Chiesa di San Claudio – Spello

L’edificio sorge fuori dalle mura di Spello “lungo il tratto della Flaminia che congiunge Spello a Santa Maria degli Angeli e Assisi, una via sacralizzata da una gran messe di edifici grandi e piccoli che segnavano il cammino dei pellegrini diretti ai luoghi francescani” come la definiva Corrado Fratini ed è uno dei più begli esempi di architettura romanica della città, purtroppo la visita interna è complicata in quanto è difficile trovare qualcuno che la apre.

 

Cenni Storici

Lo storico locale Fausto Gentile Donnola riteneva che la chiesa di San Claudio sorgesse su un tempio dedicato a Saturno, mal interpretando un’iscrizione da lui stesso rinvenuta su una base di travertino e oggi conservata nell’atrio del Palazzo Comunal. L’iscrizione è in realtà di natura sepolcrale e va riferita, pertanto ad un monumento funebre. In un privilegio che papa Alessandro III inviò all’abate del monastero di San Silvestro nel 1178, la chiesa risulta appartenere a detto monastero dell’ordine camaldolese.
In seguito, ma sicuramente prima del 1393, divenne proprietà della Comunità di Spello, che ne affidò la decorazione interna a Cola di Petruccioli.
Nel 1389 il vicario pontificio Pandolfo Baglioni concesse il privilegio di una fiera franca da tenersi nella sua area, e tre anni dopo Bonifacio IX, mentre si recava a Perugia nel 1392, rilasciò alla chiesa l’indulgenza plenaria.
Pertanto dalla fine del XIV sec., il luogo fu meta di pellegrinaggi e di fiere che si svolgevano presso il sagrato, in funzione delle quali furono costruiti due portici ai lati dell’edificio.
La costruzione del loggiato rivolto verso Spello, iniziata nel 1473, fu ultimata 15 anni più tardi dal magister lombardus Andrea di Conio. Stando alla relazione !ella visita pastorale del Lascaris del 1713, risulta che il porticato destro della chiesa era ornato, fin dall’inizio del XVII sec., “con immagini sacre” ad opera di Marco Antonio Grecchi e Felice Rinaldi.
Con il terremoto del 1832 il bellissimo rosone andò distrutto e fu ricomposto nel 1883 dallo scalpellino assisiate, Stefano Prosperi contestualmente furono restaurati anche gli affreschi dal pittore e decoratore Giovanni Picca di Ascoli Piceno e per liberare l’edificio dall’umidità fu eseguito uno sterro dietro l’abside rimovendo di 16 metri cubi di terra.
Nel XX secolo, la chiesa fu nuovamente oggetto di restauri, legati alla sistemazione dell’area, per i quali la Soprintendenza dell’Arte Medioevale e Moderna dell’Umbria, aveva concesso nel 1935 un contributo di Lire 1000.
Gli ultimi lavori risalgono agli anni 2001 e 2003-2004, eseguiti in occasione del restauro della chiesa, danneggiata dal sisma del 1997, Quanto agli affreschi, sono stati restaurati in due fasi: parte in seguito al terremoto, parte nel 2009, grazie ad un progetto cofinanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia e dal Comune di Spello.
Dell’edificio esiste un progetto di Benvenuto Crispoldi relativo alla ricostruzione delle logge ai lati della chiesa e alla realizzazione sul lato destro di una serie di ambienti da adibirsi a lazzaretto ed inoltre due acquerelli, il primo sempre di Benvenuto Crispoldi, il secondo di Katharina de Martens, entrambi di proprietà della famiglia Preziosi.
 

Esterno

La chiesa L’edificio, a tre navate e tetto a capanna a quattro spioventi in facciata, ha un impianto leggermente asimmetrico che si riflette sul prospetto in calcare bianco locale. L’elegante facciata presenta tre ingressi, un portale centrale a doppia ghiera e due laterali architravati, tamponati, sormontati rispettivamente da un rosone e due bifore non perfettamente in asse. Completa il prospetto un alto campanile a vela a due ordini con mensolone divisorio, che accoglie alle estremità due aquile scolpite. L’interno è caratterizzato dall’asimmetria delle tre navate, scandite a destra da colonne e a sinistra da pilastri, sui quali compaiono’ alcuni affreschi con San Claudio a figura intera, che reca in mano i suoi arnesi da lavoro: la squadra , lo scalpello ed il martello. Nella zona absidale, il coperchio di un sarcofago fa da piano all’altare. La chiesa, chiusa dopo i terremoto del 1997, è stata riaperta al culto nel maggio 2005.
 

Il ciclo pittorico

San Claudio è raffigurato entro riquadri sul secondo pilastro, e in un piccolo tondo sul terzo. Le pareti laterali, con muratura a faccia vista, sono prive di decorazione pittorica. Molto interessante è il ciclo di affreschi sopra gli archi della Parete sinistra della navata centrale, commissionati nel 1393 dalla Comunità al pittore orvietano Cola di Petruccioli.
Da sinistra verso destra, entro 8 riquadri sono rappresentati alcuni santi, non tutti identificabili:
Madonna col Bambino e San Michele Arcangelo nel III riquadro;
Sant’Andrea nel IV;
San Lorenzo (?) nel VI;
San Claudio (?) nel VII.
Secondo il Donnola vi erano raffigurati i santi protettori della città, ai quali erano intitolate le quattro Societates dei rispettivi terzieri, ognuna con la propria chiesa rionale “e la sua insegna o vero stendardo” portato in processione alla fiera di San Claudio da due consoli delle varie societates. Nel presbiterio è raffigurato il Mistero della Redenzione: Cristo con un libro in mano, entro mandorla sorretta da quattro angeli e, immediatamente sotto, la Madonna seduta in trono tra San Claudio e San Matteo a destra, San Giovanni Battista e San Giacomo Apostolo a sinistra.
Una fascia decorativa, in cui si legge la data di realizzazione (1393) separa la scena dalla sottostante.
Ai lati dell’abside e all’interno di due tondi sono raffigurati l’Angelo Annunciante a sinistra e la Vergine a destra, assorta nella lettura di un libro posto sul leggio, mentre sta per essere investita dalla Spirito Santo, rappresentato dalla colomba. Nel catino absidale rimangono tracce dell’affresco, completamente scialbato, raffigurante la scena della Crocifissione.
 

Il complesso termale

la presenza di un edificio termale nei pressi della chiesa di San Claudio è riferita dal Donnola che, a proposito delle terme romane suburbane, afferma uno di questi complessi si trovava “nel campo di qua da San Claudio che è di San Severino, posseduto dalli signori Venantii: è colonnato sotto di mattoni e le colonne non sono molto alte“. I recenti scavi, condotti su un’area ridotta intorno al perimetro della chiesa in occasione dei lavori di consolidamento seguiti al terremoto del 1997, hanno permesso di confermare che la parete terminale e quella sinistra dell’edificio sacro poggiano effettivamente su precedenti strutture romane.
Lungo il lato sinistro, scavato per una profondità di appena 30 cm ed una larghezza di circa 1 m, sono venuti alla luce resti di un edificio riscaldato, probabilmente,l’edificio termale visto dal Donnola, e frustuli di mosaico – interrati subito dopo lo scavo – sotto l’attuale marciapiede.
I muri terminali delle navate, invece, poggiano rispettivamente su due vani affrescati, anch’essi di età romana, conservati in minima parte.
Protetti da una copertura in vetro, meritano una “sbirciatina”, specie quello a nord della navata destra che è meglio conservato (1,40 m circa di altezza). Sulla parete destra e su quella di fondo, è leggibile un primo strato di affresco: partendo dal basso, una fascia di colore nero è separata dal resto della parete di colore rosso da una stretta banda bianca, sovra-dipinta.
Ben visibili sono i segni della martellinatura, eseguita per stendere il secondo strato di intonaco giallo ocra con due strette bande rosse, che riveste quasi totalmente la parete destra.
 

La necropoli altomedioevale

I lavori condotti nella zona dietro l’abside mostrano chiaramente che l’area, occupata da strutture romane, fu abbandonata e poi rioccupata tra il V e il VI sec, da una necropoli alta medioevale che si estendeva nell’area settentrionale successivamente occupata dalla chiesa. Come dimostrano le tombe rinvenute ad una quota superiore sia ai pavimenti dei due ambienti romani affrescati che al piano della chiesa, la necropoli venne tagliata dall’edificio religioso. La necropoli, scavata solo parzialmente, si estende nella proprietà privata retrostante; in tutto sono state riportate alla luce 25 tombe a fossa con cassa e copertura in calcare locale, prive di corredo e con orientamenti diversi.
Di queste solo una è rimasta in situ; due sono di bambino e una è bisoma (cioè doppia).
 

Bibliografia

Guida Turistica di Spello Comune di Spello Assessorato al Turismo testi di Sabina Guiducci
Guida di Spello di Venanzo Peppoloni e Corrado Fratini 1978
 

Mappa

Link alle coordinate

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>