Chiesa di San Cristoforo – Compignano di Marsciano (PG)
Cenni Storici
La più antica memoria che abbiamo trovato della chiesa parrocchiale di Compignano dedicata a S. Cristoforo risale al 1256, anno nel quale era soggetta per metà alla chiesa di S. Valentino della Collina (che a sua volta era soggetta, alla Cattedrale di Perugia) e per l’altra metà al monastero di S. Pietro, al quale pagava il canone annuo di una corba di grano(consistente in una grande cesta di vimini), ridotto nel 1387 ad una mina che doveva pagare per le vesti dei monaci.
Nel Liber Beneficiorum dell’anno 1350 si hanno tre menzioni di questa chiesa: risulta dipendere in parte dal monastero di San Pietro di Perugia, in parte dal monastero di San Vito di Montali e in parte dall’ordine camaldolese.
L’edificio appare nel catasto del 1361 e in quello del 1427 ed inoltre appare negli estimi del 1444 e in quello del 1493.
Il 7 aprile del 1487 donna Felicia di Anselmo Vici da Perugia lasciò alla chiesa parrocchiale attraverso un testamento alcuni pezzi di terra per dotare una cappella in onore di S. Cristoforo e nello stesso anno un tal Anselmo di Stefano lasciò un legato affinché si dipingesse l’immagine del santo medesimo.
In seguito al duplice patronato, non sappiamo come si procedesse al conferimento di questa parrocchia; se cioè il parroco venisse nominato alternativamente dal monastero e dal Capitolo, o se ci fosse fra le due parti qualche altro concordato.
Nel 1331 l’abate di S. Pietro stabilì che la parrocchia di Compignano si sarebbe sempre conferita dal vescovo, pagando però sempre il canone annuo al monastero.
Il Cardinale Fulvio Della Corgna, Vescovo di Perugia, nel 1568, unì le chiese di San Pietro in Sigillo e di San Fortunato, soggette alla giurisdizione della Parrocchia di Compignano, conferendo i loro beni al Collegio dei Gesuiti.
E nel 1604 la chiesa di Compignano diventò priorato di san Giovanni del Prugneto e il Vescovo la conferì a don Cristiano Paolini, Dottore in teologia.
Fino al 1651 spettava all’Abate di San Pietro nominare il parroco della chiesa.
Successivamente si stabilì che il Rettore della Parrocchia di Compignano fosse nominato dal Vescovo di Perugia, continuando però la Parrocchia a corrispondere il canone annuo al Monastero.
Da un manoscritto presente nell’archivio parrocchiale di Morcella risalente alla fine del ‘700, redatto dal
compignanese don Costanzo Massoli parroco della chiesa di San Cristoforo (1783-1818), sappiamo che nel secolo XVII la chiesa di Compignano era a tetto con un arco in mezzo ed era parroco don Giuseppe Codanti.
Nel 1755 La chiesa fu quasi interamente riedificata, ad eccezione delle mura perimetrali, lasciando pertanto invariate le dimensioni originarie.
L’interno della chiesa, dopo la ricostruzione, presenta un soffitto a volta e con otto pilastri di sostegno, e viene così descritto in questo manoscritto di fine ‘700:
“L’Altare maggiore con un quadro rappresentante san Cristoforo, San Carlo e San Filippo Neri, attribuito dal Mariotti al pittore perugino Anton Maria Garbi, che ancora oggi domina il fondo absidale della chiesa; ai lati altri due quadri, uno raffigurante San Luigi Gonzaga e l’altro San Vito Martire“.
Vi erano, inoltre, quattro cappelle laterali con i seguenti altari così descritti:
“l’Altare del SS.mo Rosario, sul lato destro, con il quadro raffigurante la Madonna SS .ma, san Domenico e
santa Caterina da Siena e di fianco altri due quadri in tela raffiguranti san Francesco d’Assisi e san Vincenzo“.
“l’Altare di san Rocco e san Marco, posto sullo stesso lato, con un quadro raffigurante entrambi i Santi ed ai lati altri due con la Madonna del Carmine e la SS.ma Annunziata“.
“l’Altare di San Nicola da Talentino, con quadro in tela raffigurante le anime del Purgatorio ed ai lati i quadri di San Nicola di Bari e Sant’Emilio“.
“l’Altare di sant’Antonio Abate, con i dipinti di san Liborio ed ai lati sant’Andrea e san Michele Arcangelo“.
Era inoltre presente il Fonte battesimale con un quadro raffigurante san Giovanni Battista, ora collocato all’interno della sacrestia, di fronte ad una credenza a bussola contenente suppellettili sacri della Compagnia del SS.mo Sacramento.
Dalla visita di mons. Foschi del 1881, risulta che la chiesa aveva sette altari.
Già alla fine del XIX secolo la chiesa necessitava di un urgente intervento di restauro.
Nel 1899, infatti, con relazione medica del 22 maggio inviata dal dott. Giacomo Rossi, sollecitato dal parroco don Felice Vecchi, al Sindaco del Comune di Marsciano, si denunciava l’insalubrità dell’ambiente dovuta alla presenza di umidità e “all’esalazione” di umori cadaverici delle precedenti inumazioni.
Tali condizioni erano ulteriormente aggravate dalla insufficiente aerazione per la presenza di una sola porta d’ingresso e 7 finestre di piccole dimensioni che davano solo luce senza poter essere aperte.
Lo stesso parroco denunciava al Sindaco ed all’Economo Generale dei Benefizi Vacanti in Firenze lo stato di pericolo e rovina imminente che interessava la chiesa parrocchiale e dichiarava il disagio di dover utilizzare la piccola chiesa del Crocifisso troppo piccola per il fabbisogno della comunità.
Si presentò da subito la difficoltà nel recepimento dei fondi necessari stimati in Lire 5.000 circa; si pensò quindi di procurare i fondi attraverso un contributo delle Compagnie presenti in paese e le offerte dei fedeli.
La Compagnia della Morte dovette contribuire con la somma di lire 2.000, e la Compagnia del SS. Sacramento dovette vendere i propri beni.
Il 10 aprile 1904 fu nominata una commissione e fu dato inizio ai lavori che pensarono di affidare ad operai locali “che appaiono più prudenti e capaci” convenendo una paga giornaliera di lire 1,10, “purché garantiscano di lavorare fino alla mietitura“.
Il restauro fu ultimato nel 1906.
Le decorazioni legate a questa fase di restauro, disposte fra navata, coro e abside, così pure come gli elementi in cotto del portale e del rosone, sono opera dell’architetto perugino Nazareno Biscarini (1835-1907), molto attivo, a fine ‘800, in tutto il territorio marscianese.
Le decorazioni pittoriche sono state eseguite dagli allievi o da un allievo del Dottori; forse gli angeli sono dello stesso artista.
La costruzione del campanile ebbe inizio il 18 febbraio 1923 nello stesso luogo del vecchio campanile.
A seguito del terremoto del settembre 1997 la chiesa è stata chiusa al culto per essere oggetto di interventi di ripristino e consolidamento che hanno interessato la volta, il tetto, le fondazioni e il pavimento.
l lavori, diretti dall’ing. Giovanni Fuso, si sono protratti per alcuni anni.
La riapertura al culto è avvenuta il 17 ottobre 2004.
Aspetto esterno
La facciata è intonacata ed è caratterizzata da un portale con cornice in cotto con archetti finto gotico e da un rosone in cotto sagomato.
Sopra il portone, nella lunetta, è presente un altorilievo in terracotta raffigurante San Cristiforo, collocato subito dopo il restauro dei primi del ‘900 e realizzato da fornaciai locali.
Alla destra del portale è visibile una porzione di arco che corrisponde al vecchio ingresso della chiesa originaria del XIII secolo.
Le due facciate laterali sono intonacate con due finestre ad arco in cotto e un oculo in mezzo.
Sono inoltre presenti finestrelle a forma di croce che danno aria alla soffitta.
Fuori della chiesa c’è un orto con la torre campanaria su di una torre d’angolo.
Interno
La chiesa è a pianta rettangolare allungata, con abside più stretto, e terminante a catino semicircolare.
Possiede tre altari per lato, in ambiti profondi circa 2 metri.
Il presbiterio è introdotto da due piccole colonne a tutto tondo incassate nella muratura ed è rialzato di due gradini, è preceduto da due porte laterali simmetriche.
Dal presbiterio si accede tramite una porta alla sacrestia, in questa è presente un mobile paratorio in legno, databile intorno al ‘600, che proviene dal soppresso Convento francescano di San Bartolomeo a Cibottola e che è stato trasportato nella chiesa parrocchiale di Compignano in occasione del restauro del 1903.
Dallo stesso convento provengono anche i due confessionali presenti in chiesa.
Sempre nella sacrestia è ospitato anche un quadro di autore ignoto, databile alla fine del ‘500 e raffigurante il Battesimo di san Giovanni Battista.
L’interno della chiesa è intonacato con sagome in terracotta.
La volta è a padiglione lunettata.
Lungo la parete sinistra si susseguono tre grandi archi: nel primo un altarino di piccole dimensioni con colonnine tortili e archetti trilobati con la statua del S. Cuore; in quel di mezzo un altare dedicato a S. Antonio abate con la statua; nella parete destra: nel primo arco il Fonte battesimale, nel secondo l’altare dedicato a S. Antonio da Padova con la statua della Madonna di Fatima opera dell’artigianato di Ortisei proveniente dal Laboratorio Moroder.
L’abside è a volta a botte e calotta e contiene una tela che raffigura il patrono San Cristoforo con ai lati San Carlo Borromeo e San Filippo Neri, realizzata da Anton Maria Garbi (1718-1797).
L’altare maggiore è ornato da quattro colonnine tortili che formano cinque archetti trilobati.
Le cappelle laterali hanno anch’esse volta a botte.
Ai fianchi dell’altare maggiore vi sono due ballatoi per cantoria ricavati con archi trilobati appariscenti e ringhiera in ghisa.
Tra le opere d’arte conservate nella chiesa va segnalata una statua lignea, risalente al XV secolo, raffigurante la Madonna Nera di Loreto.
Il pavimento è in graniglia decorata fine ‘800 con fasce laterali a scacchiera.
La Canonica
Quando si parla di questa chiesa è imprescindibile citare la Canonica, che oltre ad essere adibita ad abitazione del parroco era anche una vera e propria casa colonica dove venivano raccolte e stipate le derrate alimentari necessarie per la vita del curato e dei canonici oltre che per vendere ed acquisire i necessari utili per sopperire alle spese della parrocchia.
Si sa che la chiesa, come tutte le altre, doveva corrispondere alla Camera Apostolica le Decime che erano proporzionate alle entrate annue dei beni amministrati.
In particolare le Pievi, come in questo caso, avevano obblighi ben più onerosi in quanto amministravano territori molto vasti con chiese che a loro volta erano a loro soggette.
Nel caso di questa chiesa apprendiamo che attraverso la lettura delle Decime che versava, doveva amministrare numerosi beni e quindi doveva funzionare come una vera e propria azienda.
Dalle Rationes Decimarum stilate negli anni 1332-1334 ci possiamo fare un’idea della ricchezza della Pieve in quanto paga per tre anni consecutivi cifre piuttosto elevate a dimostrazione del suo benessere finanziario.
Questo non meraviglia affatto in quanto il territorio su cui gravita la chiesa è ad alta concentrazione agricola e particolarmente fertile, infatti la zona del marscianese è tuttora un ricco granaio per tutta l’Umbria.
Nei pagamenti effettuati nell’anno 1332 troviamo:
Item habui a dompno Mactheo rectore ecclesie S. Christofori de Compignano pro dicto termino pro medietate ipsius ecclesie XXXVIII sol. cor. (soldi coronesi).
Nel 1333 Item habui a dompno Francisco rectore ecclesie S. Christofori de Compignano pro medietate pro dicto termino XX sol. cor. (soldi coronesi).
E nel 1334 Item pro ecclesia S. Christofori de Compignano solvit dompnus Franciscus rector dicte ecclesie pro dicto termino xx sol. cor. (soldi coronesi).
Quindi cifre considerevoli per quegli anni.
Tale ricchezza si legge ancora oggi vedendo le strutture della Canonica che sono arrivate fino ai giorni nostri, infatti dopo un’opera di recupero dei locali si può fare uno spaccato di vita di quei tempi.
Nella ristrutturazione dei locali ora destinati alla Fondazione Compignano, sono state recuperate le cantine dove un tempo veniva prodotto il vino grazie al conferimento del raccolto da parte dei contadini che custodivano in affitto le vigne ed i terreni della chiesa.
La cosa straordinaria è come si sia sviluppata un’architettura strutturale per la produzione del vino nella Canonica; infatti il fondo, ora chiamato “La Canala“, prende il nome da una canaletta che serviva a convogliare il mosto nei tini per la fermentazione.
Il locale voltato ad archi, custodisce una vasca sopraelevata, provvista appunto di canaletta sotto la quale venivano apposti i tini, dove da una finestra in alto che si affaccia sul cortile, venivano buttati i grappoli di uva che poi venivano pigiati nella vasca per estrarre il mosto.
La cosa particolare è che ancora oggi sulle pareti della cantina si possono vedere i segni lasciati dai contadini che sul muro annotavano i quantitativi conferiti per effettuare i conteggi finali, infatti molto evidenti sono i segni lasciati dai carboncini che venivano utilizzati per scrivere.
Ma fra gli spazi a disposizione della Canonica c’era l’orto, ora diventato area verde e cortile a ridosso delle mura castellane di Compignano e fra i fabbricati che si affacciano su questo cortile spicca la stalla del maiale allevato dal prete e il locale adibito a forno dove si cuoceva il pane necessario al sostentamento dei Canonici.
Altri locali adibiti a magazzini, granai, stanze e refettorio sono state smantellate per destinarle ad uso della Fondazione.
Uno spaccato di vita che ci fa capire come viveva e come era autosufficiente una piccola comunità che con le proprie risorse ed energie era capace di produrre sostentamento e ricchezza in maniera autonoma.
Il recupero diligente di questi locali ha permesso una loro salvaguardia ed una possibilità di poterli visitare essendo un raro esempio di cantina medievale che è stata valorizzata anche a fine turistici nonché locali di servizio per la Comunità.
Fonti documentative
Lucia Berberini, Claudio Mariotti, Michele Titoli – Territorio e comunità, la chiesa parrocchiale di San Cristoforo a Compinano – Maggio 2019
Ascenso Riccieri – Memorie storiche del Comune di Marsciano fino a tutto il secolo XVI – 1814
Francesco Cavallucci – Marsciano Segni e voci dell’uomo -2005
http://www.chieseitaliane.chiesacattolica.it/chieseitaliane/schedaca.jsp?sercd=3419
http://www.umbria.website/content/chiesa-parrocchiale-di-san-cristoforo-marsciano