Chiesa di San Lorenzo di Rancolungo o Rancolongo – Petrelle di Città di Castello (PG)

La chiesa, di propretà privata, è adibita a cantina ed è considerata di origine longobarda, anche se la sua titolazione è tipicamente bizantina.

 

Cenni Storici

La piccola chiesa di San Lorenzo si eleva su un versante della collina che si affaccia alle spalle di Petrelle, in un luogo dominante la Valle del fiume Minima.
La sua origine non è ben nota anche perché dovrebbe essere molto antica, anche se le tracce di quel suo passato non sono più leggibili architettonicamente, però da sempre viene definita come chiesa “Longobarda“.
Su questa definizione ci sarebbe da fare delle ricerche e di aprire una discussione, perché il toponimo del luogo in cui sorge è evidentemente longobardo, ma la sua dedicazione è tipicamente Bizantina; infatti la dedicazione a San Lorenzo è tipica della cultura greco-bizantina e questo poco ci stupisce in quanto quest’area, anche se non è definibile precisamente nei dettagli, si trovava nel corridoio bizantino, quindi una tale dedicazione ci può stare.
La presenza del Tevere e della sua valle fluviale, quest’ultima disegnata dalla trama agricola e dal reticolo idrografico minore, costituiscono il carattere morfologico più rilevante di questo paesaggio e di fatto sin dall’epoca della dominazione romana e soprattutto in quella bizantina, fu uno storico snodo di traffici e scambi tra genti, essendo territorio di confine; l’alta valle tiberina fece parte del corridoio bizantino, via di collegamento tra i possedimenti bizantini tirrenici con quelli adriatici.
Andando ancora a ritroso nel tempo possiamo dedurre, dalla struttura del territorio, che questa valle era interessata da un’importante via di comunicazione romana, oggi ancora in parte visibile, chiamata “La basolata“, che congiungeva l’Alto Tevere a Cortona e Arezzo, quindi non è da escludere che proprio a ridosso di tale strada possa esserci stato un tempio dedicato ad Ercole e che poi sia stato trasformato in San Lorenzo vista la grande affinità fra le due figure. (vedi descrizione della chiesa di San Lorenzo di Rocca Leonella).
Per quanto riguarda invece il toponimo “Rancolungo” o “Rancolongo” (da Longobardo?) qui bisogna per forza appellarci al vocabolario germanico-longobardo, seppur con interpretazioni diverse a seconda degli studiosi che hanno affrontato l’argomento.
Secondo Euro Puletti la possibilità che “Ranco” sia d’origine germanico-longobarda, come, d’altronde anche greppo e troscia, esiste sia perché termina in -anco, tipico suffisso italiano d’origine germanica sia perché il termine compare, perlopiù, in aree anticamente germanizzate.
Secondo l’autorevole linguista Giovan Battista Pellegrini “Ronco” (“Toponomastica italiana“, Hoepli, Milano, 1990, pagina n°. 199), che è una variante di “ranco” riscontrabile nel nord d’Italia, sarebbe un deverbale di “runcare“, “mettere a coltura“, naturalmente, prima di tutto, abbattendo gli alberi con la ronca, roncola o ronchetta.
Un altro elemento a favore dell’ipotesi di derivazione germanica del termine risiede nel fatto che i primi grandi disboscamenti per la messa a coltura del nostro Appennino iniziarono proprio nell’alto Medioevo germanico-longobardo.
Questa ipotesi è confermata da Santino Gallorini, studioso della montagna cortonese che in un suo testo afferma: “Si può presumere che gran parte degli insediamenti già esistenti sia stata ampliata, acquisendo anche nuovi terreni all’agricoltura, tramite disboscamenti, il cui ricordo ci rimane in toponimi tuttora presenti nel territorio: “Ranchiano” (Cantalena), “Rancaccio” (Pierle) “Ranconuovo” (Bagnolo)” oltreché appunto “Rancolungo“.
Calza anche la definizione del prof. Cangi che afferma: “Ranco è un toponimo diffuso in Altotevere. Si trova anche nella valle del Carpina. In genere è un nome attribuito a terreni in pendio. Si trova anche nei catasti (ranchinoso, inteso come scosceso). In dialetto si dice “arrancare” quando si va in salita”.
In effetti la chiesa si trova proprio in un pendio che scende nella valle del Minima.
Altra definizione attribuita a “Ranco” trovata in un vocabolario dei termini longobardi è “Suono di campane“, definizione poco nota ma che anche questa ben si addice al caso in questione.
Quindi tirando le somme del ragionamento la chiesa potrebbe essere nata come struttura bizantina (VI secolo in poi) e assorbita successivamente, secoli dopo, dalla cultura longobarda.
La presenza stabile dei Bizantini in questa area interessata tra l’altro dal famoso “Corridoio“, è confermata dalla presenza di altre strutture religiose con titolazioni della cultura Greco-Bizantina quali
ad esempio S. Stefano.
Qui ne troviamo due, una sul crinale in località “Pino” e un’altra nella valle confinante (Bonsciano), senza trascurare poi la dedica a San Zeno o Zenone (caro a Carlo Magno e di origini franco–carolingie) che potrebbe avvalorare la tesi della sovrapposizione del dominio longobardo dell’area in seguito all’occupazione che spostò i Bizantini oltre la sponda sinistra del Tevere che si arroccarono a Fratta attuale Umbertide.
Comunque nel XIII sec. nella montagna, come del resto nella pianura, erano presenti un gran numero di piccole chiese, spesso con cura di anime, e questo ci fa capire che proprio in questo periodo fu raggiunta una consistente crescita demografica.
Quando, verso la fine del XIV secolo, a seguito di gravi pestilenze e carestie, vi fu un crollo demografico, anche queste chiesette caddero in rovina e molte furono annesse alle chiese dei centri maggiori.
Questo fatto si riscontra nei verbali dei resoconti delle visite pastorali trecentesche e dei primi decenni del Quattrocento.
Nel 1325 era sottoposta alla Pieve di Falzano insieme ad altre strutture religiose della zona, finché proprio in questa data venne eretta la Diocesi di Cortona che passò la Pieve a questa nuova Diocesi sottraendola a quella di Città di Castello.
San Lorenzo di Rancolungo restò a quest’ultima Diocesi, ma passò sotto la Pieve di San Zeno costituita in sostituzione di quella di Falzano.
Le vicissitudini storiche di questa chiesa non sono bene note, però si hanno a disposizione degli inventari che ci danno un’idea della struttura religiosa e delle sue variazioni nel corso dei secoli.
Uno di questi fu redatto il 30 agosto 1677 da don Aueralio Giarri o Grassi (?); in questo documento ci informa che la chiesa è di juspatronato dei Marchesi Camilla Fortuozzi in Spadi e Alessandro Legnani, ne fa una descrizione strutturale precisando che situata dietro l’altare c’è la sacrestia.
Oltre a ciò ci vengono descritte le opere d’arte presenti fra cui “un quadro in tela nel quale in mezzo vi sta dipinta la Vergine SS. sopra le nuvole con il S.N.G.C. in braccio e in basso a man dritta vi sta San Lorenzo in piedi con la graticola in mano e a man manca vi sta San Sebastiano legato ad un tronco con molte freccie nel suo santo corpo confitte“.
Un altro inventario fu redatto dal rettore don Sebastiano Balducci il 20 febbraio 1728 il quale conferma “l’origine antichissima della chiesa” e soprattutto riconferma il quadro dipinto ad olio posto sopra l’altare come nell’inventario precedente, aggiungendo che “sopra l’altare” era presente un “baldacchino di tela dipinto“.
Dietro la sacrestia si elevava il campanile (come è tutt’ora) “dove vi è una campana alta palmi due e dita due con iscrizione attorno: HEC EST CAMPANA ECCLESIE S. LAURENTI DE PETRIOLO – FECIT FRANCISCUS HIEROLIMUS DE CORTONA, ANNO DOMINI 1432“.
Anche l’inventario del 9 settembre 1862 segnala il quadro sopra l’altare e ne indica altri tre piccoli di scarso valore, inoltre indica, un ciborio di legno in mediocre stato.
Nella visita pastorale del 1872 la chiesa di San Lorenzo non risulta più dei Marchesi, ma è passata come diritto patronale del sig. Bufalini e già non si parla più della tela d’altare.
Il 28 marzo 1911 Coletti Don Carlo descrive la chiesa dedicata a San Lorenzo con un solo altare.
La parrocchia confina con San Zeno a Poggio e di diritto patronato laicale del marchese Bufalini. Quantunque la parrocchia sia la chiesa di San Lorenzo, per comodità della popolazione e per concessione del vescovo Mattei, funge da parrocchiale la sussidiaria della confraternita di Petrelle, eretta nell’anno 1591 con il titolo di Madonna SS. Annunziata di Petrelle“.
La storia recente della chiesa la vede perdere notevolmente di interesse, tanto da essere alla fine sconsacrata e utilizzata da privati come cantina, destinazione profana e dissacrante ma che in effetti ne ha impedito il crollo e a suo modo ne ha conservato la struttura.
Il titolo insieme a tutti i possedimenti furono passati alla nuova chiesa di Petrelle che ne ha assunto il nome insieme a quello di Maria Annunziata a cui era stata dedicata.
 

Aspetto esterno

L’edificio è inserito nella parte angolare di un blocco abitativo strutturato come un nucleo compatto; ruderi di edifici molto più antichi sono ancora visibili nelle immediate vicinanze dove pare scorgere un blocco quadrato come fosse la base di una torre utilizzato come esterno di uno stallino di maiali.
Questo non meraviglia vista la posizione sopraelevata sulla valle e viste le sue origini longobarde non è escluso che potesse trattarsi di un centro abitativo dedito anche all’avvistamento ed al controllo della viabilità.
Per accedere alla chiesa si devono salire qualche scalino in quanto si trova sopraelevata rispetto al piano della strada.
Nella parte di fondo della chiesa e del fabbricato su un muro speronato si eleva il campanile a squadra con due vele e due fornici ma con una sola campana (forse la stessa descritta nell’inventario del 1728).
E’ molto interessante per caratteri tipologici, posizione e orientamento sull’asse del solstizio.
 

Interno

È molto alterata, per modifiche continue apportate fino alla metà del “900 che come detto l’hanno trasformata in cantina; si accede da una porta squadrata sovrastata da una finestra quadrata.
L’interno è modesto ed è a navata unica, l’altare è sulla parete di fondo e sulle pareti laterali sono ancora visibili tracce di decorazione.
Il soffitto è visibilmente ribassato rispetto all’originaria altezza della chiesa, ciò ha consentito di ricavare un piano superiore adibito ad abitazione.
Sulla parete destra è ancora visibile una lapide tombale dedicata ad una donna di nome Maria Turchi ma è talmente deteriorata che non si legge di più.
L’altare è in muratura e ancora visibile in parte, solo che in un angolo è smurato e il piano è gremito di oggetti vari.
La porta laterale che un tempo introduceva alla sacrestia ora è stata soprelevata e conduce all’appartamento del piano superiore.
In controfacciata sulla destra è ancora presente una acquasantiera in pietra.
 

Nota curiosa

Il Muzi nella sua Storia di Città di Castello riporta che, “Dagli annali del Comune, risulta che il 5 settembre 1617 gli uomini di Rancolungo chiedono di potere erigere un’osteria a Petriolo per i visitanti la miracolosa Imagine di Petrelle conservata nella nuova parrocchiale costruita a ridosso della strada per Cortona, e per comodità dei venienti al bagno di acque salubri scoperte di nuovo vicino alla chiesa di Petrelle“.
Questa casa ancora esiste e ha dato il toponimo al luogo che si chiama appunto “Osteria” e si tratta dell’ultima casa del paese di Petrelle e l’ultima, presente lungo la strada che va a Cortona, che insiste in Umbria nel Comune di Città di Castello poco prima del confine dove in territorio Toscano è ancora presente la Dogana Granducale di Petriolo trasformata ora in civile abitazione.
 

Fonti documentative

Giovanni Muzi – Memorie ecclesiastiche e civili di Città di Castello – 1842
Giovan Battista Pellegrini – Toponomastica italiana – Hoepli, Milano, 1990, pagina n°. 199
Santino Gallorini – I Borghi della montagna cortonese – 2021
 

Mappa

Link alle coordinate: 43.350869 12.165524

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