Chiesa di San Lorenzo – Capocavallo di Corciano (PG)
Cenni Storici
La chiesa parrocchiale, ubicata all’interno dell’area murata, è dedicata a San Lorenzo, costruita sui resti di un antico edificio religioso, già dipendente dal “plebarium di Santa Firmina” di Cenerente, che compare in un documento del 1163 e, secondo un catasto redatto nel 1362 risulta poi dipendere dal capitolo della cattedrale di Perugia.
Prima del 1560 a questa parrocchia vennero unite, da Ippolito della Corgna, la chiesa di S. Donato in Canneto e nello stesso anno le venne unita la chiesa di Sant’Egidio in Monte Malbe che successivamente andò distrutta nel 1594.
Questa antica chiesa, fondata da rustici della cattedrale, che ne trasferirono qui anche il titolo, forse come uno dei suoi canonicati estrinseci, fu nominata parrocchiale attorno al 1361 e a giudicare dalle opere d’arte che vi si trovano oggi conservate si può sospettare che Capocavallo potesse esser una sorta di succursale, beneficiaria di pregevoli prodotti collegati con il Capitolo perugino.
Altre testimonianze della chiesa di Capocavallo assieme alla casa parrocchiale ed alla casa di civile abitazione sono risalenti alla metà del 1600, come confermato da una nota arcivescovile del 1665 e supportata da un dipinto su tela (archivio parrocchiale) “un gonfalone” che presenta una raffigurazione con Madonna e Santi e l’immagine di Capocavallo nella quale compare la vecchia Chiesa e delle costruzioni intorno ad essa che corrispondevano alla casa parrocchiale ed annessi.
In una nota vescovile viene descritta come “posta entro il Castello, a mezzogiorno, contigua ad una casa con due stanze, canali ed orto sul lato destro della chiesa…“.
Fuori dal castello era posta la casa di abitazione del rettore, comprata da don Alessandro Angeli
nel 1559 e da lui donata alla chiesa, con ingresso, sala, due stalle ed il forno.
I beni della stessa consistevano in vari appezzamenti di terreno, per lo più arati, con olivi e
pergole di viti, alcuni a sodo, altri “cerquati“, dislocati intorno al castello, sul Monte Malbe, presso la chiesa della Madonna delle Grazie, o anche più lontano: alle Cupe, all’Oscano, a Canneto.
Nel 1743 fu costruita un’altra chiesa e l’attuale canonica, venne consacrata dal vescovo in quell’anno; questa costruzione è rappresentata in un nuovo “gonfalone” opera del Petrignani realizzato nel 1925 che si trova nella chiesa stessa.
Lo stendardo per le Processioni che raffigura l’immagine del Titolare e dei Patroni di Capocavallo, fu commissionato da Don Pompilio Coli con le figure della Madonna del Rosario, S. Lorenzo e S. Antonio da Padova per una spesa di Lire 325.
La chiesa demolita era ad una sola navata, lunga 16 metri e larga 5,50; aveva incorporata l’ossaia, cioè una tomba a cisterna, la cui botola è conservata nel cortile esterno, nella quale trovavano sepoltura i morti della Parrocchia.
L’attuale chiesa parrocchiale a tre navate è un manufatto architettonico realizzato nel 1929 sul sedime parziale dell’antica chiesa parrocchiale che venne demolita per ragioni statiche fu fortemente voluta da Don Pompilio Coli, Parroco di Capocavallo dal 1902 al 1962.
Tale parroco dimostrò di essere un buon amministratore, e non solo di anime, infatti racimolò un piccolo capitale vendendo al meglio terreni e boschi della Parrocchia e reinvestendo il tutto per l’edificazione del nuovo tempio.
L’edificio fu inaugurato il 10 novembre del 1929 con la benedizione del vicario arcivescovile monsignor Ubaldi.
In seguito al terremoto del 1997 è stata chiusa per inagibilità e riaperta al culto il 24 marzo 2002.
In tale contesto di recupero post sisma il Comune di Corciano è intervenuto con opere di risanamento lungo le mura dell’antico Castello, creando anche un’ampia area di parcheggio riaprendo un percorso pedonale verso la parte alta del paese attraverso un camminamento medievale all’interno della torre di cinta; ha rimodellato la piazza antistante la Chiesa con al centro la vecchia “cisterna” etrusca – medievale e trasformato in giardino panoramico l’antico ed incolto “orto del prete” dove sono tornati alla luce dei camminamenti che conducono all’’interno della cisterna della piazza e un’altra cisterna in mattoni.
Aspetto esterno
L’intero complesso sorge sulla piazza dell’antico castello di fianco ad una cisterna etrusco-medievale ed è racchiuso tra i fabbricati parrocchiali e gli antichi muri medioevali.
La facciata è divisa in tre campate con quelle laterali corrispondenti alla navate laterali più basse rispetto alla principale; questa è delineata da lesene culminante con archetti pensili, sotto la cornice del tetto delimitato da dentellature, al centro un rosone.
Sono presenti tre porte una per ogni navata sovrastate da lunette, la principale contiene l’immagine del Cristo mentre quella a destra riporta il simbolo mariano e quella di sinistra la graticola simbolo del martirio di San Lorenzo santo titolare dell’edificio.
Le due porte laterali sono sovrastate da aperture a forma di croce.
La canonica posta a sinistra della chiesa, di forma quadrangolare.
Interno
L’attuale impianto della chiesa è a figura quadrata di ml. 15 x ml. 15 con una navata principale e due minori laterali.
La navata centrale è scandita da tre campate, coperte con volte a crociera con costoni, nelle murature longitudinali si aprono sei finestre.
Le navate minori laterali sono coperte con crociere senza costolature, l’abside è coperto da volta sferica.
Entrando sulla destra in controfacciata si nota il meccanismo dell’orologio della torre funzionante ma ora solo esposto e subito nella parete destra una piccola cappellina che un tempo conteneva il fonte battesimale ora posizionato a destra del presbiterio.
In questa navata troviamo la statua di San Giuseppe e altare della Vergine con una statua della Madonna adolescente.
Introduce il presbiterio il Fonte battesimale e nel catino absidale l’altare maggiore e un bellissimo Crocefisso ligneo cinquecentesco.
Scendendo nella navata sinistra c’è l’altare di San Lorenzo con la statua del titolare e lungo la parete una nicchia con Sant’Antonio da Padova.
In controfacciata la lapide commemorativa del parroco Don Pompilio Coli artefice della costruzione del tempio e la cantoria con l’organo.
Dalla parete sinistra si accede alla Sacrestia ricavata dai locali dell’antica chiesa dove fa bella mostra un antico lavabo ritrovato casualmente durante i lavori di restauro, il cui catino disperde l’acqua all’interno delle mura di cinta del castello.
Dalla sacrestia si accede all’ex orto, ora terrazza sulle mura, dove, sotto più di un metro di terreno, insisteva un antico cimitero e dove ora si conserva una pietra che era la botola dell’ossario interno alla vecchia chiesa; in questo spazio anche una pietra squadrata forse di origine romana adattata a portantina del Crocefisso durante le processioni.
Il campanile
Nell’anno 1890 veniva ultimata la costruzione dell’attuale campanile, innalzato ad una leggera distanza dalla chiesa, sulla base di una vecchia torre facente parte della cinta muraria eretta sul finire del 1300.
I lavori, come ricorda una lapide marmo rea posta nel lato ovest, proprio sopra l’arco dell’antica porta, furono eseguiti dall’impresa artigiana di Domenico Morlunghi per volere della popolazione e sotto l’animosa guida del parroco di allora, Don Costanzo Massini.
La lapide recita: DOMINICUS MORLUNGHI FABER MURALIS EXTRUXIT A.D. MDCCCLXXXX (Costruito dall’artista muratore Domenico Morlunghi nell’anno del Signore 1890).
Forse non c’erano denari a sufficienza per completare l’opera secondo il progetto stesso o
forse ci furono difficoltà tecniche sta di fatto che la costruzione non rispetta il progetto originale, manca infatti una guglia esagonale di ben 12 metri.
Comunque, anche se incompleta, la costruzione si presenta imponente, perché favorita dalla
posizione elevata e per la sua altezza di 40 metri compresa la guglia a lucernaio, fino alla punta della Croce.
Terminati i lavori di muratura negli anni 1891-92 furono messe a dimora ben quattro campane e il 27 settembre 1892, venne eseguita la solenne benedizione delle nuove tre “tre campane“, la quarta, è quella preesistente e proveniente dalla vecchia chiesa.
La campana maggiore o “campana Leonina” del peso di oltre 14 quintali fu regalata dall’allora papa Leone XIII a lui stesso donata in occasione del suo Giubileo Sacerdotale nel 1887 e a sua volta volle donarla all’amico Don Massini.
La campana fusa in un’officina belga nella città di Lovanio e per la sua mole e per il suo peso risulta tra le tre campane più grandi del territorio extra urbano di Perugia, fra le varie scritte in essa contenute reca lo stemma di Leone XIII e la sua immagine a mezzo busto.
La seconda campana o “campana Mariana“, fusa in un’officina italiana e precisamente a Lammari di Lucca, è dedicata alla Madonna del Rosario, alla quale è intitolata da antichissima data (dal 1665 ) la Compagnia della Madonna del Rosario, formata da sole donne.
La terza campana “o Laurenziana“, fusa nella stessa officina della seconda campana, è dedicato a San Lorenzo Titolare della Chiesa principale e Patrono della Parrocchia.
La quarta campana che è anche la più piccola, non si ha notizia della sua origine; è la stessa campana che già esisteva prima della costruzione del nuovo campanile: infatti la cronaca parrocchiale parla di due campane a corredo della vecchia chiesa e le voci dicono che una delle due era stata rubata.
Fino all’anno 1973 le campane venivano suonate a forza di braccia e di gambe; per suonare a distesa era necessaria la presenza di almeno tre persone, delle quali, due s’issavano sull’apposita impalcatura, reggendosi con le braccia a due anelli agganciati a corde fissate sul tetto del lucernaio e con la sola forza delle gambe, per mezzo di un argano collegato all’asse di sostegno delle campane stesse, davano movimento al bronzo che cominciava così a spander voce, dapprima piano poi sempre più forte.
Al culmine della fase, la campana veniva completamente rovesciata verso l’alto ed in questa posizione rimaneva alcuni secondi; quando di nuovo riacquistava la posizione propria con una mossa molto veloce, il suono era potente.
La terza persona rinterzava lavorando di braccia alla corda collegata al batocchio: era questa un’arte tipica del campanaro titolare, una figura ben precisa nell’ordinamento parrocchiale che aveva la responsabilità del suono delle campane per tutte le manifestazioni religiose o di altra natura, sempre sotto la guida del parroco.
Il Crocefisso ligneo
Il Crocefisso che campeggia sopra l’altare maggiore proviene dalla chiesa della Madonna delle Grazie o delle Piagge, è in legno alto un metro ed è stato realizzato da un ignoto artista tra il 1581 e il 1584.
L’opera era conservata all’interno di un pregevole altare ligneo barocco scolpito agli inizi del XVII secolo, purtroppo oggi scomparso, decorato con pampini, grappoli, spighe e altri motivi vegetali, dal chiaro significato eucaristico.
Non viene nominato nella Visita Pastorale del 1581 ma compare nella successiva tre anni dopo come “em>crocifisso opere elevato“.
Anche se il volto è quello di un uomo ormai tranquillo, ma che reca i segni evidenti della passione, inseriscono il Crocifisso nella tipologia dei dolenti.
L’esecuzione mostra una buona condotta plastica del modellato del corpo, del quale si rilevano tendini, muscoli, sagomatura del costato, braccia innervate.
Anche se progettato per stare all’interno di una nicchia d’altare, la scultura presenta una buona esecuzione anche del lato posteriore.
Il corpo pende dalle croce e il particolare dell’inchiodatura più alta del capo rende maggiormente sensibile questo dato.
La testa, fortemente reclinata in avanti, trascina con sé la parte superiore del busto e fa tendere in avanti le braccia ruotando le spalle; gli occhi e la bocca sono socchiusi.
L’inchiodatura sul palmo delle mani ha provocato la rottura del nervo mediano e la conseguente contrattura del pollice, che è qui è stata rappresentata accartocciando le dita sugli stessi chiodi.
Notevole è il modellato dei capelli, della barba ricciuta e dell’estemporaneo perizoma a velo, modellato sullo stesso tronco con una tipologia simile a quella di Donatello.
A questo crocefisso erano abbinate due immagini della Madonna e San Giovanni dolenti raffigurati ad olio su tela da un ignoto pittore umbro del XVIII secolo.
Entrambi ai lati del Crocifisso le due sagome dei dolenti costituiscono la traduzione iconografica di drammi sacri.
Questo genere di rappresentazione, a volte musicata, altre volte semplicemente recitata, incentrata sul simulacro del Crocifisso, nacque nel corso del duecento ed ebbe uno grande rifioritura in età controriformistica e barocca.
I dolenti divengono così parte integrante dei memoriale del sacrifico, evidenziando ancora di più il lato umano del figlio di Dio.
Nota di ringraziamento
Ringrazio la signora Rita Tosti per la sua preparazione, la sua disponibilità e per la pazienza manifestata nei miei confronti.
Fonti documentative
R. Collesi – Memorie storiche del Comune di Corciano – 1990
Comune di Corciano – Dossier preliminare per la redazione del Quadro Strategico di Valorizzazione del Comune.
GIUSEPPE LETI LUIGI TITTARELLI – LE FONTI PER LO STUDIO DELLA POPOLAZIONE
DELLA DIOCESI DI PERUGIA DALLA METÀ DEL XVI SECOLO AL 1860 – 1976
Perugino pittore devozionale; modelli e riflessi nel territorio di Corciano – a cura di Francesco Abbozzo e Alessandra Tiroli 2004
Parrocchia di San Lorenzo in Capocavallo – Una casa … Quella di Dio fortemente voluta – 10 novembre 24 maggio 2002, Testo a diffusione locale.
https://it.wikipedia.org/wiki/Capocavallo
https://www.comune.corciano.pg.it/index.php/turismo-e-cultura/169-capocavallo
http://www.stefanostaffarchitetturadesign.com/portfolio/chiesa-di-s-lorenzo/
https://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/siusa/pagina.pl?TipoPag=prodente&Chiave=36458