Chiesa di San Francesco – Amelia (TR)
Cenni Storici
Secondo la tradizione nel 1213 San Francesco transito in Amelia, convertendo alcune donne di facili costumi: vi fu poi un primo insediamento minoritico all’esterno della città, ove ora si trova la Chiesa di Santa Maria delle Cinque Fonti.
Dal 1257, con l’avvento di Bonaventura da Bagnoregio alla guida dell’Ordine Francescano prevalse la tendenza di allocare i conventi all’interno della cinta muraria e nel 1287 Fra Bartolomeo dei Minori Conventuali fece erigere su una preesistente pieve il nuovo tempio dedicato ai Santi Filippo e Giacomo. In seguito l’intero complesso, chiesa e convento annesso, è stato dedicato a San Francesco d’Assisi.
La chiesa nel 1291 doveva essere terminata perché Papa Niccolò IV, nella Bolla “Licet is“, emana in suo favore un’indulgenza di quaranta giorni ai devoti che la visitassero durante le principali festività.
La facciata dell’edificio, fu realizzata nel 1401-1406 dai Maestri Menuccio Menucci da Amelia, Giovanni di Nicola da Castel dell’Aquila e Santo di Domenico di Carignoli da Todi.
Nel 1447 i maestri Francesco e Guglielmo di Lombardia eressero il campanile.
Tra il ‘500 e il ‘600 la chiesa fu rinnovata per costruire la cantoria; a questo periodo si riferisce il rifacimento delle fonti di luce nell’abside e nell’aula.
Nel secolo XVII ci fu un ulteriore rinnovamento per adeguare la chiesa alle nuove disposizioni liturgiche dettate dal Concilio di Trento.
I lavori durarono dal per oltre un secolo, dal 1664 al 1767 e comportarono la perdita quasi totale della decorazione pittorica che ornava la chiesa, con la realizzazione di un interno in forme barocche, la copertura originale, probabilmente a capriata, fu rimossa e le finestre furono rialzate più in alto della linea di gronda del coronamento primitivo.
L’ultimo rifacimento risale al 1942 ad opera dei Salesiani, quando il convento fu trasformato in Convitto.
Aspetto esterno
L’esterno della chiesa si presenta ancora nella sua veste tardo romanica, con influssi gotici, soprattutto lungo i lati e nella parete absidale.
La facciata a capanna, opera dei maestri scalpellini locali, è di fattura semplice ed armoniosa in conci di travertino finemente lavorati, risulta divisa in due sezioni da una cornice dentellata; la parte inferiore della facciata è dominata da un portale strombato in marmo, nella parte superiore vi è un doppio rosone concentrico ed incorniciatura sottotetto con motivo di archetti ciechi trilobati, che formano la cuspide.
Per la costruzione della facciata furono utilizzati, oltre alla locale pietra di tonalità grigio-rosata, conci di travertino provenienti da un sepolcro di forma piramidale di epoca romana.
Sul lato sinistro svetta il campanile eretto in origine nel 1447: crollato in seguito al terremoto del 1915, fu ricostruito nel 1932.
Interno
Un piccolo vano a sinistra della porta d’ingresso, da cui si accede alla cantoria, è l’unico ambiente rimasto intatto dell’edificio di fondazione trecentesca; in controfacciata gli affreschi, quattrocenteschi, erano disposti in tre registri, ne sopravvivono, parzialmente, i due inferiori.
Al registro mediano sono raffigurati un Santo, non riconosciuto, una Madonna col Bambino, riemersa da uno strato inferiore, e un Santo privo di volto, non riconoscibile.
Al registro inferiore gli affreschi raffigurano una Madonna col Bambino, poi un’altra Madonna col Bambino e, infine, un Santo barbuto, non riconosciuto.
Nella parete sinistra è affrescata una Crocifissione di Scuola giottesca, con ai piedi del Crocifisso una Madonna priva di volto e San Giovanni.
L’interno, a croce latina totalmente ristrutturato nel presenta un’unica navata con volta a botte e un presbiterio rialzato e triabsidato, sormontato da una cupola.
Il ciclo pittorico che orna il presbiterio, coevo alla ristrutturazione architettonica, è attribuito al decoratore perugino Vincenzo Monotti (Perugia 1734-1792).
Notevole è il coro ligneo datato 1411.
Nella parte destra si apre la cappella intitolata a Sant’Antonio da Padova, opera del lombardo Antonio Pini, che ha mantenuto l’originario aspetto quattrocentesco.
Voluta nel 1476 dal vescovo Giovanni Geraldini come sacrario di famiglia, ospita sulla parete di sinistra il monumento di Angelo Geraldini, figlio primogenito di Matteo e di Elisabetta Gerarda, nato ad Amelia, presso Terni, il 2 marzo 1422 e deceduto nel 1486, ebbe importanti incarichi da Papa Callisto III.
L’opera, di grande raffinatezza,è attribuita a Luigi Capponi, allievo del Bregno e autore del monumento funebre del maestro, situato nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva a Roma.
A sinistra dell’ingresso, nella controfacciata della cappella è posto il sepolcro di un altro Angelo Geraldini, vescovo di Sessa Aurunca,riconducibile alla bottega romana dello scultore di origine lombarda Andrea Bregno (Osteno 1421-Roma 1506).
Sulla parete di destra, in alto, si ammira il monumento funebre di Matteo Geraldini e di sua moglie Elisabetta; capolavoro di scultura rinascimentale eseguito nel 1477 dal celebre scultore fiorentino Agostino di Duccio (Firenze 1418-Perugia 1481).
In quest’opera l’artista espresse il suo talento nelle sculture dei due angeli oranti ai lati della figura di Sant’Antonio, in bassorilievo, che rivelano un gusto tendente al linearismo.
Notevoli sono anche le sottostanti opere di bottega di Agostino di Duccio, due tombe appaiate di Camillo, deceduto nel 1480 e Belisario, morto nel 1482, dove i defunti giacciono su un elegante catafalco classico, a cui si appoggiano due commossi angioletti intenti a sostenere l’arma della casata Geraldini.
A destra dell’ingresso, nella controfacciata della cappella è posto il sepolcro di Messer Geronimo Geraldini, Podestà di Firenze tra il 1473 e il 1474 e morto nel 1481 rimanda allo stile della bottega romana di Andrea Bregno.
Un membro della famiglia, Alessandro Geraldini, al servizio della corte di Spagna e confessore della Regina Isabella, intercedette affinché Cristoforo Colombo ottenesse le tre caravelle per intraprendere il fatidico viaggio.
Egli fu inseguito nominato primo Vescovo d’America in Santo Domingo, dove morì l’8 marzo del 1524 e dove è sepolto.
Convento dei frati francescani
Attiguo alla chiesa di San Francesco sorge l’antico convento dei frati francescani.
Agli inizi del XVI secolo, per iniziativa di Fra Egidio Delfini (Generale dell’Ordine dei Frati Minori di origini amerine, ricordato da un’epigrafe sopra il portale d’ingresso), fu costruito all’interno l’armonico chiostro a cui si accede da piazza Augusto Vera.
Il chiostro è costituito da un quadriportico abbellito da lunette affrescate sormontato da una loggia superiore; gli archi dei due ordini sovrapposti sono sorretti ciascuno da sedici colonne in marmo terminanti in pregevoli capitelli scolpiti.
Al centro si trova un bel pozzo che conserva ancora la vera cinquecentesca.
Dopo l’Unità d’Italia (1861) il convento venne espropriato dallo Stato e adibito a sede di un collegio, intitolato a Flavio Boccarini, che nel Cinquecento era stato segretario di papa Gregorio XIII e canonico della Basilica di San Pietro: con una disposizione testamentaria Boccarini lasciò 500 scudi per consentire l’istruzione di 10 ragazzi amerini di condizioni economiche svantaggiate, ospitandoli in un convitto istituito fin dal 1601 nel monastero di San Michele Arcangelo affidato in quello stesso anno alle cure dei Padri Somaschi.
Affidato il Collegio Boccarini dal 1932 ai padri Salesiani, nel 2001 i locali dell’antico complesso francescano, abbandonati da decenni e sottoposti a lunghi lavori di restauro, hanno cambiato destinazione d’uso diventando sede di un polo culturale multifunzionale che oggi ospita le raccolte archeologiche e artistiche di proprietà comunale, la biblioteca e l’archivio storico del Comune, diverse sale espositive e una sala convegni.
Museo Civico Archeologico e Pinacoteca “Edilberto Rosa“; la raccolta archeologica, distribuita su tre piani, fornisce un panorama cronologicamente completo della storia di Amelia.
Al nucleo originario di epigrafi ed elementi architettonici raccolti negli scavi della città e del suburbio nei primi decenni dell’Ottocento, sono infatti stati aggiunti nel tempo numerosi reperti, sia provenienti da collezioni private, sia rinvenuti durante recenti campagne di scavo, come i pregevoli corredi funerari dalla Necropoli dell’Ex Consorzio Agrario.
Il museo ospita inoltre un reperto di eccezionale valore storico e archeologico: la statua bronzea di Germanico (I sec. d.C.), ritrovata fortuitamente da una ruspa nel 1963 mentre erano in corso dei lavori di ampliamento di un mulino in Via delle Rimembranze, a poche centinaia di metri da Porta Romana.
La statua, di proporzioni di poco maggiori del vero, la scultura raffigura il giovane generale romano (morto in Siria di ritorno da una campagna militare nel 19 d.C.), armato e coperto da una corazza riccamente decorata.
La figura sorregge con la mano sinistra una lancia, mentre la destra è sollevata nel gesto simbolico di rivolgersi al proprio esercito.
Per questo motivo gli studiosi ritengono che la statua fosse collocata nel campus appena fuori della città, un’area cioè destinata agli esercizi fisici e all’addestramento militare della gioventù locale.
Al secondo piano, il Museo accoglie inoltre la Pinacoteca, dove si ammirano dipinti su tavola e su tela dal XV al XVIII secolo provenienti dalle chiese cittadine e del territorio, ad esempio una pala d’altare della fine del Quattrocento dell’ambito di Piermatteo d’Amelia (1495-1500 circa), opere di Livio Agresti (Crocifissione con le Sante Firmina e Olimpiade, datato 1557, forse proveniente dalla Cattedrale), di Giacinto Gimignani (San Michele Arcangelo scaccia il demonio, 1677), della cerchia di Sebastiano Conca (La conversione di San Girolamo Emiliani, post 1767) e una piccola galleria di ritratti di illustri personaggi amerini.
Qui è esposto inoltre un capolavoro del celebre pittore rinascimentale Piermatteo d’Amelia (1445/48 – 1506 ca.): la tavola con Sant’Antonio Abate, datata 1474-75 circa, era collocata in origine nella chiesa di San Giovanni Battista, sorta accanto a uno dei molti conventi francescani diffusi nei dintorni di Amelia.
La scelta di dedicare un altare a questo santo, considerato fondatore del monachesimo, si lega alla missione del ramo degli Osservanti, fedeli nel riproporre a distanza di secoli la scelta di vita povera ed eremitica di San Francesco d’Assisi.
Fonti documentative
CASSIO GIUSEPPE Oltre Assisi
http://www.comune.amelia.tr.it/index.php?option=com_content&view=article&id=137%3Achiese-e-conventi&catid=84%3Aturismo&Itemid=1#francesco
https://www.geraldini.com/
Nota di ringraziamento
Si ringrazia la diocesi di Terni – Narni – Amelia per la gentile collaborazione e per aver consentito la pubblicazione.
Nota
La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
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