORIS NOMEN, NICHOLAUS ALUMNUS FULGINIAE: PATRIAE PULCRA CORONA SUAE.
OCTO QUINCTIES CENTUM DE MILLIBUS ANNI, CUM MANUS IMPOSITA EST ULTIMA, VANUERANT SED QUIS PLUS MERUIT, QUAESO, TE JUDICE, LECTOR, CUM CAUSAM DEDERIT BRISIDA ET ILLE MANUM?

(Questa iscrizione è riprodotta, insieme ad altre notizie, nella basa lignea posta attualmente sotto il polittico)
Alla sinistra troviamo la seguente iscrizione:
ANNO. MDCCCXII A. GALLIS. ROMANORUM IMPERIO POTITIS HAE. AB. ALUMNO DEPICTATAE TABULAE MOX. LUTETIAM PARISIORUM DEFENDAE.
Alla destra troviamo la seguente iscrizione:
ANNO MDCCCXVII PIO VII P. O. MAX.
AB IMPERATORIBUS ET REGIBUS FOEDERATIS RESTITUITAE
DIVI AUGUSTINI SODALIUM OPERA ET AERE REPETITAE, ATQUE HIC, ITERUM COLLOCATAE.

 
 
 

Il chiostro e il convento

Nel chiostro, di cui si ha notizia già dal 1206, fonti attestano la presenza nelle lunette di un ciclo decorativo con la raffigurazione di stemmi gentilizi.
Al centro del chiostro, ancora in buono stato di conservazione, si trova un bel pozzo in travertino, a forma ottagonale.
Al di sotto del pozzo si trova un’ampia cisterna che raccoglieva l’acqua piovana proveniente dai tetti e poi utilizzata per le esigenze del convento, che poteva avere così una quasi totale indipendenza idrica.
La vera del pozzo è sormontata da un’inferriata realizzata dagli allievi della scuola di “Arti e Mestieri” su disegno del prof. Tito Buccolini.
 

Fonti documentative

Cartellonistica sul posto
Bruno Marinelli – La vicenda del “Polittico” di Niccolò Alunno nella chiesa di S. Niccolò in Foligno (1909-1931) – Institutum Historicorum Ord. S. Augustini 1987

http://www.diocesidifoligno.it/pls/foligno/bd_dioc_annuario_css.singolo_ente?p_pagina=22325&id_dioc=143&cod_icsc=7090025&id_en=249&colore1=&colore2=&layout=0&rifi=&rifp=&vis=1

http://mattinatefai.it/mattinate-fai/l-evento/umbria/foligno-chiostro-e-chiesa-s-nicolo

http://www.amicidisantagostino.com/la-storia.html

http://www.umbriaccessibile.com/citta-umbre/foligno/chiesa-di-san-nicolo/

 

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