Chiesa di San Donato di Fibrulle – Colcaprile di Assisi (PG)
Cenni storici
Il toponimo di San Donato viene chiamato in modi differenti nel corso dei secoli, troviamo infatti
Flebulle, Fibiulle, Fibbiole e Flagiano come scrive Innocenzo III nel 1198.
S. Donato fu un monastero benedettino femminile e nei documenti oggi conosciuti compare anche in un elenco di elargizioni caritative che il Comune di Assisi, in occasione del Natale 1233, fa a monasteri, istituti e persone bisognose e fra queste “sororibus S. Donati” riferito proprio alle monache che ricevettero questa elargizione per la loro povertà.
Il monastero si trovava nella balia di Mósciole sulla destra del Tescio, alle falde del Colcaprile, non lontano dal Ponte dei Galli o S. Croce: località che, potremmo dire con un termine moderno, rientra nel “Triangolo dei monasteri” del sec. XI o XII a poca distanza tra loro, e sono S. Donato, S. Croce e S. Maria degli Episcopi (attuale chiesa del cimitero di Assisi).
Nel 1234 la Cappella di S. Donato di Flebulle (se non ancora il monastero) era già nella lista delle cappelle dell’abbazia di S. Benedetto del Monte Subasio (Il monastero è ricordato, in Atti del 1110 e 1130) e confermate all’abbazia dai papi Eugenio III e Alessandro III con bolle ora perdute, alle quali però dice di richiamarsi il papa Gregorio IX, quando l’11 dicembre 1234 conferma i possedimenti all’abbazia di S. Benedetto, enumerandone le cappelle, tra le quali anche quella di S. Donato.
Indice evidente che la comunità di S. Donato era sorta su proprietà dell’abbazia di S. Benedetto e sotto la protezione di quei monaci.
Questo ci viene anche a significare che il monastero seguì fino al suo sorgere la regola benedettina.
Si presume che S. Donato sia sorto nel 1030 circa, quando nell’Assisano è nata una ondata di “Clausurismo“, dando origine in quel sec. XI o XII ai monasteri di S. Croce al Ponte dei Galli, quello di S. Paolo dell’Abbadessa presso il locale cimitero di Bastia, quello di S. Anna (o Sant’Annessa, sulla sinistra del Tescio sotto la strada per Ponte Grande) ed altri.
I vescovi di Assisi non vedevano di buon occhio pullulare di monasteri, soprattutto i loro privilegi ed esenzioni.
Nel nostro caso il vescovo reagì come poté; non potendosela prendere con i monaci di S. Benedetto, né contro le monache di S. Paolo dell’Abbadesse o di S. Apollinare, monasteri tutti difesi da bolle esplicite di esenzione, infierì contro la nuova comunità di S. Donato di Flebulle, e, alla testa di facinorosi, irruppe contro quelle monache “verberans et vulnerans eas manibus” imprigionandone l’abadessa Pacifica.
Il vescovo non si contentò di questo, ma saccheggiò addirittura il monastero, asportando vasi, suppellettile e derrate.
Le monache, ricorsero al papa e Gregorio IX affidò la questione al Cardinale Rainaldo di Ostia.
Il vescovo fu condannato, in data 14 giugno 1241, a restituire quanto aveva rapinato nel monastero di S. Donato.
Il vescovo però, forse in seguito alla morte di Gregorio IX, credette di poter resistere alla sentenza; ma il papa Innocenzo IV, il 21 luglio 1243 scrive all’abbate del Monte Subasio perché faccia eseguire la sentenza del Card. Rainaldo da Ostia nei confronti del Vescovo di Assisi affinché restituisca al monastero di Fibrulle vasi, ornamenti e arredi tolti da alcuni soldati alla badessa Pacifica da essi imprigionata poco tempo prima.
L’anno seguente (1244), l’11 marzo il Papa non contento, inviò altra bolla all’abbazia di S. Benedetto, con cui confermò i privilegi già concessi da Gregorio IX, enumerando di nuovo le cappelle di proprietà dell’abbazia, tra le quali però non figura più S. Donato di Flebulle, evidentemente divenuto ormai monastero regolare.
Per la seconda metà del secolo XIII non si hanno notizie sulla vita e le attività del monastero, salvo due lasciti , uno di questi fu fatto nel 1312 da domina Clara, vedova di Giovanni di Biondo, che lascia un bel patrimonio in liquidi a monasteri e conventi di Assisi e circondario, fa un lascito anche al monastero dl S. Donato nella persona della badessa suor Bartolomea di Armatuzio.
Nel 1323, non sentendosi più sicure isolate fuori dalla città, alcune monache lasciarono Colcaprile e andarono ad abitare entro le mura, nelle case acquistate, dal monastero, non lontano da quello di S. Chiara.
L’abbandono del monastero avvenne probabilmente in seguito dei guasti e sacrilegi perpetrati dalla soldataglia di Muzio di Francesco che violentemente e sanguinosamente occupò Assisi (1319-1321) al seguito dell’esercito perugino.
Le Clarisse rimangono offese, e ricorrono al Papa (Giovanni XXII) pregandolo di far eseguire la Bolla di Nicola IV che riservava al monastero di S. Chiara un raggio di m. 200 entro il quale né chiese né monasteri potessero sorgere.
Il Canonico Filippo di Giovanni Gaetani studia la cosa e obbliga le monache di S. Donato a spostarsi da altra parte.
Controversa è la definizione della collocazione del nuovo monastero come affermato da una bolla di Giovanni XXII che precisa che le monache di S. Donato “de novo se transferre temeritate propria presumpserunt“; infatti il Fortini la indica nella zona di Via Metastasio, nel posto in cui oggi è la “Casa di Riposo Perkins“, ma documenti successivi indicano che il monastero era attiguo alla chiesa di S. Giacomo, ma distinto da essa, perché chiesa parrocchiale, infatti un documento del 1349 dice “in ecclesia S. Iacobi sive monasterio S. Donati“, ed un altro precisa ancora: “In ecclesia S. Donati posita in Porta S. Iacobi iuxta ecclesiam S. Iacobi de Muro Rupto, in claustrum S. Donati“.
Da questo momento in poi si sa che monastero in città veniva chiamato indifferentemente S. Donato o S. Giacomo e della vecchia sede sul Colcaprile non si parlerà più.
Nel 1458 la parrocchia di S. Giacomo, e l’annesso beneficio, fu unita a quella di S. Rufino e la chiesa antica fu ceduta alle monache, o meglio ritornò di proprietà dell’abbazia di Farfa, a cui era appartenuta in origine (a. 1088), ceduta poi nel 1258 ai canonici di S. Rufino in compenso della chiesa di S. Giorgio e dell’Ospedale di S. Rufino dove si costruì la basilica ed il monastero di S. Chiara.
Il monastero divenne più ampio e spazioso, estendendosi all’abitazione del parroco; la chiesa di S. Giacomo divenne oratorio interno, e la cappella di S. Donato aperta sulla strada, divenne oratorio pubblico.
Poco più tardi, nel 1595 fu distrutta da Mons. Marcello Crescenzio vescovo di Assisi per edificarne una più ampia, la comunità a quel tempo era composta da 11 monache velate e due non velate.
La comunità sopravvisse anche alla soppressione del 1860, anzi le monache non abbandonarono quel luogo che nel 1897, quando riuscirono ad acquistare l’ex monastero di S. Apollinare, a cui cambiarono il titolo in quello di S. Giuseppe, dove vivono tuttora.
Aspetto
Il monastero oggi, di proprietà privata, appare come una grande casa con una più piccola accanto.
La grande era il monastero, la piccola, forse, la foresteria, ma essendo la costruzione più recente, verosimilmente potrebbe essere stata l’abitazione del colono, una volta che si è snaturata la sua destinazione di uso.
La cappella del monastero è l’edificio più grande in alto e sono ancora leggibili i tratti architettonici che riportano alla sua antica destinazione.
Nella facciata, seppur murati, sono distinguibili due portali a sesto acuto, uno intero e uno identico tagliato a metà probabilmente quando è crollato l’edificio originale.
La facciata è l’unico elemento che ci fa capire ancora l’antica destinazione monastica, perché per il resto è una qualsiasi casa in pietra.
Rinvenimenti Archeologici
Più avanti, salendo ancora, c’è un’antica casa colonica dove furono rinvenute alcune lapidi romane a testimonianza di un insediamento del periodo imperiale.
Nei reperti si parla infatti di certo Tuerazio pretoriano, che fa sospettare una coorte pretoriana anche in Assisi accasermata fuori dalle mura.
Si potrebbe porre questo Tuerazio nel I sec. d.C. e potrebbe essere stato un ufficiale della coorte di presidio al Municipium Assisano.
Fonti documentative
Vittorio Falcinelli – Per Ville e Castelli di Assisi – Vol. I – 1982
Atti Accademia Properziana del Subasio Serie VI n. 5 – Aspetti di vita benedettina nella storia di Assisi – 1981