Chiesa di S. Pietro de Agiglioni – Sassoferrato (AN)

Un grande ringraziamento va al Sindaco Ugo Pesciarelli, giunta Comunale ed Alberto Albertini, per averci autorizzato queste foto in data 17/07/2015, molto sensibili alla cultura ed arte del proprio territorio. Le foto sono del 2008 fino al 2015. prima e dopo i restauri, gli affreschi erano in questa chiesa, poi staccati e collocati in altra sede

 

Cenni Storici

Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici delle Marche
Il restauro della Chiesa di S. Pietro de Agiglioni, detta “Le Ginestrelle”, in loc. Catobagli – Capoggi 21

L’edificio ecclesiale si erge nella campagna prossima all’abitato delle frazioni di Catobagli e Capoggi. Nelle mappe catastali ottocentesche era ben visibile il collegamento della chiesetta con il percorso viario (detto “Protoflaminia”) che, fin dall’epoca romana, collegava le antiche città di Sentinum, Alba e Suasa, fino alla colonia di Sena Gallica. Strategica quindi la posizione nell’ambito della viabilità antica che collegava le zone dell’Appennino umbro-marchigiano al mare. Nelle epoche successive, inoltre, questi tracciati venivano percorsi dai pellegrini, che staccandosi dalla via Lauretana (di collegamento fra Roma e Loreto), si servivano di questi diverticoli per raggiungere un’altra importante meta di pellegrinaggio religioso rappresentata da Assisi. Per questo motivo questi tracciati stradali assunsero il nome di “Via dei Santuari”.XI-XIII), Sassoferrato, 1999. Nel Catasto Pontificio Gregoriano del 1813 – 1867 la chiesa risulta intestata alla Parrocchia di San Fecondino, goduta da Castellucci Don Giuseppe di Sassoferrato. La chiesa sembra avere origini molto antiche. Alcuni studiosi locali (vedi: atti del “Convegno “San Pietro de Agiglione. Antica Chiesa nei pressi di Catobagli di Sassoferrato” – Sabato 29 dicembre 2007 – Gruppo Archeologico Appennino Umbro Marchigiano) non escludono che la primitiva costruzione, forse un manufatto con altra destinazione d’uso, potesse essere ricondotta alla dominazione longobarda del territorio, in periodo altomedievale, lungo percorsi strategici di collegamento verso il mare. Dalle murature emerge comunque un rimaneggiamento del nucleo originario in vari periodi, ad una prima analisi non ben definibili. Nel libro di Alberico Pagnani la troviamo citata due volte. In particolare egli riferisce di un pagamento relativo a questa chiesa in un documento del 1333 e di una visita del vescovo Mannelli nel 1580 (pag. 260). Al contempo riferisce che tale chiesa non esiste più, presumibilmente riferendosi al fatto che l’impianto originario è stato nel tempo ampiamente rinnovato. Altrimenti non si spiegherebbe la descrizione, effettuata dallo stesso autore più avanti nel testo (pag. 294), della presenza dell’affresco cinquecentesco con testo presente. La Chiesa ricadeva storicamente nella Diocesi di Nocera Umbra, fino al 19 marzo 1984 quando entrò a far parte della Diocesi di Fabriano-Matelica. Particolare sotto il profilo storico è la scoperta di documenti che ne attestavano l’assoggettamento nel 1191, ad opera di Papa Celestino III, all’Abbazia benedettina di S. Silvestro di Nonantola, sita nella pianura padana nei pressi di Modena, fondata da S. Anselmo nell’VIII sec. La dipendenza da Nonantola si protrasse fino al sec. XV. Il toponimo della località è menzionato negli antichi documenti come curtis Accilionis, nel 1024, e serra de Azzilioni, nel 1126 e deriverebbe, secondo alcuni studiosi, da un nome relativo ai proprietari delle terre del luogo nel periodo di dominazione romana della zona (Agilio). Alcuni documenti relativi al pagamento delle Decime, risalenti al XIV sec., ci fanno supporre che questa chiesetta in quel periodo non possedeva terreni o rendite particolari e che gli unici proventi di cui disponeva derivavano unicamente da elemosine e dall’esercizio delle varie attività liturgiche. Nel 1342 è attestata la scomunica della chiesetta da parte del Vescovo di Nocera, unitamente ad altre chiese dipendenti da Nonantola, ma non sono conosciute le motivazioni. Un documento del 1347 attesterebbe la presenza di un “hospitalis” nel luogo dove è situata la chiesa di S. Pietro. Questa ipotesi dell’esistenza di un luogo di accoglienza per i pellegrini sarebbe avvalorato sia dalla posizione strategica della struttura, posta lungo la percorrenza sopramenzionata “Via dei Sentuari”, sia dall’iconografia rappresentata in uno degli affreschi dell’Agabiti (provenienti dalla chiesa delle Ginestrelle ma oggi custodito nella chiesa di Catobagli), ove è presente S. Giacomo che per l’appunto è il protettore dei viandanti. Nel ‘400 la chiesa passa sotto l’influenza del Monastero avellanita di S. Croce dei Conti Atti. Negli anni 1571-1573 sono attestate due visite di Girolamo Mannelli, originario di Arcevia e vescovo dal 1545 al 1592. Nei documenti relativi a queste visite sono descritte le condizioni della chiesa ed in particolare che si trovavano in pessimo stato di conservazione sia il pavimento (mancante persino delle lastre tombali) che il portone di ingresso. Erano invece state appena restaurate ed imbiancate le pareti perimetrali. Dai documenti emerge inoltre la presenza di un secondo altare, posto lungo la parete sinistra, dedicato a S. Antonio Abate, venerato nelle zone di campagna poiché ritenuto (nella tradizione contadina) protettore degli animali. In questo periodo la chiesa è soggetta al Priorato della chiesa di S. Angelo di Sassoferrato. Il 10 agosto 1824 la Parrocchia di Capoggi – Caparucci viene soppressa ed unita a Catobagli, dal vescovo di Nocera Umbra (Francesco Luigi Piervissani). Nel periodo della soppressione napoleonica, anche la chiesa di S. Pietro, come molte altre, viene interessata da un sopralluogo (avvenuto in data 29 marzo 1835) al fine di accertare lo stato di consistenza. In tale sopralluogo viene appurata la necessità di un restauro della chiesa che, secondo la perizia redatta dal muratore comunale sig. Pietro Armozzoni, necessitava dei seguenti lavori:

– sostituzione di un “Cavallo” (trave di copertura), due “Coltalecci” (orditura secondaria) e venti travicelli; – sostituzione di trecento coppi e cento pianelle di laterizio;
– rifacimento degli intonaci interni a gesso;
– ripresa di muratura sul lato nord;
– rifacimento degli intonaci esterni a calce.

Possiamo quindi presumere che l’intervento del 1835, qualora eseguito, fosse stato l’ultima opera manutentiva eseguita sulla chiesa, fino al presente restauro curato dalla Soprintendenza. Ciò spiega il grave stato di degrado in cui versava l’immobile in questi ultimi anni. Da questo documento si può anche dedurre che in periodo di soppressione la chiesa era passata al Comune di Sassoferrato, per poi essere restituita allo Stato della Chiesa dopo la Restaurazione. L’impianto, ad aula unica, presenta una cappella (o sacrestia?) che si apre sul lato destro e termina con l’altare posto direttamente in aderenza sulla parete rivolta ad est. Le murature in elevazione sono costituite per lo più da pietra arenaria, con inserti lapidei e mattoni, attualmente ricoperta di intonaco solamente in facciata. Sono presenti anche alcuni elementi che farebbero pensare ad un reimpiego di resti romani, senz’altro presenti in aree limitrofe. Infatti non distante dal sito oggetto di intervento vi è l’importante sito archeologico della città romana di Civitalba. Le originarie aperture erano, prima dell’intervento di restauro, difficilmente identificabili poiché la muratura era in più punti in fase di crollo. Tuttavia, oltre al portale di ingresso in arenaria, si poteva chiaramente individuare una porta tamponata presente sul lato sinistro in prossimità della zona d’altare. L’aula era presumibilmente poco illuminata. Oltre all’oculo centrale, sopra il portale di ingresso, infatti, era presente un’unica monofora originaria in pietra, posta sul lato sinistro. Poco al di sopra della monofora, in corrispondenza di una breccia sulla muratura, si leggevano inoltre le tracce di una seconda finestra, con spalletta in mattoni, che tuttavia si inseriva nella muratura come un’aggiunta posteriore. Non ci è dato di conoscere invece l’eventuale presenza di finestrature in corrispondenza della parete sud della cappellina, poichè tale parete, al momento dell’intervento era quasi completamente crollata. Sul pavimento, oltre ai resti dell’originario pavimento in cotto locale, erano presenti tre aperture, relative agli ossari sottostanti, delle quali si conservava una sola lastra tombale lapidea. Non si conosce quale destino abbiano subito le altre lastre tombali, evidentemente trafugate unitamente purtroppo a molte ossa presenti nelle tombe, così come testimoniato dalla popolazione locale. Il solaio è a struttura lignea con particolari elementi sagomati in un unico tronco. Al di sopra dell’orditura secondaria e del pianellato, il manto di copertura è in coppi di laterizio. In occasione di un recente restauro, a cura della Diocesi di Fabriano-Matelica, del Santuario della Madonna del Cerro, poco distante dalla chiesa di S. Pietro, è stato rinvenuto un analogo sistema di sagomatura delle travi lignee di copertura, segno che tale modalità costruttiva apparteneva alla tradizione locale. In zona frontale si erge un piccolo campanile a vela, il quale, da quanto si può dedurre dai materiali costruttivi impiegati, è stato chiaramente realizzato in epoca recente, forse al posto di un analogo elemento originario. Nella chiesa, sulla parete di fondo all’interno dell’arco vi sono i resti del primitivo altare sopra i quali è presente un intonaco dipinto, da alcuni identificato quale sinopia di un affresco trecentesco rappresentante una Crocifissione. Sopra la presente sinopia, come innanzi accennato, vi erano altri affreschi, strappati in tempi passati (1983) e oggi custoditi presso la chiesa di S. Maria di Catobagli. Tali affreschi furono attribuiti dall’Anselmi al pittore Pier Paolo Agabiti, nativo di Sassoferrato, che li avrebbe realizzati intorno al 1515, sulla scia di un’altra opera già realizzata in zona dalla stesso autore e cioè la tavola per la chiesa di Catobagli, eseguita nel 1511. In tempi recenti, come testimonia anche la popolazione locale, la chiesa ha assunto il nome di S. Vincenzo, le cui celebrazioni, legate all’economia rurale locale, venivano effettuate in periodo primaverile. E’ attestata dalla testimonianza popolare la celebrazione di un antico rituale “dei serpari”, che veniva eseguito in occasione della festività di S. Antonio Abate, simile a quello che ancora oggi si svolge nella cittadina di Cucullo in Abruzzo. Veniva altresì celebrata in questa chiesa una funzione religiosa dedicata ai Beati Nicolò e Pietro, martiri francescani in terra di missione (Sec. XIII), dei quali tradizionalmente si fa risalire la nascita nella vicina località “Case Caggioni” ove a tutt’oggi è posta un’epigrafe commemorativa sul fronte di una cappella.

L’intervento di restauro

L’intervento, in corso di esecuzione, alla Chiesa di San Pietro in località Catobagli di Sassoferrato, come del resto ogni intervento di restauro, si connota per particolarità ed unicità nell’esecuzione delle opere attinenti al ripristino dell’edificio. Già dal sito di ubicazione della stessa Chiesetta, ovvero una porzione di terreno ormai circondato da appezzamenti agricoli, concausa dello stato di abbandono e degrado in cui versava l’edificio
prima dell’inizio dei lavori, si può intuire la peculiarità del tipo d’operazione. Primo intervento, che subito ha mostrato le difficoltà e la delicatezza da approntare nelle scelte progettuali onde evitare di alterare i delicati equilibri dei rapporti di chi quelle terre le vive e dalle quali trae sostentamento, è stata la definizione del passaggio della stradina d’accesso al sito interessato. In effetti la strada che portava alla Chiesa, dal momento d’abbandono dell’edificio ecclesiastico, è stata nel tempo totalmente occupata dai campi agricoli. Difatti, chi necessitava di quel tratto stradale per accedere alle proprietà, si organizzò ricreando un nuovo tracciato, più diretto e meno “fastidioso” per la coltivazione dei campi. La prima ipotesi formulata in fase progettuale fu quella del ripristino della strada originale, della quale permangono ancora delle querce che ne segnano il percorso, questa soluzione però ha subito manifestato notevoli problematiche dovute sia alle caratteristiche geo-morfologiche del sito, che mostrava chiari segni di erosione da deflusso di acque piovane (non di secondo piano sono da considerare gli eventuali costi futuri della manutenzione del tratto stradale eventualmente realizzato), sia per motivi economici, in quanto il ripristino del tracciato stradale originario avrebbe riguardato una considerevole parte del già esiguo finanziamento. Un’altra soluzione è stata ipotizzata valutando l’utilizzo della strada poderale che sale sulla collina alle spalle della Chiesa, presumibile antica via protoromana. Questa ipotesi fu però subito scartata in quanto, nella parte sommitale della collina, si ha un salto di quota di circa due metri, dovuto all’uso agricolo del campo per decenni, che impediva di fatto la possibilità di un collegamento. Si è perciò provveduto alla definizione di una terza ipotesi, poi portata a compimento, in cui, riprendendo il passaggio della strada poderale esistente, si realizza l’accesso al campo più in profondità per percorrere, lungo un fosso, un tragitto che, arrivato all’altezza della Chiesa, svolta verso di essa. Tale soluzione contemperava le due necessità di fattibilità tecnica e di minor dispendio di risorse economiche. La successiva operazione è stata l’esecuzione di alcuni saggi archeologici, per verificare l’eventuale presenza di tombe in prossimità della chiesa e per valutare la consistenza delle fondazioni. Lo scavo, eseguito per una profondità di circa 70-80 cm, ha evidenziato che le fondazioni della muratura, nel lato nord, sono incassate in un solido strato di argilla marnosa, mentre nel lato sud, la fondazione continua in profondità (presumibilmente raggiungendo lo strato di argilla che in quel lato si abbassa). A seguito della messa in sicurezza della struttura, si è provveduto ad un pre-consolidamento degli intonaci in fase di distacco e, nel frattempo, veniva livellato il terreno intorno alla chiesa per restituire il piano di campagna al livello originario, adeguato alle caratteristiche architettoniche dell’edificio. Durante il livellamento del terreno sono state recuperate un considerevole numero di pietre, provenienti dal crollo della cappellina laterale, reimpiegate per la relativa ricostruzione. Proprio da questa cappellina si è proceduto allo smontaggio di quella parte di muratura in grave stato di dissesto per poi rimontarla fedelmente seguendo la mappatura fotografica effettuata, proseguendo con la completa ricostruzione e connessione alle murature portanti dell’edificio e con la realizzazione di una piccola finestrella nella muratura di fondo. In un secondo momento è stata consolidata la copertura, di cui sono state preliminarmente verificate e dimensionate le strutture portanti. Tenuto conto della volontà di salvaguardare, se non dal punto di vista strutturale, comunque nelle caratteristiche architettonico-formali, le piccole capriate a schiena d’asino, si è proposto di affiancarle con delle piccole capriate metalliche nel lato opposto all’ingresso, onde evitare un’alta percettibilità degli elementi inseriti. Come presidio di miglioramento sismico è stata anche realizzata una cerchiatura metallica nella parte sommitale delle murature perimetrali. Questo tipo d’intervento determina una successiva ridefinizione della copertura tramite la sostituzione della travatura secondaria, mentre per i muraletti, le pianelle ed i coppi si è provveduto ad un loro recupero con integrazione. Da ultimo, sono state ripristinate le due piccole finestrelle esistenti lato sud dell’edificio ed il piccolo campanile a vela sulla copertura. I lavori prevedono anche la ripresa delle murature ed il loro consolidamento, la pulizia delle macerie all’interno della chiesetta, lo smontaggio della pavimentazione, la realizzazione del sottofondo per il pavimento con la copertura degli ossari tramite botole. Nel prosieguo dei lavori, in base alle risorse finanziarie residue si valuterà la possibilità di realizzare il rimontaggio del pavimento con gli elementi smontati, integrati con materiale analogo, la ricostruzione dell’altare, un impianto di illuminazione di servizio, il restauro dell’originario portone ligneo e del relativo portale in pietra arenaria.

NOTE
1. La prima sezione, relativa a Cenni storici, è stata curata dall’arch. Alessandra Pacheco. La seconda sezione, relativa a Intervento di restauro, è stata curata dal dott. Emanuele Barigelli.

BIBLIOGRAFIA
A. Pagnani, Storia di Sassoferrato dalle origini al 1900, [2 ediz.] 1975, pgg. 260, 294;

AA.VV. atti del “Convegno “San Pietro de Agiglione. Antica Chiesa nei pressi di Catobagli di Sassoferrato” – Sabato 29 dicembre2007 – Gruppo Archeologico Appennino Umbro Marchigiano – Sassoferrato, 2007;

V. Villani, Sassoferrato: il castello e il territorio dalle origini all’età comunale (Sec. XI-XIII), Sassoferrato, 1999.

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Presentazione del restauro della Chiesa di San Pietro – “Le ginestrelle” Domenica 29 giugno 2014 ore 18.00 Loc. Capoggi di Catobagli.

Torna a rivivere un antico edificio ecclesiale, la chiesa di San Pietro, meglio conosciuta come “Le ginestrelle”, situata in aperta campagna, nei pressi della località Capoggi di Catobagli. Il restauro dell’edificio verrà presentato ufficialmente domenica 29 giugno, alle ore 18,00, con una cerimonia pubblica promossa congiuntamente dal Comune di Sassoferrato, dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Marche e dalla Diocesi di Fabriano-Matelica. Si tratta di una chiesa di piccole dimensioni, ma dalle origini antichissime. Secondo gli atti del convegno di studi “San Pietro de Agiglione”, tenutosi nella citata frazione di Catobagli il 29 dicembre 2007 su iniziativa del Gaaum (Gruppo Archeologico Appennino Umbro Marchigiano, la costruzione della chiesa risalirebbe infatti all’alto medioevo. Dunque, un edificio di interesse storico-religioso che, dopo lunghi anni di oblio, torna alla vita e alla fruibilità del culto. Ridotto in pessimo stato di conservazione e spogliato degli arredi interni (dell’originario patrimonio artistico è rimasta soltanto la sinopia), l’immobile è stato restaurato con i fondi stanziati dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Marche. Un intervento di centocinquantamila euro, realizzato su progetto dell’architetto Alessandra Pacheco con la collaborazione dei geometri Emanuele Barigelli e Giuseppe Ziccardi, che ha consentito di mettere in sicurezza e rendere funzionale la struttura. Nel contesto della viabilità antica la chiesa occupava una posizione geografica strategica, in quanto situata lungo il percorso di congiunzione tra le zone dell’Appennino Umbro-Marchigiano e il mare. Nelle mappe catastali ottocentesche era ben visibile il collegamento della chiesetta con il percorso viario denominato “Protoflaminia” che, fin dall’epoca romana, metteva in comunicazione le antiche città di Sentinum, Alba e Suasa, fino alla colonia di Sena Gallica. La manifestazione in programma domenica si aprirà con una Santa Messa che verrà presieduta dal vescovo diocesano mons. Giancarlo Vecerrica, cui farà seguito il cerimoniale con gli indirizzi di saluto dello stesso vescovo e del sindaco di Sassoferrato, ing. Ugo Pesciarelli, e con l’illustrazione dell’opera di restauro da parte dell’arch. Alessandra Pacheco. La cittadinanza è invitata a partecipazione alla manifestazione.
 

 

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