Chiesa di San Giovanni in Apollo detta a Pollo – Bassano Romano (VT)


 

Cenni Storici

La chiesa di San Giovanni in Apollo detta a Pollo è l’elemento principale dell’omonimo nucleo rupestre che si trova nel fosso della Rovignola tra Sutri e Bassano Romano.
Il complesso, costituito da una serie di ambienti scavati sul fianco verticale di una collina tufacea, è oggi completamente avulso dall’assetto viario, si svolge, sulla fronte di una collina, lungo la valle, imperniato sull’elemento centrale, la chiesa.
L’origine del nome di questa antichissima chiesa, ora ridotta a deposito di attrezzi agricoli, è controversa, per taluni rappresenta un ennesimo innesto tra il culto pagano, per il dio Apollo e quello cristiano; più verosimilmente deriva da una deformazione del nome Paolo, con ogni probabilità la chiesa era appunto titolata ai santi Giovanni e Paolo.
Sulla sommità del colle di Piazzano sono stati individuati i resti di una strada basolata e di una villa rustica romana.
Appena al di sotto si trova una tomba, probabilmente di origine etrusca ma reimpiegata in età romana con la realizzazione di nicchie atte a contenere le olle con i resti inceneriti.
L’insediamento occupa parte del versante sud del colle di Piazzano, si sviluppa lungo una parete artificialmente spiombata orientata in direzione est-ovest lungo il Fosso della Rovignola.
Sono visibili numerosi arcosoli, disposti irregolarmente su più ordini, conservanti il battente di chiusura e sormontati da intagli a timpano; alcuni presentano nella lunetta interna tracce di intonaco dipinto di colore ocra.
Sono inoltre presenti lungo la parete tufacea cinque piccoli ambienti scavati nel tufo di forma e dimensioni differenti, la cui funzione rimane di difficile definizione, forse originariamente delle tombe a camera.
Tali sono, probabilmente, i primi ambienti che si incontrano, già adibiti a ricovero di animali.
Questi ambienti sono a loro volta sovrastati da grandi nicchie, forse degli arcosoli.
Si incontra poi un enigmatico ambiente in galleria, che procede in leggera salita per circa quaranta metri, poi si interrompe per un consistente interro.
Nel suo primo tratto la sezione è a trilobo, evidente traccia di allargamento in una seconda fase; tale tratto, che presenta delle alte banchine sui lati, termina con un muro moderno che blocca parzialmente l’accesso al secondo tratto della galleria.
L’ingresso al corridoio è monumentalizzato da una semicolonna molto erosa ricavata nel tufo e da una pavimentazione a basoli di tufo nella piccola tagliata che precede l’ingresso vero e proprio.
A sinistra della galleria vi è una stanzetta di planimetria quadrangolare, con una profonda nicchia sulla parete destra e un camino sulla parete sinistra.
Si incontra poi una sorta di basso nicchione a pianta quadrangolare lungo 6,20 m, attualmente utilizzato come fontanile.
L’ambiente successivo è una stanza di planimetria quadrata, con un piccolo cunicolo in un angolo, scavato per captare una piccola sorgente; lungo le pareti corre a mezza altezza una canaletta scavata nel tufo, che termina con un foro comunicante con il fontanile; sul pavimento si intravedono le tracce di altre canalette poco profonde, di cui non si comprende la funzione.
Si incontrano poi altri due arcosoli, disposti l’uno sopra all’altro.
Appena dopo si trova la piccola chiesa.
 

La chiesa

La disadorna facciata presenta solo una porta con sopra un finestrone.
Due incisioni oblique nella roccia soprastante il tetto portano ad ipotizzare un’antica copertura più elevata dell’attuale.
La chiesa è una costruzione mista parte a pianta rettangolare in muratura a due spioventi con un sostegno ligneo al centro, di fattura relativamente recente; la parte più antica è scavata con molta cura nel tufo ed arricchita da diverse nicchie con arcosoli alle pareti.
 

Interno

La parete absidale conserva un affresco, assai compromesso e di difficile datazione, raffigurante Cristo benedicente, a sinistra i santi Pietro e Paolo, a destra i santi martiri Giovanni e Paolo.
Il riquadro pittorico, che misura circa due metri di larghezza e uno e mezzo d’altezza, è composto da cinque figure frontali allineate: il Cristo al centro e due coppie di santi, di dimensioni assai minori, ai lati.
La raffigurazione è incorniciata da una banda rossa che gira tutt’intorno al rettangolo, segno che il dipinto è stato concepito come immagine isolata e non faceva parte di un ciclo pittorico.
La coppia di sinistra è identificabile grazie ai resti delle iscrizioni onomastiche che corrono sul tratto di cornice sottostante, ma anche dai peculiari tratti somatici dei volti che sopravvivono in parte: si tratta degli apostoli Pietro e Paolo vestiti di una tunica bianca e di un pallio rispettivamente rosa e verde.
Si leggeva una parte dell’iscrizione dipinta sul cartiglio tra i due apostoli: FVERIM SOCII, oggi è del tutto perduta.
Fino a qualche tempo fa, all’interno della sezione di prato compresa fra i due apostoli, si poteva leggere a dedica del committente, ora quasi interamente persa:
EGO P(RES)B(YTER) G(RE)G(ORIVS) HOC OPVS PING(ERE) FEC[I].
La qualifica di presbitero porta a ritenere probabile che l’ambiente rupestre, almeno al momento dell’intervento pittorico, assolvesse la funzione di oratorio campestre piuttosto che di unità insediativa di tipo cenobitico come proposto in passato.
La coppia di destra è costituita da due santi vestiti in abiti militari, con corta veste riccamente ornata e clamide che copre la spalla sinistra.
I due, quasi speculari, reggono a loro volta un cartiglio con un’iscrizione che è stata letta:
ISTI DVE OLIVAE ET DVE CANDELABRA LVCENT[IA SVNT].
L’espressione è contenuta in un passo dell’Apocalisse (11,4) che allude alla visione dei due testimoni prima dell’apertura del settimo sigillo.
La stessa frase è ripresa in un inno che Floro da Lione dedica ai santi Giovanni e Paolo.
I due personaggi che costituiscono la coppia di destra, sono pertanto identificabili con i martiri Giovanni e Paolo, soldati dell’impero romano.
Le assonanze stilistiche con gli affreschi della basilica di Sant’Anastasio a Castel Sant’Elia, portano a datare l’affresco tra la fine dell’XI secolo e i primi decenni del successivo.
Appena alla sinistra della chiesa si trovano due arcosoli affiancati.
Ai margini dell’insediamento, nel tratto finale della parete, si trova una nicchia oblunga isolata, probabilmente una sepoltura a loculo.
 

Nota

La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
 

Nota di ringraziamento

Si ringrazia l’amico Pierluigi Capotondi, ancora una volta perfetta guida alla scoperta del territorio falisco – etrusco.
 

Fonti fotografiche

Le due foto d’epoca sono tratte da: S. Piazza, Pittura rupestre medievale Lazio e Campania settentrionale (secoli VI-XIII).
 

Fonti documentative

S. Macchia – Le Chiese rupestri del Lazio Medievale (VI-XV Sec.) – Tesi di Laurea Università degli Studi di Roma Tre, Facoltà di Lettere e Filosofia Anno Accademico 2012-2013
S. Piazza – Pittura rupestre medievale Lazio e Campania settentrionale (secoli VI-XIII) – École française de Rome, 2006
J. Raspi Serra – Insediamenti rupestri religiosi nella Tuscia.
 

Mappa

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