Chiesa di San Michele Arcangelo – Eggi (PG)

La chiesa sorge in pieno centro nel caratteristico borgo fortificato di Eggi e la domenica è sempre aperta e visitabile.

 

Cenni Storici e descrittivi

La chiesa si trova accanto all’ingresso del borgo murato, probabilmente è precedente alla costruzione delle fortificazioni.
Il primitivo edificio è sorto nel XII secolo, come indicherebbe la muratura in conci ancora in parte visibile sulla sinistra del portale.
Nel XIV secolo, ebbe una radicale modifica architettonica come si desume dal fatto che l’antico accesso, o uno degli antichi accessi, oggi trasformato in finestra, appare come tipica architettura trecentesca.
A quest’ultima epoca possono parimenti essere assegnati alcuni frammenti, forse di una trabeazione, inseriti all’esterno della cella campanaria dell’alto campanile quadrilatero che si appoggia alla ingresso del castello del quale in origine doveva esserci una torre.
Nel castello, sulla destra, e cioè sul muro esterno della chiesa, sono alcuni interessanti affreschi del XIV secolo, molto deteriorati dalle intemperie, con San Cristoforo di proporzioni gigantesche, San Giovanni Battista e San Michele Arcangelo; probabilmente rappresentano i santi protettori della comunità, posti a decorazione dell’originaria facciata.
Nel XV secolo la chiesa subì una completa ristrutturazione, variando probabilmente l’orientamento rispetto all’originario, e fu completamente affrescata, in particolare nella prima metà del secolo, da pittori locali tra cui il cosiddetto “Maestro di Eggi”, molto operoso nel territorio spoletino, che ha qui lasciato le sue opere più significative.
Bruno Toscano nel 1985 avanzava un’ipotesi sul nome dell’anonimo pittore: “Possiamo dunque dedurre che nel 1451 si costruiva ancora nelle forme del secolo precedente, come del resto si osserva nella coeva pittura locale. Il parallelismo è perfetto se si riflette che le numerosissime opere superstiti del cosiddetto Maestro di Eggi, la cui ‘ditta’ rastrella buona parte delle commesse tra gli anni Trenta e i Cinquanta, è un abile adattatore di tendenze allogene, per intenderci nell’ambito del gotico internazionale, alla tradizione spoletina trecentesca. I Mi sembra anzi poco probabile che alla sua intraprendenza e alla fortuna della sua formula sia sfuggita una commissione pubblica così importante come raffrescato della cappella del palazzo Comunale e sono perciò convinto che questo anonimo neotrecentesco altri non sia che l’Arcangelo di Giovanni cui nel 1445 toccò di eseguire quel lavoro, purtroppo perduto“.
Nel 1525 Giuseppe Racani otteneva JusPatronato sulla Pieve di S. Michele e vi finanziava dei lavori: il portale, di linee semplici e di andamento elegante, ove l’unica ornamentazione non architettonica è costituita dallo stemma dei Racani e da quello della città di Spoleto, la chiesa si arricchì inoltre di ulteriori affreschi.
Nel corso del XVII secolo la copertura a capanna fu sostituita da una a volta; nel 1595 fu affrescata l’abside, venendosi a coprire immagini più antiche, e, probabilmente, si costruirono anche gli altri altari laterali.
L’interno fu diviso in tre navate separate da arcate; forse in tale occasione furono coperti anche gli affreschi delle navate che in questi ultimi anni sono stati nuovamente riportati alla luce.
 

Aspetto esterno

La chiesa presenta una pianta rettangolare con abside, il presbiterio è leggermente rialzato ma non presenta cripta sottostante.
Il campanile fu ricostruito nella forma attuale dopo il terremoto del 1703, il Campanone della Chiesa è stato fuso da Giustiniano Giustiniani di Foligno nel 1813 (stesso fonditore del Campanone di Arrone ma anno di fusione diverso) ed ha un diametro di 76 centimetri.
 

Interno

L’interno, attualmente, si presenta a tre navate.
Nella parete di ingresso, dal basso in alto e da destra verso sinistra, notiamo i seguenti affreschi: S. Michele Arcangelo, opera del Maestro di Eggi, Putto orante del XV secolo, Cristo in Croce tra le due Marie e S. Sebastiano datato 1480, Madonna di Loreto, probabile opera del Maestro di Eggi, Madonna in trono col Bambino attribuito allo stesso, S. Lucia datato 1522.
Nella destra della navata centrale osserviamo i seguenti affreschi: Crocifissione datato 1517, Santa Lucia e S. Domenico datato 1480, una rarissima Crocifissione di ispirazione bizantina, che vede il Cristo triunphans dallo sguardo sereno e penetrante, vestito di tunica “manicata”, con la corona regale.
Questo tipo di iconografia simboleggia il superamento delle sofferenze terrene legate alla morte e la proiezione in un’altra dimensione, quella della vita eterna.
Gli ortodossi vedono in essa il Cristo vincitore sulla morte e sul peccato ed il trionfo della vita eterna sulle tenebre.
Nel sottarco della prima campata, poco leggibile, Arcangelo Gabriele del XV secolo.
Sopra il primo arco Madonna in trono col Bambino del XV secolo, Madonna in trono col Bambino datato 1439 (forse la data è stata ritoccata e non corrisponde più all’originale in quanto l’opera appare collocabile al XVI secolo), Madonna col Bambino, datato 1455.
Nel sottarco della seconda campata due affreschi molto interessanti del XV secolo con l’Eterno e Madonna in trono col Bambino, dall’altra parte figura non identificabile, di cui si legge solo la data e Madonna col Bambino.
Chiude la parete di destra un altro affresco con Madonna col Bambino.
Nella parete sinistra della navata centrale: S. Bernardino da Siena del XV secolo, opera del Maestro di Eggi.
Nel registro più alto Madonna col Bambino, Madonna della Quercia e S. Sebastiano datato 1483, Madonna della Quercia e Madonna di Loreto del 1481, Santo non identificata.
Nel sottarco della prima campata, a sinistra, Madonna in trono col Bambino del Maestro di Eggi e San Sebastiano datato 146(3?), a destra S. Lucia, opera dello stesso, e San Bernardino datato 1463.
Dopo l’arco, Santa non identificata, forse Santa Caterina d’Alessandria, S. Sebastiano datato 1475, Madonna in trono col Bambino del XV secolo, S. Bernardino datato 1481, Madonna col Bambino e S. Sebastiano, Madonna col Bambino datato 1506, sotto resti di affreschi più antichi.
Nel sottarco della seconda campata, a sinistra, un affresco, datato 1520, raffigurante un Santo Vescovo, probabilmente San Brizio, e San Senzia, raffigurato nei classici caratteri iconografici come giovane prete sbarbato, vestito di dalmatica e con ai piedi un drago squamoso tenuto a guinzaglio, sotto San Leonardo di Neblat, protettore dei carcerati, a destra S. Lucia del XV secolo.
Entro la conca absidale, San Michele Arcangelo di grandi dimensioni, affresco della fine del XVI secolo, probabilmente del 1595, data riportata in alto entro una tabella dipinta. Nell’intradosso si nota lo stemma della Comunità di Eggi.
Anche nella navata sinistra appaiono diversi affreschi, nella parete di fondo, tutti molto rovinati, una Santa che sorregge una torre, una Madonna in trono col Bambino del XV secolo, un San Michele Arcangelo.
Nella parete di sinistra, Madonna col Bambino del XV secolo, una Santa orante, Crocifissione, altra Crocifissione e altra Santa.
Nella parete di destra, Madonna in trono col Bambino del XV secolo, due angeli sorreggono una lunga scritta che riporta alcuni benefici concessi alla chiesa nel 1452, altra Madonna in trono col Bambino del XV secolo.
Nella volta sono altri affreschi, nella vela Eterno tra S. Maria e S. Giovanni, l’opera presenta molte affinità con quelle di Paolo da Visso.
Sempre nella volta S. Sebastiano, Madonna della Quercia e S. Giacomo da mettere in relazione con lo stesso pittore.
Segue un Eterno benedicente.
Nella navata di destra si nota un bel fonte battesimale cinquecentesco, a forma di uovo (simbolo della vita) baccellaio nella metà inferiore ed embricato in quella superiore, e un altare, sulla parete destra resti di affreschi di difficile lettura, sopra l’altare di fondo Santa Lucia, Madonna in Trono con Bambino, San Sebastiano.
 

Analisi di alcuni dipinti

MADONNA DELLA QUERCIA Sec. XVI -1515
Anonimo del XVI secolo
L’affresco raffigura la Madonna della Quercia nella sua immagine più consueta ed esplicativa.
La Vergine è a mezzobusto, con il manto che dalla spalla destra risvolta fino alla mano sinistra dove viene trattenuto dalla mano che sostiene il Bambino.
La Madonna ed il Bambino riempiono completamente un tegolone di tipo romano, un “bipedale”, appeso ad una quercia, della quale sono resi in modo schematico il tronco e la chioma, che fuoriesce ai lati della tegola. Il dipinto si colloca nell’ambito di quelle opere di transizione tra la tradizione quattrocentesca ed i nuovi sviluppi dell’arte pittorica del XVI secolo. Le figure hanno ancora l’aureola impressa, secondo l’antica tradizione, ma rivelano la conoscenza del nuovo linguaggio, come denuncia la cinta della vestina del Bambino che si annoda a fiocco nel modo caro al gusto dello Spagna. Anche la scritta, che ci trasmette il nome del committente e la data: “Zuccarus Cucciolicti f. f. A.D. 1515“, è resa ancora in caratteri gotici, e con il “ductus” tipico di quella scrittura. La Madonna della Quercia si venera a Viterbo, ma la sua devozione era collegata all’implorazione di aiuto in occasione delle pestilenze, per cui la sua presenza e la data ci ricordano una delle tante ondate di peste, che, dalla famosa “peste nera” tramandataci dal Boccaccio, in modo endemico imperversarono per secoli. Tenendo conto che un certo numero di affreschi recano una datazione compresa tra il 1506 e il 1522, tra i quali quello in oggetto, si può pensare ad una forte recrudescenza di peste, simile a quella denunciata negli affreschi degli anni 70 del XV secolo, e che hanno dato origine anche alla Madonna delle Grazie, e ai dipinti dello Spagna nella chiesa di S. Giovanni.

SAN BERNARDINO DA SIENA Sec. XV
Maestro di Eggi
Laffresco raffigura S. Bernardino da Siena.
Il grande predicatore francescano è colto, secondo l’iconografia più tradizionale, nell’ultimo periodo della sua vita, quando, vecchio e ormai privo di denti, appare con le guance infossate, accentuando il senso della macerazione. L’affresco, pur avendo subito dei guasti, è tuttavia leggibile nella figura del santo e mostra il Maestro di Eggi mentre si cimenta non con i consueti santi dai volti acerbi e dall’ovato perfetto, ma con la figura di un anziano dai caratteri ben differenti. Similmente il colore deve mantenersi unicamente nei toni del bigio senza addentrarsi nella varietà delle gamme di colore delle vesti e dei manti delle Madonne.

SANT’ELENA IMPERATRICE Sec. XV -1474
Anonimo
II pittore imposta la figura dell’imperatrice in una visione frontale, paludata con un ricco manto sopra una veste, e con una fazzuola in testa che le copre anche lo scollo dell’abito. La santa è raffigurata ancor giovane, ha la corona in testa per significare il suo carattere di imperatrice, con la mano destra benedice, mentre con la sinistra regge una croce astile, allusiva alla scoperta della vera Croce, che secondo la tradizione S. Elena fece a Gerusalemme. Nella stessa mano regge una corona del rosario, in una forma arcaica e semplificata, che può collegarci con quel clima di intensa pietà delle numerose donne che vivevano come “recluse”, cioè eremite, nei dintorni della città di Spoleto e dei paesi vicini, e che avevano nella recita del rosario un punto forte della loro spiritualità. L’immagine, circondata da una cornice a finto mosaico e da un bordo, è ambientata in uno sfondo reso con un prato nella parte bassa, e con un drappo nella zona del cielo; il drappo è decorato con un motivo a stampino, come anche il manto di S. Elena.

SAN MICHELE ARCANGELO Sec. XV -1448
Maestro di Eggi
E’ il dipinto più noto del cosiddetto “Maestro di Eggi”, l’anonimo pittore del XV sec., identificato dallo Zeri proprio negli affreschi di questa chiesa e operoso a lungo nello Spoletino e nella Valnerina. Questa immagine rende al meglio i caratteri della sua arte, nell’orbita del gotico internazionale, (volti ovali, con boccucce e occhi intensi, mani affusolate, capelli leggermente mossi in ciocche simmetriche). L’Arcangelo è rappresentato come guerriero (immagine abbastanza diffusa nella zona; basti pensare al dipinto del Maestro di Fossa nella cripta di S. Ponziano). Bruno Toscano nel 1985 avanzava un’ipotesi sul nome dell’anonimo pittore: “Possiamo dunque dedurre che nel 1451 si costruiva ancora nelle forme del secolo precedente, come del resto si osserva nella coeva pittura locale. Il parallelismo è perfetto se si riflette che le numerosissime opere superstiti del cosiddetto Maestro di Eggi, la cui ‘ditta’ rastrella buona parte delle commesse tra gli anni Trenta e i Cinquanta, è un abile adattatore di tendenze allogene, per intenderci nell’ambito del gotico internazionale, alla tradizione spoletina trecentesca. I Mi sembra anzi poco probabile che alla sua intraprendenza e alla fortuna della sua formula sia sfuggita una commissione pubblica così importante come raffrescato della cappella del palazzo Comunale e sono perciò convinto che questo anonimo neotrecentesco altri non sia che l’Arcangelo di Giovanni cui nel 1445 toccò di eseguire quel lavoro, purtroppo perduto“.
 

Bibliografia

http://www.amicidieggi.it

Itinerari Spoletini -N°5 Da Spoleto a Trevi lungo la Flaminia a cura di Silvestro Nessi e Sandro Ceccaroni edizione in omaggio ai partecipanti alla XXVII Settimana di Studi sull’Alto Medioevo –
 

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