Chiesa di San Biagio – Pale di Foligno (PG)
Cenni Storici
La chiesa parrocchiale, riconducibile al XII secolo posta all’interno delle mura castellane, è intitolata a S. Biagio, Santa Margherita e S. Rocco mentre la protettrice è la Madonna del Perpetuo Soccorso.
Nel 1111 il conte Offredo, figlio di Gualtiero, discendente secondo la storiografia locale del conte Monaldo, in procinto di partire come pellegrino per la Terra Santa, fece un testamento Pro remedio anima sua a favore dei monaci di Sassovivo comprendente anche le terre che egli possedeva in cute de Pale; nello stesso atto dichiarava di cedere pure i suoi diritti sulle acque che attraversavano tali possedimenti.
Due anni dopo, secondo le Croniche di Foligno di Ludovico Jacobilli, lo stesso Offredo donò al fratello Alberto, abate di Sassovivo, la chiesa di Pale.
Nel 1233, secondo un fascicolo dell’archivio di Sassovivo, Ugolino canonico di Assisi, sentenzia in una causa, che la chiesa di S. Biagio fa parte della chiesa di S. Lucia del Ponte ed è officiata come cappella da quella Collegiata, all’epoca dipendente dal Monastero di Sassovivo.
A partire dal 1573 risulta che alla chiesa di San Biagio fu eretta a parrocchia e gli venne unita la chiesa della SS. Trinità, cappella dell’annesso ospedale.
Si ha notizia che dal 1486 anche la chiesa di santa Lucia del Ponte era stata unificata a san Biagio, divenuta dunque il riferimento locale più importante.
Dal 1636, grazie a padre Cesare Vitelleschi, alcuni abitanti di Pale deliberarono di costituire una Confraternita sotto il patrocinio della ss.ma Trinità, nella chiesa omonima; si sottoposero all’osservanza di uno Statuto, previa approvazione del vescovo.
Tale Confraternita, anche se l’edificio sacro è anelato in rovina, è ancora esistente ed è coniugata al femminile.
Più volte sottoposta a restauro (1902, 1905), nel 1930, per volontà e con il contributo di un certo Riccardo Taffera, originario di Pale, ma emigrato in America, fu ricostruita la scalinata esterna previa demolizione di una casa che posta a poca distanza, ostruiva parzialmente l’accesso al luogo di culto; allo stesso tempo, fu aggiunta una lampada votiva al S.S. Sacramento.
Durante questi lavori, si pensò di edificare anche un nuovo campanile a torre al posto di quello a vela ormai fatiscente.
Con il contributo decisivo dei parrocchiani e della famiglia Sordini, il 26 luglio del 1930 fu posata la prima pietra del campanile, costruito sopra la massiccia torre est delle mura castellane; i lavori terminarono alla fine di giugno del 1932.
Il 15 agosto dello stesso anno si svolse la cerimonia di benedizione delle nuove campane e la consacrazione della chiesa da parte dell’allora vescovo di Foligno mons. Stefano Corbini.
L’ultima ricostruzione è avvenuta in seguito ai danni provocati dal terremoto del 1997 che ne ha compromesso l’intera struttura; la chiesa è stata riaperta al culto il 7 dicembre 2007 alla presenza del vescovo, mons. Arduino Bertoldo e del sindaco della città di Foligno Manlio Marini.
Aspetto esterno
La chiesa è quasi completamente inglobata nella struttura dell’antico castello, ha la facciata contrastata da civili abitazioni, molto semplice con il tetto a capanna e una grande finestra che sovrasta la porta d’ingresso.
Il Campanile a cuspide si eleva sopra un torrione delle mura castellane.
Interno
A navata unica voltata a botte, termina con l’abside semicircolare e sulla destra, al termine della navata si accede alla sagrestia ed alla torre campanaria, ridisegnata nel 1932 dall’architetto folignate Giorgio Sorbì.
La chiesa presenta sui due lati quattro altari in legno con tele ascrivibili al XVI secolo del pittore eugubino Felice Damiani (1530-1608).
Appena si entra, a destra e a sinistra si notano due nicchie nelle pareti dove vi sono due statue (XVII-XVIII sec.) dei santi Biagio patrono (a sinistra) e Liborio (a destra), attribuite ad Antonio Calcioni.
A destra dell’ingresso in una nicchia è posizionato il Fonte battesimale con lo stelo ed il catino in pietra e la parte sommitale in legno finemente decorato e scolpito; nella parte alta della cornice in stucco la colomba dello Spirito Santo e nell’apice una scritta “Aqua regenerans“.
Salendo nella parete destra troviamo un confessionale sotto la nicchia di San Liborio e subito dopo l’altare dedicato alla SS.ma Trinità con una tela sopra l’altare scandita in due registri; in quello inferiore sono raffigurati San Michele Arcangelo, la Vergine, San Francesco d’Assisi, Sant’Antonio da Padova, San Giovanni della Croce e S. Agostino (Per qualcuno è San Biagio); nella parte superiore la Vergine, il Cristo e il Padreterno uniti da una Croce e inondati dalla luce dello Spirito Santo e circondati da angeli.
In alto nel timpano aperto della cornice d’altare una piccola tela con una Madonna con Bambino.
L’altare successivo, ornato con un tabernacolo in legno dorato di fattura settecentesca è dedicato al Sacro Cuore con una statua del Cristo.
Subito dopo si incontra la porta della sacrestia sovrastata da un balcone dove campeggia un organo monumentale risalente al seicento completato dalla cantoria.
A sinistra della porta della sacrestia una piccola acquasantiera incastonata per metà nel muro e decorata con stucchi, mentre ad angolo nel muro dell’arco trionfale che divide il presbiterio dalla navata, un tabernacolo in pietra finemente scolpito e incastonato nel muro e sopra di esso un affresco con il Cristo Risorto.
Il presbiterio è rialzato di un gradino, all’interno ai fianchi dell’altare maggiore si trovano due grandi angeli lignei reggicandelabro con effetto marmoreo e cornucopia del XVI sec. opera di Antonio Calcioni noto intagliatore folignate, autore anche del baldacchino del Duomo di Foligno.
Nel catino absidale dietro l’altare maggiore una tela raffigurante la Madonna assunta in cielo con tre santi; da sinistra il patrono S. Biagio al centro S. Giacomo minore l’apostolo con il bastone del pellegrino insieme a Giovanni figli di Santa Maria Giacobbe e poi San Rocco.
Il catino absidale è affrescato con lo Spirito Santo al centro e quattro angeli, affresco attribuita allo Scaramucci pittore locale degli inizi del 900.
Scendendo nella parete sinistra della navata troviamo un pulpito in legno di noce e subito dopo un altare dedicato alla Visitazione della Vergine a santa Elisabetta.
Su questo altare campeggia una tela con la Vergine rappresentata insieme a San Giuseppe e a Santa Messalina; in basso, a sinistra, rivolta verso l’osservatore, una figura femminile in abiti raffinati, senz’altro la committente.
In alto in un ovale è raffigurato san Francesco di Paola.
Sia questa tela che la successiva sono della seconda metà del Cinquecento e vengono attribuite a Felice Damiani, noto artista eugubino molto attivo anche nel territorio folignate.
L’altare successivo è dedicato alla Madonna del rosario, ma al momento è coperto da una tela bianca con un quadro fittizio di Santa Maria Giacobbe poiché il dipinto originale, una tela con la Madonna e Santi circondata dai quindici misteri del Rosario, realizzato nel 1598, è stato rimosso per restauro.
La devozione alla beata Vergine del Rosario, che cade il 7 ottobre, ha avuto origine nel XVI secolo, a seguito della battaglia di Lepanto (1571), durante la quale venne largamente diffusa la pratica della preghiera del Rosario, quale sostegno spirituale nelle aspre difficoltà del combattimento.
Chiude la parete la nicchia con San Biagio.
Sacrestia
Nella sacrestia, in seguito ai restauri post-terremoto, sia sulle pareti, sia sul soffitto sono venuti alla luce pregevoli affreschi rappresentanti scene della vita e del martirio di S. Biagio oltre quadretti raffiguranti i miracoli, fra cui la spina tolta dalla gola di un bambino, il porcellino restituito dal lupo, che lo aveva rubato ad una povera vedova.
Sul soffitto insieme ad un Dio benedicente al centro e ai 4 evangelisti, è tornato alla luce anche un Crocefisso con ai piedi S. Francesco orante.
San Biagio
San Biagio titolare della chiesa di Pale non va confuso con il San Biagio che fu vescovo di Sebaste in Armenia e che il suo martirio è avvenuto durante le persecuzioni dei cristiani, intorno al 316, nel corso dei contrasti tra gli imperatori Costantino (Occidente) e Licino (Oriente).
Nel caso in questione la figura di Biagio è strettamente legata a quella di Santa Maria Giacobbe (Salomé, la pia donna mirrofora portatrice di balsami e unguenti al sepolcro di Gesù) moglie di Zebedeo e madre di Giacomo e Giovanni l’Evangelista a cui è dedicato l’Eremo posto lungo la parete rocciosa del monte di Pale e venerata anche nel paese di Arvello.
La santa donna sarebbe fuggita dalla Palestina durante la persecuzione di re Erode Agrippa nel 44, dopo la decapitazione del figlio Giacomo.
Maria Salomè fuggì, in compagnia di Biagio e Demetrio, via mare giungendo sulle coste del Lazio, da dove proseguì per Veroli.
La santa, stanca del viaggio, chiese alloggio nella casa di un pagano (poi battezzato col nome Mauro), a poca distanza dalle mura della città, mentre i suoi compagni entrarono nella città e furono martirizzati; anche lei dopo circa 6 mesi morì.
Dopo l’inventio dei resti di San Biagio (1196) e di quelli di Salomé (1209), rinvenimenti avvenuti a Veroli, in entrambi i casi il culto di Biagio arrivò a Foligno insieme a quello di Salomé e Demetrio.
Stante la scadenza santorale indubbiamente il culto folignate della santa è di derivazione verulana, ancorché appaia problematico individuare gli agganci economici e culturali fra queste due città.
Questa nozione viene rafforzata dal fatto che la parrocchiale di Pale è dedicata a san Biagio, l’eremo a Santa Maria Giacobbe, mentre un affresco del secolo XIII nella chiesa di Santa Maria infraportas attesta l’antichità a Foligno del culto per Demetrio, terzo esule giunto a Veroli, insieme alla santa.
Gli Affreschi che invece vediamo in sacrestia sono riferiti al San Biagio vescovo di Sebaste in Armenia protettore delle messi e soprattutto invocato contro il mal di gola in virtù dei suoi miracoli.
Miracolo del maialino
Fra i miracoli attribuiti al Santo viene citato quello che ha per protagonista una povera vecchia che si era allevata un maialino col quale sperava di vincere la fame ma un lupo glielo prese, portandoselo nel bosco.
La donna accorse sulla via dove passava Biagio prigioniero, chiedendoli come avrebbe fatto a sfamare i suoi figli; il futuro Santo le disse di non temere e che avrebbe riavuto il suo porcello. Così accadde, di lì a poco, il lupo, mansueto, riportò alla donna il suo animale.
La signora che per sua grazia aveva riavuto il suo porcello, quando seppe che Biagio era imprigionato, uccise l’animale, portando in prigione il capo e le zampe dl maialino oltre ad una candela fatta di sego.
Il Santo, accettando il dono, le disse di offrire ogni anno, in una chiesa edificata in suo onore, un pane e una candela, osservando questo voto, sarebbe stata bene in salute.
Miracolo delle cavallette
Nella città di Salemi, invece, si narra che nel 1542 il Santo salvò la popolazione da una grave carestia, causata da un’invasione di cavallette che distrusse i raccolti nelle campagne, intercedendo ed esaudendo le preghiere del popolo che invocava il suo aiuto (san Biagio, infatti, oltre che essere protettore dei “mali della gola” è anche protettore delle messi).
Miracolo del bambino che soffocava per una spina in gola
Durante il suo arresto passò in mezzo alla folla che lo acclamava e tra la gente si imbatté in una donna che teneva in braccio suo figlio morente perché una spina di pesce gli si era conficcata in gola e stava soffocando e supplicava il Santo di pregare per la guarigione del bambino; in quella circostanza il Santo diede un pezzo di pane benedetto al piccolo evitando così il suo soffocamento.
In seguito a questo prodigio San Biagio viene invocato per i mali alla gola, attraverso il rito della “benedizione della gola” che si compie nelle celebrazioni parrocchiali, con due candele incrociate (anticamente era prevista l’unzione con l’olio benedetto).
Miracolo delle fiamme della città
A Fiuggi (antico feudo dei Colonna), si bruciano davanti al municipio le “stuzze“, grandi falò in ricordo del miracolo del due febbraio 1298.
La storia ricorda che appunto la notte della Candelora la città rischiò di essere incendiata e saccheggiata dall’esercito dei Cajetani che si era assiepato sui monti vicini e contrapposti, pronti ad un duplice attacco.
Gli abitanti del paese, intanto, ignari dell’imminente pericolo, erano intenti a festeggiare la Candelora e a pregare il Patrono San Biagio.
Ma ecco che il paese fu avvolto da fiamme, apparse per intercessione del Santo, tant’è che i due eserciti indietreggiarono vedendo il borgo in fiamme, pensando ognuno che l’alleato fosse giunto prima, uccidendo e razziando a proprio piacere la città.
Gli abitanti invece ignari proseguirono nei loro festeggiamenti e la città fu salva.
Fonti documentative
S. Capodimonti – Il Menotre e la sua Valle Borghi, genti, acque, sorgenti – 2017
Rita Fanelli Marini, Franca Trubbianelli Scarabattieri – La chiesa di San Biagio, un patrimonio di arte e di fede a Pale.
https://www.paledifoligno.it/tours/chiesa-parrocchiale-san-biagio/
Mario Sensi – Il culto a Foligno di Santa Maria Giacobbe – 2019
https://www.famigliacristiana.it/articolo/san-biagio-il-martire-che-protegge-dal-mal-di-gola.aspx
https://www.meteoweb.eu/2018/02/san-biagio-miracoli-piu-noti/1038581/
https://www.vaticano.com/san-biagio-santo-dei-miracoli/
https://lazioeventi.com/eventi/festa-delle-stuzze/