Chiesa della Madonna di Campagna – Bastia Umbra (PG)
Cenni storici
Col termine Campagna viene indicata, fin da tempi antichissimi, una zona posta al di là del Chiascio chiamata nelle carte più antiche “Campanea” o “Campania“, molto vasta territorialmente che si spingeva verso Nord, dove superava Ospedalicchio fino alle porte di Chiagina e verso Sud, giungeva a lambire l’ansa del Chiascio a valle di Costano.
Numerosi documenti medievali documentano questo territorio, si comincia addirittura dal gennaio dell’anno Mille dove un nobile longobardo di Assisi di nome Adelberto dona ad Itta, sua giovane sposa, dei terreni posti in “Campagna“.
Un altro atto della Cattedrale, del 1050, riporta l’espressione “a la Campagna“.
Le citazioni si susseguono fino al ‘200, dopo di che si fanno più rare.
È interessante notare che, nella zona di Campagna, aveva possedimenti la famiglia di S. Francesco, infatti nel 1253 i nipoti del Santo si divideranno il patrimonio lasciato dal padre, erede unico di Pietro Bernardone, le terre ubicate in vocabolo “Campanea“, le stesse toccheranno a Piccardo, figlio di Angelo, fratello di Francesco.
Nel Medio Evo, la Madonna di Campagna non era una chiesa, ma soltanto un’edicola.
Ne fa fede un atto della Cattedrale, risalente al 1492; in esso si legge che, da S. Lucia, si distaccava una via che andava “alla Maestà de Campagna“, dove erano ubicati i beni appartenenti alla chiesa di S. Angelo della Bastia.
Col passare degli anni, tale edicola cominciò a subire l’usura del tempo cosicché, nel ‘600, essa era ormai molto mal ridotta.
Fu per tale motivo che, nel 1667, fu deciso di restaurarla ed ampliarla con le elemosine dei fedeli, e poiché il denaro raccolto raggiungeva una cifra assai consistente, l’ampliamento si spinse così avanti che ne scaturì una piccola chiesa.
Successivamente, siccome l’interesse della gente per il modesto sacello cresceva, si cominciò a programmare un ulteriore ingrandimento, cosa che si verificò nel 1780, con il consenso del vescovo Zangheri il quale permise anche che, per recuperare materiale, si demolisse una vicina cappella dedicata a S. Antonio, ormai “rovinata e cadente“.
Così l’edificio giunse alle dimensioni che, a tutt’oggi, presenta.
Con il passare del tempo ci si accorse che l’opera di muratura non era di per se stessa sufficiente; era infatti necessario che se ne garantisse una regolare officiatura e a questo provvide il Vescovo Zelli.
Considerato che la chiesa godeva di alcuni terreni e rendite lasciate dai benefattori, delegò un sacerdote esterno a recarvisi, ogni dì festivo, per svolgervi le sacre funzioni.
In quel tempo la chiesa veniva designata con due denominazioni: Madonna di Campagna e anche Madonna del Rifugio in quanto all’inizio si trattava di una piccola edicola religiosa provvista di tettoia che permetteva ai viandanti o ai pellegrini romei i che si recavano a Roma o ad Assisi di ripararsi in caso di pioggia.
Da ricordare che la chiesa sorgeva lungo la via Antica, importante arteria di raccordo tra la Flaminia e l’Amerina.
La strada partiva da Foligno e, lasciata a destra la Porziuncola (ancora non esisteva la strada degli Angeli per Bastia), proseguiva per la strada di S. Costanzo fino all’Isola Romana (Basta) e da lì, per S. Lucia, seguiva il percorso della strada di Campagna, superava allo Spedalicchio la via Traversa proveniente da Valfabbrica quindi, sfiorando il dosso di Colle verso Brufa, attraversava il Tevere dopo di che incrociava l’Amerina, diverticolo della Flaminia da sotto Orte, la quale toccava Todi, Bettona e Perugia, da dove poi si dipartivano le strade per Gubbio, Arezzo e Chiusi.
Nei primi dell’800 la chiesetta era divenuta impraticabile a causa del tetto pericolante, in particolare presentava due travi rovinati dall’acqua e due archi dissestati.
Nel frattempo, la gente della zona aveva preso a frequentare la chiesa di S. Angelo a Bastia, per le messe domenicali.
Questo trasferimento però si rendeva impossibile soprattutto durante il periodo invernale quando i fossi erano in piena e la strada era impraticabile.
Gli abitanti della zona segnalarono al Comune il grave inconveniente, tramite una petizione redatta dal bastiolo Pietro Rossi il quale possedeva dei terreni nella zona.
Considerando che la spesa per il rifacimento del tetto ammontava a venti scudi e il rifacimento della strada e la sistemazione dell’alveo del Cagnola che aveva più volte tagliato la carreggiata inghiottendola nel suo profondo solco erano molti di più si optò per la prima opzione.
Dopo questo ultimo restauro la chiesa è arrivata ai nostri giorni e ogni anno, all’8 di settembre, si celebrava la Natività di Maria, con una festa che è stata sempre molto popolare.
Si presume che la “Maestà” originale abbia avuto una fondazione negli anni attorno al Mille.
Dal punto di vista simbolico-figurativo, la chiesina della Madonna costituisce pertanto il centro più rappresentativo della devozione di quel territorio in quanto al culto per la Vergine si unisce quello per i Santi più popolari, qui venerati dall’antichità, e per quelli cari alla tradizione contadina alla cui protezione erano affidati l’allevamento del bestiame e la coltivazione dei campi, basi dell’economia agricola del tempo.
Aspetto
La chiesa a vano unico si presenta con tetto a capanna un campanile a vela a due fornici e due finestrelle del pellegrino a fianco del portale.
Sopra quest’ultimo è riportata l’immagine rifatta con piastrelle di ceramica della Madonna che è venerata all’interno.
Sulla facciata presenta un mattone con un’epigrafe che riporta la data 1780 anno appunto della sua consacrazione.
Nonostante i numerosi restauri, ha mantenuto le linee originali dell’epoca.
Sulla fiancata destra c’è una lapide che commemora una persona che nell’anno 1899 in quel punto morì di insolazione.
Interno
All’interno presenta un affresco raffigurante la Madonna del Carmelo affiancata da quattro santi: San Francesco, che era molto popolare nella zona e dove pare che alla fine del 1100 inizi 1200 il padre Pietro di Bernardone abbia avuto delle terre nelle vicinanze; Sant’Antonio Abate che nelle campagne riscuoteva una gran devozione per la tutela degli animali, infatti era particolarmente invocato in una zona rurale dove era diffuso l’allevamento del bestiame soprattutto bovino e suino.
Sullo sfondo dell’affresco compare il castello di Ospedalicchio dove l’artista ha voluto rappresentare il contesto territoriale in cui la chiesa era inserita.
Gli altri due Santi presenti a fianco della Vergine sono Sant’Antonio da Padova, a destra di chi guarda, rappresentato con in mano il cuore e il libro, e a sinistra San Giuseppe con il giglio che si apre a significare la castità e la verginità della Madonna, lo stesso indica con la sinistra la Madre di Dio a significare la priorità del culto mariano.
All’interno nella parete sinistra è custodita una statua di Sant’Antonio Abate che risale alla fine del 1700 inizio 1800 appartenuta alla Fraternità di S. Antonio Abate, la cui costituzione giuridica risale al 1609.
Nella nicchia di destra è collocata la statua della Madonna, nella veste caratteristica della Vergine incoronata con l’abito bianco e il manto celeste, che tiene in braccio Gesù Bambino.
Altre due statue, rappresentative di S. Lucia e S. Vincenzo Ferreri, occupano le nicchie più piccole che si fronteggiano sulle pareti laterali; San Vincenzo Ferrer, è molto invocato nelle campagne perché considerato il patrono delle sementi del raccolto.
Fonti documentative
Edda Vetturini – La Madonna di Campagna: La vecchia chiesa di Bastia Umbra al di là del Chiascio – 1997
Notizie recepite dal giornale televisivo Bastia oggi presente all’inaugurazione dei lavori di restauro il 10 settembre 2014.
Da vedere nella zona
Castello di Collestrada
Chiesa della Madonna di Campagna o Madonnuccia di Collestrada