Chiesa di San Bruzio – Magliano in Toscana (Grosseto)


 

Cenni Storici

I ruderi di San Bruzio (originariamente San Tiburzio) si trovano in aperta campagna a due chilometri dal borgo di Magliano.
Si raggiungono percorrendo la strada che da Magliano conduce a Sant’Andrea, girando a sinistra nel sentiero segnalato e percorrendo non più di duecento metri.
La chiesa sorge isolata tra gli ulivi, lungo una via oggi secondaria, ma che ricalca un antico asse stradale che collegava le sedi episcopali di Roselle e Sovana, molto frequentato in epoca medioevale in alternativa alla via Aurelia, che attraversando paludi era resa malsana dalla malaria e infestata da briganti.
Non si hanno informazioni certe sulla presenza di una comunità monastica a San Bruzio e non si comprende come possa essere da taluni considerata come un’abbazia; altrettanto infondata è la notizia che sia stata costruita dai Camaldolesi.
La prima notizia sulla “Chiesa di S. Tiburzio di Malliano” si trova in una bolla papale di Onorio III del 20 dicembre 1216, che conferma all’abbazia di Sant’Antimo in val di Starcia, presso Montalcino, i lasciti già concessi con diploma imperiale del 29 dicembre 813 da Ludovico il Pio figlio di Carlo Magno.
È probabile che una chiesa vi esistesse fin dall’IX secolo, periodo della massima espansione di Sant’Antimo, la struttura che oggi si vede può essere datata al tardo XII secolo.
Una “canonica di San Bruzio” è elencata nelle Rationes Decimarum del 1276 e del 1302.
Nello Statuto di Magliano del 1356 risulta come ente contribuente con 25 lire.
Sono stati rinvenuti frammenti ceramici del XVII secolo per cui si presume che a quel tempo fosse ancora officiata. Non si conosce in che periodo sia stata abbandonata enonsi hanno notizie per l’epoca moderna.
 

Aspetto

Le rovine di San Bruzio rappresentano sicuramente uno dei più belli esempi di Romanico in Maremma: nell’impianto richiama modelli romanico lombardi ma i capitelli presentano decorazioni ascrivibili a un gusto francese come a San Rabano sui monti dell’Uccellina nel Parco naturale dell’Alberese.
Della chiesa resta solo il capocroce del quale rimangono in elevato parte dei bracci del transetto e l’abside.
La struttura originaria aveva la pianta a croce latina con la navata lunga circa trenta metri e il transetto venti. Al di sopra di quello che una volta era il presbiterio si elevava la cupola impostata su pennacchi angolari e rivestita esternamente da un tiburio ottagonale.
L’abside, a pianta semicircolare, è decorata da un ricorso di archetti pensili di forma ungulata, separati a due a due da lesene; nel semicilindro si aprono tre monofore, mentre le testate orientali del transetto presentano una monofora.
Delle volte a crociera che coprivano i bracci del transetto sono visibili parte dell’imposta, mentre la navata longitudinale doveva essere coperta da capriate lignee in quanto la traccia dei due spioventi nella testata occidentale del capocroce non rileva segni di volte.
La fabbrica mostra un paramento murario realizzato con conci di pietra calcarea bianca ben squadrati e spianati sulla faccia a vista; i pilastri polistili che reggono quel che resta della cupola sono decorati da capitelli raffiguranti figure umane, fantastiche, animali e teste taurine che fungono da cornice d’imposta al sovrastante arco.
 

Leggende

Narra una leggenda che qui appaia il Destino: se si ha la fortuna di incontrarlo ogni desiderio sarà esaudito.
Il Destino secondo la tradizione comparirebbe solo a un cuore puro, si sarebbe mostrato a una fanciulla che lo avrebbe implorato di salvare il proprio innamorato che stava morendo.
Il suo desiderio fu esaudito perché la ragazza aveva offerto la sua vita in pegno per salvare quella del suo amore.
Si dice che in certe notti l’ombra del giovane continui a piangere presso il monastero, supplicando di riavere indietro la sua amata.
Sempre legate a San Bruzio ci sono altre storie, per esempio si dice che fosse il luogo dove le suore andavano a partorire i figli illegittimi o avuti a causa di violenze, un luogo dove le urla del parto erano nascoste alle orecchie del mondo, vista la posizione piuttosto isolata e lontana dal centro abitato.
Le suore lasciavano i bambini a famiglie che ne chiedevano l’adozione e garantivano che fosse mantenuto il segreto, altre invece semplicemente li abbandonavano nella chiesa, per questo si narra che i pianti di quelle creature innocenti si odano ancora tra le rovine della chiesa e i loro volti appaiano attraverso le mura.
 

Fonti documentative

Paola Rendini - Lo scavo della canonica di San Bruzio (Magliano in Toscana) – in San Bruzio mito e realtà …, a cura di A. Vitiello, Bagno a Ripoli 2000, pp. 14-16
Alessandro Nocentini – San Bruzio e la sua cupola. Il rilievo critico dei ruderi di una chiesa medioevale per la conoscenza ed il recupero

https://castellitoscani.com/san-bruzio/

 

Nota

La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
 

Mappa

Link alle coordinate: 42.588075651176986, 11.301765329675668

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